di Nino Martoglio e Luigi Pirandello
Regia di Federico Magnano San Lio
Scene di Angela Gallaro. Costumi di Giovanna Giorgianni. Musiche di Aldo Giordano. Luci di Franco Buzzanca
Con Mimmo Mignemi, Angelo Tosto, Margherita Mignemi, Luana Toscano, Olivia Spigarelli, Egle Doria, Clelia Piscitello
Prod.: Teatro Stabile di Catania
Teatro Musco dal 5 aprile al 6 maggio 2012
'A vilanza (1917) è un termine catanese che indica la bilancia, quella che s'intravede in bassorilievo nelle aule dei tribunali e che nella vita di tutti i giorni dovrebbe bilanciare fra gli umani il bene e il male e definire chi ha torto e chi ha ragione. Qui in questa commedia scritta a quattro mani da Nino Martoglio e Luigi Pirandello (autori pure di quel capolavoro di drammaturgia che è Cappiddazzu paga tuttu) "possiamo cogliere – come scrive Sarah Zappulla Muscarà nell'introduzione a Tutto il teatro in dialetto di Pirandello in due volumi edito da Bompiani) – l'abilità tecnica martogliana e la dialettica razionalità pirandelliana". Come dire, gli stilemi comici e tragici caratterizzanti i loro singoli percorsi drammaturgici, sottolineati da Federico Magnano San Lio nella sua divertente e abile messinscena al Musco di Catania, facendo muovere tutti i protagonisti, ben caratterizzati nei loro ruoli, attraverso una serie di velatini trasparenti raffiguranti maschere grottesche (la scena era di Angela Gallaro) e inserendovi alcune allusioni erotiche come quelle d'infilare, alcuni personaggi, il dito nella bocca d'un fiasco di vino. Si racconta di due coppie legate dal vincolo del comparatico. La prima coppia è formata da Oraziu Pardu (Mimmo Mignemi) e Ninfa, la seconda da Saru Pardu (Angelo Tosto) e Anna. Nella versione tragica i ruoli di Ninfa e Anna sono ricoperti rispettivamente da Egle Doria e Luana Toscano, in quella comica da Olivia Spigarelli e Margherita Mignemi. I ruoli maschili rimangono gli stessi per entrambe le versioni, mentre ad arricchire lo scilinguagnolo etneo ci pensa la Donna Rachele della simpatica Clelia Piscitello. Succede che Saru è travolto dalla passione per comare Ninfa e che del tradimento s'accorgano sia sua moglie Anna che compare Oraziu, il quale con grande lucidità progetta un piano che gli si rivolterà contro. Infatti volendo rendere pan per focaccia giusto per equilibrare i piatti della bilancia, anche lui giacerà con la comare Anna. Ma non gli basta violarne la moglie. Vuole che suo compare Saru sappia del tradimento della moglie e che soffra intensamente. Succede invece che Saru tornando a casa spari due colpi di lupara ad Orazio freddandolo all'istante. Nessun equilibrio dei piatti della bilancia può esserci - dichiarerà rivolto al cadavere in un momento di furore e disperazione – tra chi è stato sedotto (lui) da una sgualdrina tentatrice (Ninfa) e chi (Oraziu) ha violentato una moglie santa (Anna). " Le coordinate che sottendono al delitto – suggerisce ancora la Muscarà – sono il duplice modello muliebre della lupa insaziabile e della "madre santa", custode dei valori familiari; e il retaggio di una cultura arcaica che intende l'onore come privilegio indiscusso d'incontaminazione sessuale".
Gigi Giacobbe