di Annibale Ruccello
Con Geppy Gleijeses e Lorenzo Gleijeses
Regia Geppy Gleijeses
Voce della radio Nunzia Schiano
Voce di Sonia Gino Curcione
Voce di Annunziata Mimmo Mignemi
Voce del giornale radio Myriam Lattanzio
Scene Paolo Calafiore
Costumi Ludovica Pagano Leonetti
Light designer Luigi Ascione
Colonna sonora a cura di Matteo D’amico
Aiuto regia Roberta Lucca
Trucchi Cris Baron
Parrucche Francesco Pogoretti
Produzione Gitiesse Artisti Riuniti
In scena al teatro Sannazaro fino al 17 marzo 2024
Al teatro Sannazaro di Napoli va in scena “Le cinque rose di Jennifer” di Annibale Ruccello con la regia di Geppy Gleijeses che è anche interprete con Lorenzo Gleijeses. Nel 1980 Annibale Ruccello porta in scena “Le cinque rose di Jennifer” interpretando lui stesso il travestito Jennifer. Il testo diventa il suo capolavoro. In esso, come avviene anche in altri testi del drammaturgo stabiese, la realtà viene studiata nei minimi particolari e sebbene all’epoca fosse solo in via embrionale ciò che viene fuori è la non capacità di comunicare. Chiuso nel suo monolocale il travestito Jennifer riceve telefonate che, a causa di guasti sulla linea telefonica, giungono in maniera casuale e ‘disturbano’ la sua quotidianeità; sono voci esterne che entrano nel mondo di Jennifer, una quantità di parole buttate in telefonate ‘inutili’, che evidenziano come la comunicazione sia negata, fallata. Nel mentre nel quartiere impazza un serial killer che fa fuori i travestiti. Il profondo senso di claustrofobia che suggerisce l’autore è mitigato nella versione di Geppy e Lorenzo Gleijeses che fa partecipare la scena all’interiorità dei personaggi. Primo grande punto di aderenza con l’oggi è questo: si comunica tanto ma si tratta di una comunicazione sbagliata che non arriva mai, o quasi, al soggetto con il quale si vuole parlare. Oggi siamo spesso coinvolti in conversazioni molto lontane dai punti concreti che vorremmo toccare. Nel testo l’autore ci fa vedere uno scorcio distopico di un possibile futuro che poco o nulla si discosta, oggi, dalla realtà. Ed è proprio il mondo dei travestiti che viene raccontato da Ruccello nel testo: una umanità che vive ai margini della società, in un solitudine estrema. Il dialogo tra Jennifer e Anna offre due livello di lettura che aiutano molto la comprensione del mondo raccontato da Ruccello. Il dialogo tra i due è caratterizzato dal falso ricordo della protagonista che esprime il desiderio inappagato di essere donna e madre. Questo dialogo ripropone, in chiave farsesca, un modello culturale che il pubblico ben conosce, il salotto borghese con i suoi aspetti caratterizzanti La secondo chiave di lettura evidenzia come le fantasie di Jennifer evitino una narrazione fedele alla sua vita reale. Risulta evidente che è più facile dare la colpa ad un fantomatico pazzo, che uccide i travestiti piuttosto che affrontare la verità perché in realtà la minaccia che aleggia sui travestiti non è il pazzo criminale che li vuole uccidere ma è la loro non aderenza al codice sociale vigente che li rende degli abietti da emarginare, tenere relegati, perché trasgrediscono le norme del codice accettato da tutti, quello dell’eterosessualità. Come scrive molto bene Emanuele Broccio: Il modello culturalmente imposto cui fa riferimento Ruccello, che è quello eterosessuale, risulta fortemente interiorizzato dagli stessi travestiti messi in scena, generando una subalternità che tiene a freno la loro verità di vita; è la zona più vera del sé a restare inespressa, trovando paradossalmente come maggiore e immediata possibilità di autorappresentazione la riproposizione dello schema dominante che ne ha sancito la repressione. Nella regia di Gleijeses emerge una grande interiorità dei personaggi che sono costruiti battuta dopo battuta in un armonico equilibrio che li rende dominatori assoluti della scena. Entrambi rendono i protagonisti con una ricca e variata gamma di colori dando così vita ad uno spettacolo molto ben recitato, un vibrato continuo accompagna lo spettatore. Non è facile rendere il mondo dei travestiti perché è facile scadere nel macchiettismo non richiesto, ma non è questo il caso perché in nessun momento, del pur lungo racconto, i protagonisti perdono di vista ciò che stanno interpretando sulla scena. Il continuo alternare dei toni rende il racconto dinamico e piacevole. Davvero uno spettacolo di grande qualità uno di migliori del panorama contemporaneo che va visto ed anche rivisto. Ruccello, un grande narratore della realtà contemporanea, si può riproporre all’infinito ma solo grandi interpreti, come lo sono Geppy e Lorenzo Gleijeses, trovano la sua chiave stilistica e la rendono al meglio. Roberta D’Agostino