di Luigi Pirandello
Regia di Geppy Gleijeses
Interpreti: Signor Laudisi Pino Micol, Signora Frola Milena Vukotic, Signor Ponza Gianluca Ferrato,
Consigliere Agazzi Luchino Giordana, Signor Prefetto Marco Prosperini, Signora Agazzi Maria Rosaria Carli,
Signora Cini Giorgia Conteduca, Signor Sirelli Antonio Sarasso, Signora Sirelli Giovanna Bozzolo,
Commissario Centuri Walter Cerrotta, Signora Nenni Vicky, Catalano, Dina Giulia Paoletti
Videoartist Michelangelo Bastiani
Scene: Roberto Crea
Costumi: Chiara Donato
Musiche: Teho Teardo
Light designer: Francesco Grieco
Aiuto regia: Giovanna Bozzolo
Produzione: Gittiesse Artisti Riuniti,
Teatro Vittorio Emanuele di Messina dall’1 al 3 marzo 2024
Così è (se vi pare) assieme ai Sei personaggi è forse il più paradigmatico lavoro di Pirandello, tratto, com’era sua consuetudine, da una delle 246 novelle, titolata La signora Frola e il signor Ponza, suo genero – una sorta di story bord diremmo oggi -. Sono passati 107 anni da quando è stato rappresentato la prima volta al Teatro Olimpia di Milano e a tutt’oggi rimane un dramma sempre attuale, rappresentato ovunque, transitato adesso, fra molti applausi, dal Vittorio Emanuele di Messina con una compagnia all’altezza, capitanata da una carismatica Milena Vukotic nei neri panni della signora Frola, che Pirandello dipinge con grazia, come se a posare avesse davanti “una vecchina gracile, pallida, dai lineamenti fini, nobilissimi, un’aria malinconica, ma d’una malinconia senza peso, vaga e gentile, che non esclude l’affabilità con tutti”. Geppy Gleijeses regista, per i primi venti minuti ne fa uno spettacolo multimediale, da intelligenza artificiale diremmo oggi, infiorettando la scena con una sfilza di specchi a due ante, su cui compaiono rimpicciolite sotto forma di ologrammi le immagini dei tanti ficcanaso, sempre lì pronti a interessarsi degli affari altrui, guidati dal personaggio-coro di Lamberto Laudisi, che interpreta la voce di Pirandello, cui dà vita un sempre autorevole Pino Micol, il cui abito chiaro gli stringe oltremodo la vita. La commedia di Pirandello sembra un giallo psicologico. Sarebbe molto piaciuto ad Alfred Hitchcock. Ma è Akira Kurosawa che nel 1950 realizza Rashomon, un film cult, pirandelliano nell’incedere, che nello stesso anno vince il Leone d’oro a Venezia e l’Oscar a Hollywood, dove un boscaiolo, un monaco e un vagabondo raccontano una versione diversa dell’assassinio d’un samurai e lo stupro di sua moglie per mano del brigante Taiômaru (Toshiro Mifune). Qual è la verità? Un problema che Pirandello risolve ricorrendo al pensiero di Gorgia da Lentini per il quale la verità è inconoscibile e se anche fosse conoscibile non sarebbe comunicabile agli altri. E dunque occorre che ognuno trovi la propria verità, quella che tutti quegli impiccioni si troveranno a condividere con colei che alla fine giungerà sulla scena come un fantasma, la tanto deprecata signora Ponza col volto ricoperto da un velo nero, la pietra dello scandalo, la donna della doppia verità, sentenziando di essere la figlia della signora Frola ma anche la seconda moglie del signor Ponza e per sé stessa nessuna, solo colei che verrà creduta, lasciando esterrefatti e dubbiosi quel popolo da cortile. A Gleijesses piace ambientare il lavoro negli anni ’20, lo testimoniano i costumi femminili di Chiara Donato, introdurre una guardia imbranata con una divisa di quegli anni che giunge in scena su una bicicletta dei giorni nostri, servizievole nei confronti del prefetto in marsina di Marco Prosperini, mentre il signor Ponza di Gianluca Ferrato non ha un aspetto truce, come da copione, né capelli fitti e grossi baffi neri, piuttosto calvo e avanti negli anni che profferirà verbo in modo concitato, somigliante più al “padre” dei Sei personaggi che a questo personaggio, genero della signora Frola. Gigi Giacobbe