Controimmagini - Omaggio a Joseph Beuys, l’artista Sciamano
Drammaturgia e regia di Michelangelo Dalisi
Interpreti: Marco Cacciola e Michelangelo Dalisi
Musica: Franco Visioli
Elementi di scena: Maura Rea
Disegno luci: Desideria Angeloni
Assistente alla regia: Sharon Amato. Direttore di scena: Domenico Riso
Fonico: Guido Marziale. Sarta: Annalisa Riviercio
Foto di scena: Ivan Nocera
Si ringraziano: Michele Bonuomo, Tomas Arana, Petra Richter, Linda Dalisi, Francesco Villano, Armando Pirozzi, Ira Lvt , Russel, Luna Cenere, Rosita Vallefuoco, Luca Massimo Barbero, Thaddaeus Ropac
Produzione: Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Campania Teatro Festival, Fondazione Campania dei Festival in collaborazione con TeatroLaCucina/Olinda
Dal 25 ottobre al 3 novembre 2024 Ridotto del Teatro Mercadante- Napoli.
Chi mastica un po’ d’arte e d’artisti quando sente il nome di Joseph Beuys sa chi è di cosa si parla. Certamente avrà davanti agli occhi il volto scavato di questo pittore-scultore-performer tedesco, zigomi pronunciati, occhi di ghiaccio, perennemente con lobbia in testa che indossava forse anche quando andava a dormire. Singolare personaggio nato nel 1921 a Krefeld e scomparso nella vicina Düsseldorf 65 anni dopo, del quale si sa che aderì al nazismo, che si arruolò nell’aviazione durante la seconda guerra mondiale e che il suo aereo colpito da una tempesta di neve si schiantò a terra uccidendo il pilota e lasciando lui ferito gravemente, salvandosi tuttavia grazie all’intervento di un gruppo di nomadi tartari che lo curarono spalmandolo di grasso e avvolgendolo in lenzuola di feltro per tenerlo al caldo. Un episodio forse vero, forse falso, che influenzò molti critici a nominarlo sciamano delle sue opere artistiche, perché spesso vi infilava dentro quei due elementi. Un appellativo che compare adesso nel sottotitolo dello spettacolo Controimmagini di Michelangelo Dalisi, che oltre a calarsi nei panni del suo idolo, cura drammaturgia e regia nel Ridotto del Teatro Mercadante di Napoli che lo produce assieme al Campania Teatro Festival. Sino ad ora su Beuys è stato realizzato il film Werrk ohne autor (Opera senza autore) di Florian Henckel von Donnersmarck (2018) con Oliver Masucci nei panni dell’artista tedesco e due anni dopo la sua morte, per omaggiare la sua celebre installazione Block Beuys, Natias Neutert gli dedicò la performance Sympathie für Piano und Pump, presentata la prima volta al Martin Gropius Bau di Berlino. Adesso Beuys, per merito di Dalisi, rivive in questo spettacolo teatrale che ha inizio con Marco Cacciola, nei panni d’un curioso ammiratore o d’un giornalista, che con una lampadina tascabile in mano rincorre l’artista tedesco lungo gli spazi calpestabili del Teatro, per chiedergli lumi sul nuovo ruolo degli artisti o qual è il tipo di arte che cerca di fare emergere, ricevendo risposte del tipo: “tutto può essere arte” o che “solo la scultura può cambiare l’arte”. Essendo poi lo spazio occupato da tre lavagne, entrambi i protagonisti cominciano a scrivere delle cose di cui si smarrisce il senso, sino a quando alla domanda di cosa sia l’arte, Dalisi, sempre più simile a Beuys, si chiude in un mutismo accompagnato da borbottii, borborigmi o grugniti, non volendo evidentemente dare alcuna risposta. Si fa cenno durante lo spettacolo a quella mega-opera-vivente situata a Bolognano in Abbruzzo, titolata La Piantagione Paradise, composta da più di 7500 alberi di specie diverse e rare, situate in un’area dove nei prossimi sei anni, ovvero nel 2030, verrà inaugurato un museo dedicato a Beuys, ma non viene ricordato quanto lui amasse alcune città del Sud Italia come Foggia e Napoli e si sorvolano i rapporti che aveva con Alberto Burri e Andy Warhol. Spesso Dalisi/Beuys se ne sta muto sulla scena, spogliandosi di alcuni abiti, diventando lui stesso, ad un tratto, scultura vivente, in quei momenti in cui, seduto su una sedia, ricoperto interamente da una coperta, esce fuori solo l’impugnatura tondeggiante d’un bastone di legno. “Ogni cosa può essere arte”. Questo il messaggio di Beuys, in un mondo in cui comanda la politica e i premier di qualunque nazione, i cui nomi verranno scritti con un gessetto dai due protagonisti sulle tre lavagne, senza completare quello della Meloni, danzando entrambi al suono di canzoncine orecchiabili come Sonne statt Reagan di Alan Thioné o Gibbon in Glass di Henning Christiansen. In conclusione, giusto per affermare il pensiero di Beuys, vengono fuori altri moniti e suggerimenti, come quelli che riguardano le opere degli artisti, trattate solo come merce, buone solo ad essere governate da galleristi e mercanti dell’arte, invitando le teste pensanti a non piegarsi in una democrazia che risulta dolente e che al tempo d’oggi è solo “il momento” a creare l’opera d’arte. Infine i due bravi performer, quasi senza farsene accorgere, avevano portato in scena gli oggetti più comuni, come il treppiede d’un microfono, una rosa rossa, alcune piante di limoni di varia grandezza, il cappello in un vaso e altro ancora, mentre Dalisi teneva in mano un cuore di cera che plasmava a suo piacimento. Spettacolo di sessanta minuti salutato alla fine da molti applausi da parte d’un pubblico che ricorderà forse che fare arte è un modo per dialogare insieme. Gigi Giacobbe