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CASO KAUFMANN (IL) – regia Piero Maccarinelli

"Il caso Kaufmann", regia Piero Maccarinelli "Il caso Kaufmann", regia Piero Maccarinelli

di Giovanni Grasso
Franco Branciaroli, Graziano Piazza, Viola Graziosi
regia Piero Maccarinelli
e con Franca Penone, Piergiorgio Fasolo, Alessandro Albertin, Andrea Bonella
scene Domenico Franchi
luci Cesare Agoni
musiche Antonio Di Pofi – costumi Gianluca Sbicca
produzione Centro Teatrale Bresciano,
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Fondazione Atlantide – Teatro Stabile di Verona, Il Parioli 
Roma – Teatro Il Parioli 24-29 Ottobre 2023
Stagione 2023/2024

www.Sipario.it, 27 ottobre 2023

Orazio Costa sosteneva che per inscenare un’opera teatrale fosse necessario individuare il nodo drammaturgico dal quale sarebbero scaturiti: psicologia dei personaggi, ritmo recitativo, scenografia ed eventuali tagli piccoli o grandi. Qual è il nodo drammaturgico centrale de Il caso Kaufmann di Giovanni Grasso, in scena al Parioli con la regia di Maccarinelli? 

Detto in parole povere: persino la legge più iniqua, formulata per scagliarsi su un gruppo di esseri umani al fine di annientarli (gli ebrei, in questo caso), può ritorcersi contro i suoi stessi creatori: i nazisti, al punto da metterli in posizione di torto e dare agli accusati la possibilità di tornare liberi. Il tutto grazie a leggi appositamente ideate, scritte, applicate per realizzare quel male del secolo scorso di cui Primo Levi ha voluto, con tutte le sue forze sino alla fine, essere testimone.

La pièce di Grosso ripercorre la storia, realmente accaduta, di Leo Katzenberger attraverso un escamotage drammaturgico classico: raccontare a un testimone – in questo caso, il cappellano del carcere in cui è rinchiuso dove attende l’alba della sua esecuzione – quanto accaduto, come e di cosa è stato accusato: inquinamento razziale per avere avuto rapporti sessuali con Irene, una ragazza ariana figlia di un suo amico. Quest’ultima verrà condannata a quattro anni di lavori forzati. Leo, alla pena capitale. Il tutto, ecco il nodo drammaturgico da cui la regia avrebbe dovuto prendere l’avvio, non ricorrendo al principio dettato dalle stesse leggi razziali che avrebbero scagionato Kaufmann proclamandolo innocente; bensì al principio giuridico di purezza della comunità tedesca. Un’interpretazione corretta sotto il profilo giurisprudenziale, avrebbe messo a nudo il re; cioè, fuor di metafora, il fuhrer e il suo sistema politico crudele e inumano.

Una regia impostata su tale dettaglio, avrebbe potuto lavorare sui personaggi arricchendoli di sfumature. Qualche esempio: la serenità di Kaufmann, conseguente al fatto che forse ha compreso che, benché iniqua, la legge torna comunque a suo vantaggio; una presunta bontà – se non sotto il profilo etico, almeno professionalmente – di alcuni rappresentanti della giustizia, i quali forti di aver ben applicato e interpretato le norme, sanno di non aver danneggiato né lo stato né un innocente. Discorso applicabile, ma traslato sul piano del comportamento sociale conforme alle regole vigenti, per la comunità dei denunciatori di Kaufman, rappresentati simbolicamente dalla sua cameriera Eva.

Mancando questo lavoro, lo spettacolo di Maccarinelli è risultato evanescente. Branciaroli (Kaufmann) ha gorgheggiato per tutto il tempo senza afferrare lo spirito del suo personaggio. Viola Graziosi (Irene) ha rincorso una recitazione brillante senza riuscire a raggiungerla e farla sua. Graziano Piazza (Padre Höfer) ha tentato di riportare con la sua interpretazione la pièce a un piano più profondo e di maggior ritmo, ma alla fine ha dovuto intonarsi ai compagni di scena.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Mercoledì, 01 Novembre 2023 09:12

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