di Eschilo
Traduzione di Walter Lapini
Regia di Davide Livermore
Scene di Davide livermore e Lorenzo Russo Rainaldi
Costumi: Gianluca Falaschi
Disegno luci: Antonio Castro. Video design: D-Wok
Musiche originali: Mario Conte
Regista assistente: Giancarlo Judica Cordiglia. Costumista assistente: Anna Missaglia
Assistente alla regia: Aurora Trovatello. Direttore di scena: Alberto Giolitti
Interpreti: Diego Mingolla e Stefania Visalli (Musici), Maria Grazia Solano (Sentinella), Gaia Aprea (Corifea), Maria Laila Fernandez, Alice Giroldini, Marcello Gravina, Turi Moricca, Valentina Virando (Coro), Laura Marinoni (Clitennestra), Olivia Manescalchi (Messaggero), Sax Nicosia (Agamennone), Linda Gennari (Cassandra), Stefano Santospago (Egisto)
E con Carlotta Maria Messina e Mariachiara Signorello (Spettro di Ifigenia). Tonino Bellomo, Edoardo Lombardo, Massimo Marchese (Vecchi Argivi). Giuseppe Fusciello (Oreste bambino), Margherita Vatti (Elettra bambina)
Coordinatore allestimenti: Marco Branciamore. Progetto audio: Vincenzo Quadarella. Responsabile sartoria: Marcella Salvo
Responsabile trucco e parrucco: Aldo Caldarella
Scene realizzate da Laboratorio di scenografia Fondazione INDA
Costumi realizzati da Laboratorio di sartoria Fondazione INDA. Assistenti volontari: Kyuwon Kim, Junyong Gregorio Park
Si ringrazia Avio Club di Siracusa per la collaborazione
Produzione; Fondazione INDA Onlus di Siracusa
Teatro greco dal 17 maggio al 3 giugno 2022
Si dirà che è eccessivo, ridondante, barocco e altro ancora, ma non si può negare che Davide Livermore è geniale, innovativo, pure divertente, come questo suo Agamennone preso a prestito da Eschilo, che assieme a Coefore e Eumenidi forma la più sanguinolenta trilogia del Teatro greco. Questa volta Livermore, pure scenografo assieme a Lorenzo Russo Rainaldi, s’è inventato un mega-specchio di 27 metri di larghezza per 8 di altezza, posto in fondo all’orchestra, che riflette un po’ deformata l’intera cavea del Teatro greco di Siracusa occupata da migliaia di spettatori, coinvolti a loro insaputa come se avessero un ruolo nei fatti che si raccontano. A completare il disegno scenico sono posti al centro due ledwall (una sorta di mega televisori rotondi) che mandano, con violenti suoni e musiche elettroniche, immagini di eventi atmosferici, pupille di vari colori, ma anche facce di sculture classiche nonché l’arrivo in aereo di due personaggi che l’idea registica vuole che siano Cassandra e Agamennone (in doppio petto grigio quello di Sax Nicosia) che si spara ai microfoni un pistolotto di ben arrivato nella sua terra di Argo. Gli altri elementi scenici come i due pianoforti ai lati della scena occupati da Diego Mingolla e Stefania Visalli, (cui tocca di suonare brani di Bach e altro), una poltrona, un tavolinetto con coppe di champagne, un divano centrale, un vecchio grammofono e un mobiletto, erano già presenti nelle due parti della trilogia rappresentate l’anno scorso. I puristi del dramma potranno storcere il naso nel vedere in scena il fantasma di Ifigenia sdoppiato nelle figure di Carlotta Maria Messina e Mariachiara Signorello, ma può starci benissimo visto come l’ha trattata suo padre Agamennone: sacrificandola agli dei come un agnello, perché venti favorevoli potessero far gonfiare le vele delle navi achee da farle salpare alla volta di Troia e iniziare così una guerra durata dieci anni. Non solo incazzata ma anche rancorosa la fanciulla, al punto d’armare la mano di sua madre Clitennestra per uccidere il marito Agamennone e la sua amante Cassandra, portata come schiava dopo l’incendio di Troia. A Livermore piace scombinare le carte: vestire da uomo la sentinella che apre il dramma (Maria Grazia Solano): incollare sul viso del messaggero di Olivia Manescalchi una barbetta che si vede a distanza: far somigliare la reggia di Clitennestra ad una clinica privata o una sorta di casa di riposo per argivi anziani e/o mutilati (quelli di Tonino Bellomo, Edoardo Lombardo, Massimo Marchese) appollaiati su sedie a rotelle, tirate da tre infermiere (Maria Laila Fernandez, Alice Giroldini, Valentina Virando) in compagnia di due medici in camice bianco (Marcello Gravina, Turi Moricca) che formano un efficace Coro guidato da una rigorosa-corifea-caposala in tailleur grigio, impersonata dalla brava Gaia Aprea dai capelli stirati all’insù. Vorrei tranquillizzare coloro che sono in pena per il sacrificio di Ifigenia, chiarendo che ragazza non è morta, perché al suo posto è stata sgozzata una cerva, poi è stata trasportata da Artemide nella Tauride ed è stata eletta sacerdotessa del suo tempio, così come ne scrive ampiamente Euripide nei suoi due lavori che sono Ifigenia in Aulide e Ifigenia in Tauride. Quanto poi ai personaggi intimi della tragedia in questione dirò che la Clitennestra di Laura Marinoni è bellissima ed elegantissima, agghindata prima con un lungo abito nero scollato, poi con un altro pure scollato d’un rosso scintillante (i costumi sono di Gianluca Falaschi), perfettamente a suo agio nella parte di moglie infame, che si porta appresso, il suo ganzo Egisto come un cagnolino, un mostro che in primis accoglie festosamente il marito tornato dalla guerra e poi senza alcun rimorso l’accoltella in un fiat senza pietà, subendo la Cassandra di Linda Gennari, in stretto abito nero con decori dorati, medesima sorte. Al doppio omicidio assiste Stefano Santospago, un Egisto fuori di testa perché infierisce sul cadavere di Agamennone sparandogli addosso almeno una dozzina di colpi di pistola, pensando d’aver acquisito un potere che non ha, oltremodo effimero per la sorte che subirà quando sia lui che la sua donna verranno uccisi per mano di Oreste, ponendo intanto un pietra tombale alla stirpe degli Atridi. Lo spettacolo, molto applaudito, si chiudeva con un magnifico blues cantato da Maria Grazia Solano (l’interprete della scolta iniziale), che invogliava a ballare sia attori che spettatori.
Gigi Giacobbe