di Antonio Vladimir Marino, Antonio Marfella, Luciano Saltarelli, Francesco Saponaro
regia: Francesco Saponaro
con Gianfelice Imparato, Gigio Morra, Luciano Saltarelli, Peppe Servillo, Andrea Renzi, Fortunato Cerlino, Gino Curcione e con Enzo Moscato, Marino Niola
Napoli Teatro Festival Italia
Castel Capuano, Napoli dal 18 al 21 giugno 2008
Ma non fu Eduardo Scarpetta che, reinventando il vaudeville in dialetto napoletano, si fece tramite presso la borghesia del modello di vita e di cultura, per l'appunto di derivazione francese, imposto dalla conquista capitalistica del Mezzogiorno? E non fu per effetto di tale imposizione che decaddero i valori espressivi, linguistici e letterari del teatro dialettale popolare e chiuse il San Carlino, che di quel teatro (e di Pulcinella e del suo più grande interprete, Antonio Petito) era stato il tempio? Queste ed altre consimili domande retoriche mi giravano per la testa mentre, a Castelcapuano, vedevo «A causa mia»: giacché si tratta di uno spettacolo centrato proprio su Scarpetta e, dunque, incongruamente arruolato dal Napoli Teatro Festival Italia nella sezione «I Teatri del Popolo». Tanto più che gli autori del testo (Antonio Marfella, Antonio Vladimir Marino, Luciano Saltarelli e Francesco Saponaro, che firma anche la regia) accolgono una non meno incongrua arringa difensiva in cui, addirittura, Don Eduardo si atteggia a martire del teatro, dimenticando i soldi e il potere che il teatro gli aveva dato e non esitando a dichiarare al pubblico: «Pe' vvuje saglio ogni sera 'ncopp' 'a croce!». Ciò detto, aggiungo subito che lo spettacolo in questione è ben strutturato e assai godibile. Viene rievocato il processo che oppose Scarpetta, autore della parodia «Il figlio di Jorio», e D'Annunzio, secondo il quale si trattava, invece, di una contraffazione della propria, celeberrima «Figlia». E Saponaro padroneggia con disinvoltura ed efficacia l'interazione fra i diversi linguaggi qui adoperati: a parte il teatro, ovviamente, il cinema, la televisione, il disegno (quello dello scenografo Lino Fiorito), la pittura e la musica. Valga per tutte, in proposito, la sequenza in cui la supplica per ottenere il permesso di rappresentare la sua parodia Scarpetta la indirizza al Vate, che lo guarda dai fotogrammi di un film muto, cantandola in perfetto stile da posteggia, e debitamente accompagnato da chitarra e mandolino, sulle note di classici della canzone partenopea che vanno da «Guapparia» a «'E spingole frangese». Molto divertente. Ed anche molto intelligente, poiché, nella circostanza, si dà luogo a una parodia nella parodia: facendo coincidere la magniloquenza dannunziana con i pleonasmi della famigerata «cartolina» di Napoli. All'altezza anche la prova degl'interpreti: primi fra tutti, naturalmente, il sempre irresistibile Gianfelice Imparato nei panni di Eduardo Scarpetta, un sorprendente Peppe Servillo, che davvero (per riferirci, appunto, alle citazioni d'arte visiva) sembra D'Annunzio «pittato», Gigio Morra nel ruolo del procuratore Giuseppe Lustig e Andrea Renzi in quello di Marco Praga, direttore della Siae. E funzionano, in video, pure Enzo Moscato e Marino Niola, che danno volto e voce ai due periti di parte, rispettivamente Salvatore Di Giacomo per D'Annunzio e Benedetto Croce per Scarpetta. Infine, un augurio: dal momento che lo spettacolo viene dichiarato come un «work in progress», non sarebbe male se lungo il suo cammino tenesse conto della lezione impartita da Ugo Gregoretti, che nell'85, sotto il titolo «I figli di Jorio», fece impagabilmente reagire fra loro Mila di Codra e Torillo. Enrico Fiore
D'Annunzio e Scarpetta, che guapparia Saponaro ricostruisce con efficacia la vicenda giudiziaria che oppose il Vate al commediografo. Ottima prova di Imparato e Peppe Servillo