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COSI' E' (SE VI PARE) - regia Massimo Castri

Così è (se vi pare) Così è (se vi pare) Regia Massimo Castri

di Luigi Pirandello
regia: Massimo Castri
con Marco Binzi, Corinne Castelli, Giorgia Coco, Chiara Condrò, Andrea Corsi, Francesca Debri, Manuela De Meo, Michele Di Giacomo, Federica Fabiani, Alessandro Federico, Diana Hobel, Rosario Lisma, Antonio Giuseppe Peligra
scene e costumi: Claudia Calvaresi
Modena, Teatro Storchi, dal 6 al 11 novembre 2007

Corriere della Sera, 24 febbraio 2008
La Stampa, 13 febbraio 2008
Il Messaggero, 9 febbraio 2008
Avvenire, 8 febbraio 2008
www.Sipario.it, 28 gennaio 2008
Il Manifesto, 11 novembre 2007
Castri ora punta sul Coro
Irritante versione del regista, nel mirino la comunità teatrale

In questa terza edizione in ventotto anni del Così è (se vi pare) di Massimo Castri c' è qualcosa di profondamente irritante. È irritante Pirandello, qui alla sua più trita emblematicità. Ed è irritante Castri: egli continua a proporre un testo che aveva senso mettere in scena in epoca di grandi lavori ermeneutici, ma che oggi sembra una scappatoia se non, come sospetto, uno sberleffo. A chi? All' intera comunità teatrale. Perché, ci si chiede, il maggior regista italiano non è alla guida di uno stabile? Perché alla guida dello stabile di Roma non è andato un uomo che avrebbe garantito qualità e rappresentatività? Castri, che non è comunque liquidabile, è lì, nell' angolo, a fare spettacoli con giovani e acerbi (acerbissimi) attori, e a farli, come è logico, con la mano sinistra, così denunciando l' ignominia di un intero sistema culturale. All' improvviso, assistendo a questa nuova proposta del dramma pirandelliano si prova un senso di svuotamento, tutto ciò che accade sulla scena non è importante, o non lo è più. Il famoso Terzetto, come lo chiama Castri, il Terzetto Misterioso, il signor Ponza, la signora Frola e sua figlia, o la sua presunta figlia, si rivelano per ciò che sono, tre inconcludenti personaggi, di dramma non vi è traccia, tanto meno di tragedia, di mistero o di chissà che. Oggi, questa la novità, a Castri interessa il coro, il gruppo cittadino che assedia i nuovi arrivati, questi tre civettoni che si ammantano di fremiti, di palpiti, di frasi a metà, di oscurità, di allusioni, di tenebra, di poco attraenti abissi. A Castri il coro interessa come esempio preclaro di idiozia di massa, gli interessa sbeffeggiarlo, mostrarne la grettezza - come la chiama lui, borghese. Arrivano in città tre persone sconosciute: e che di meglio se non assediarle di domande? In questo caso, poi, c' è che due su tre si prestano ben volentieri a rispondere, il signor Ponza e la signora Frola, sua suocera. Perché la signora Ponza non si mostra mai? Perché il marito le impedisce di vedere la madre? Costui ci dice che la moglie è morta da due anni; la donna che è lassù, nascosta, o separata, è sottratta alla signora Frola poiché ella impazzirebbe, o è già impazzita nel sapere che si tratta di una nuova moglie. Ma la signora Frola smentisce quanto dal Ponza riferito. Non credetegli, vi avrà detto che sono pazza, che in quella casa c' è una donna che non è mia figlia. Insomma, versioni dei fatti discordi, in cui la discordanza viene resa esplicita nelle confessioni-ammissioni dei protagonisti. Alla lunga, si tratta di un gioco stucchevole. Lo conferma l' apparizione della signora Ponza, con la sua famosa clausola: «Io sono colei che mi si crede», io sono cioè la figlia della signora Frola e la seconda moglie del signor Ponza. Ben difficile appassionarsi a questo mistero tipicamente novecentesco, a questo finto mistero, a questo imbroglio travestito da mistero. O difficile che ci si possa interessare a Così è (se vi pare), secondo l' intendimento di Castri, per la sua qualità di pièce bien faite, o di macchina celibe. Se è celibe, che celibe rimanga. Poco importa che Castri, come ho detto, concentri la sua attenzione sul comportamento del coro, sulla sua ottusa, invadente, mostruosa natura pettegola. Questo coro, di bianco e nero addobbato, tra i festoni d' un quasi ininterrotto e carnevalesco ballo, e disegnato in una cifra tutta grottesca, senza l' ombra d' una qualsivoglia naturale pietà, non è che quantité négligeable.

Franco Cordelli

Pirandello e Castri un caos poco calmo

Quando sono insieme, le persone grandi parlano di idee; quelle comuni, di fatti; quelle piccole, di persone». Così il saggio cinese e così avviene nella piccola e gretta comunità provinciale descritta da Pirandello in Così è (se vi pare). Avendo esaurito il dicibile gli uni sugli altri, i suoi componenti si gettano compatti nelle elucubrazioni su uno strano terzetto di nuovi arrivati, un impiegato comunale che vive in un appartamento con la suocera mentre tiene la moglie in un altro dal quale non la fa mai uscire. Interrogati, l'uomo e la donna forniscono spiegazioni contraddittorie, talvolta smentendole in un secondo tempo: forse la moglie del signor Ponza non è la figlia della signora Frola, suocera di costui, come verrebbe fatto credere alla signora Frola, che sarebbe pazza; forse è pazza la signora Ponza, il cui marito sarebbe d'accordo con la suocera per confinarla; forse esiste un ménage à trois addirittura incestuoso... neanche alla fine, quando l'intervento del Prefetto impone la presenza della reclusa, la verità verrà fuori; o, meglio, ci si dovrà contentare dell'affermazione della signora Ponza, di essere contemporaneamente tutte le cose che sono state dette e nessuna. La verità non è nell'oggetto, ma nella percezione del medesimo. La commedia è del 1917, per lasciare insoddisfatto chi a teatro si aspetta una soluzione logica e razionale non c'era dunque bisogno di aspettare Harold Pinter.

Sempre molto amato dai teatranti, questo testo risulta soprattutto godibile, almeno secondo l'esperienza del sottoscritto (vedi i recenti allestimenti di Giulio Bosetti, o di Franco Zeffirelli a Londra), quando il suo messaggio emerge in leggerezza, dosando la crescente curiosità di Laudisi e degli altri borghesucci di paese fino a farla diventare gradualmente un'ossessione incontrollabile. Volendo invece sottolineare il punto fin dall'inizio, il regista Massimo Castri, già autore di un paio di riletture innovative (1979 e '90), spara subito tutto il grottesco della situazione, ambientandola in una sala da ballo durante un carnevale anni Venti, dove le coppie alticce si tirano coriandoli d'argento e sfilano in stanche catene mentre si dànno sulla voce formulando congetture sui coniugi Ponza. Eliminate le divisioni di atti e scene, quanto segue si svolge senza soluzione di continuità, in tempo reale, a beneficio soprattutto di chi già conosce la pièce: ché proprio le prime battute, quelle dove com'è convenzione si porgono al pubblico le preziose informazioni sull'antefatto, sono rese poco intelligibili dalla musica dei ballabili, e anche dal nervosismo di chi parla. La nota alta, sovreccitata, degli investigatori dilettanti non viene abbandonata neanche in seguito. Tutto il dialogo, il cui unico tema è quello che si sa, è infatti urlato perentoriamente, chiunque abbia la parola sbraita per far prevalere il suo punto di vista; non seguiamo dunque una dialettica, ma una rissa continua, neanche fossimo al Senato.

Le intenzioni di una tale forzatura saranno comiche - al principio e alla fine quasi tutti indossano nasi finti e cotillons - ma il risultato è esasperante, e certe eleganti evoluzioni coreografiche dei ficcanaso nella sobria, bene illuminata scena di Claudia Calvaresi, responsabile anche dei costumi, non bastano a rendere sopportabili due ore filate di cacofonia. Forse proprio per questo nell'energico gruppo di dodici giovani usciti da un corso di Emilia Romagna Teatro spicca Diana Hobel, che è una signora Frola in controtendenza, ossia ironicamente sommessa.

Masolino d'Amico

L'eterno dilemma
dell'essere e del parere

Lamberto Laudisi, personaggio-chiave del Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello, chiude in una battuta il senso intimo della commedia: «Io sono realmente come mi vede lei. Ma ciò non toglie, cara signora mia, che io non sia anche realmente come mi vede suo marito, mia sorella, mia nipote e la signora qua... Vi vedo affannati a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che gli altri e le cose per se stessi fossero così o così».
Messo in scena per la prima volta nel 1917, il testo viene dalla novella La signora Frola ed il signor Ponza, suo genero, che già definisce, nelle sue geometrie psicologizzanti, uno dei temi cardinali della poetica pirandelliana: la non possibilità di avere (e di vivere) un'unica dimensione della realtà, e dunque degli esseri umani che vi agiscono e con i quali interagiamo. Sarà infine il romanzo del 1926, Uno nessuno e centomila, a dare contorni ancora più netti a questo approccio conoscitivo, all'epoca davvero "rivoluzionario".
Così è (se vi pare) ritrae, in sintesi, le oscillazioni umorali di un intero paese attorno alla strana situazione della famiglia Ponza: la signora Ponza comunica con la propria madre, la signora Frola, solo tramite messaggi scritti. A chi le chiede come mai non possa fisicamente incontrarsi con la figlia, racconta dell'ossessiva gelosia del genero, il signor Ponza. Che invece giustifica tutto con la pazzia della suocera, incapace di accettare la morte della figlia Lina, signora Ponza n.1. Il rapporto "da lontano" è con la seconda signora Ponza, Giulia, subentrata dopo il lutto, che la illude di non averlo mai subito. La nuova sposa del vedovo entra in scena alla fine, simbolo vivo delle molte verità possibili: «Io sono colei che mi si crede».
Massimo Castri, regista dell'allestimento in scena al Quirino fino al 24 febbraio, ha letto in chiave beffarda e surreale, dissacrante forse, o solo comico-grottesca, il classico pirandelliano. Che, se presentato con lo stesso impianto, ma chiedendo agli attori una recitazione tradizionale, persino veridica, non riuscirebbe a sembrare un usurato copione da carro di Tespi, smontabile a piacimento. I giovani e incolpevoli interpreti, segnati da nasi, baffi o corna di animale, si agitano senza posa, rumorosamente sopra le righe, all'interno di una festicciola di Carnevale. Traslocano dallo straniamento all'ironia, dalla verve al puntiglio, dalla sceneggiata al circo con risultati non sempre apprezzabili e del tutto ostici per gli spettatori, incapaci, quando stanno seduti in poltrona davanti a uno spettacolo, di pensare a un "esperimento". Si tratta di Marco Brinzi, Corinne Castelli, Giorgia Coco, Francesca Debri, Anna Della Rosa, Michele Di Giacomo, Angelo Di Genio, Federica Fabiani, Alessandro Federico, Diana Hobel, Rosario Lisma, Antonio Giuseppe Peligra, Chiara Condrò. Le scene e i costumi sono di Claudia Calvaresi.

Rita Sala

Castri ribalta Pirandello in allegro vaudeville

Per uno spettatore teatrale di lungo corso imbattersi nell'ennesimo Così è (se vi pare) di Pirandello può aggiungere poco alla memoria lunga di messinscena le più varie, altissime e non. Lo pensavamo al Quirino di Roma nell'accostarci all'edizione ultima del regista Massimo Castri, veterano di allestimenti pirandelliani.
Non certo per culto del grande attore, nutrivamo riserve, per un testo siffatto, sul cast di giovani attori militanti perfezionati da Castri per questo impegno, con una sorta di masterclass patrocinata da Emilia Romagna Teatro, l'Arena del Sole e lo Stabile di Bologna. Il testo appunto, con quel suo titolo-sberleffo, è della primissima maturità del commediografo, 1917, ed ha attraversato definizioni registiche disparate. Nel mistero che circonda le figure centrali – l'anziana signora Frola, il genero Ponza e l'altra misteriosa donna tenuta lontano – su cui si accanisce la curiosità pettegola di una borghesia provinciale, in fondo l'autore mostrava l'illusione della conoscenza e la rottura del naturalismo per far posto all'immaginazione.
Appendendoci alla domanda: cos'è la verità? Cui il titolo risponde, rilanciando. Supremo sarcasmo che smonta l'apparente thriller, e che Castri ha spinto verso estremi da vaudeville. Stravolgendo, ma con metodo, una costruzione drammaturgica perfetta.
Il grimaldello, per far saltare il meccanismo, il registamaestro l'ha infilato nelle 'pulsioni' sottese alla furia inquisitoria di quello squallido salotto di provincia, nell'accertare lo stato civile e sanitario dei tre «diversi» che sfuggono agli schemi di una logica sociale rassicurante. E così l'esasperazione censoria assume l'aspetto esteriore, sfacciato di una violenza ridicola, una mascherata da farsa nera. Che negli stessi inquisiti diventa gesto surreale, sopra le righe. Alla lunga (meno di due ore senza intervallo) svanisce o si può perdere l'orientamento della trama originale, col suo realismo solcato da messaggi metafisici. Peggio per chi non la conosce. E il gioco rischia di cadere nell'estetismo. Soltanto giovani talenti, malleabili come creta, potevano secondare il ribaltamento di Castri, e sono tutti disciplinatamente straordinari. Applauditissimi.

Toni Colotta

Massimo Castri si conferma uno dei più acuti interpreti di Pirandello, un regista che sa dialogare col testo, magari forzandolo nel suo approccio interpretativo, ma senza tradirlo. Di questa rara abilità di lettura si ha una conferma assistendo a Così è (se vi pare), pièce che il regista toscano ha affrontato per la terza volta, in questo caso affidandosi ad un gruppo di giovani attori, allievi della Scuola di Alta formazione di Emilia Romagna Teatro. Massimo Castri quando si ritrova a dirigere giovani attori sa mettere in luce con intelligenza e coerenza il suo disegno registico, perché non lo deve contrattare con interpreti certi della loro arte. Detto questo la storia della Signora Frola e del Signor Ponza, il mistero che monta attorno all’arrivo di queste due figure, suocera e genero e alla strana presenza della moglie di lui, rinchiusa in una casa fuori il paese trovano nell’allestimento di Castri la giusta distanza che permette di non credere a una parola di quanto accade per concentrarsi sul tema della commedia: l’impossibilità di definire la verità.

Intorno all’enigma se la signora Ponza sia la seconda moglie del Signor Ponza o la figlia della signora Frola, sposata in seconde nozze dopo il ricovero in casa di cura ruota la buona società di un intero paese, messa in crisi da quel mistero che da pettegolezzo finisce con essere un affare di stato.

La natura grottesca della vicenda permette a Massimo Castri di giocare una lettura carnevalesca, a tratti eccessiva, ma che sa esaltare l’aspetto speculativo del testo con leggerezza. Tutto accade in una stanza su cui si affacciano una serie di porte. Il sipario si apre su un veglione di Carnevale e già nel segno delle maschere c’è un’elevazione all’ennesima potenza del pensiero pirandelliano: l’uomo diventa una persona solo sotto lo sguardo degli altri. Non è credibile infatti la morbosa curiosità del gruppo che spingerà a interessare lo stesso prefetto alla soluzione dell’enigma, un interesse che denuncia la vacuità di quella società annoiata e festaiola.

Massimo Castri fa del suo giovane gruppo di attori un corpo unico che, coerente, mette in atto il gioco delle apparenze di Pirandello, riletto con grottesca ferocia. Perché in Così è (se vi pare) è tutto un giocare sottile con la consapevolezza della finzione: la disperazione del Signor Ponza e della Signora Frola è vista alla distanza, fotogrammi di un film, lo stesso gioco delle entrate e delle uscite ricorda il ritmo dei vaudeville, ma reso inquietante dall’interrogativo di chi sia in realtà la Signora Ponza. Neppure il suo apparire alla fine e la denuncia di essere “colei che mi si crede” risolveranno l’enigma. Questa non-soluzione scuote per un momento quei borghesi mascherati, ma poi li riconsegna alla danza e alle battute iniziali della commedia in un ripetersi che sa di condanna alla vacuità.

Nicola Arrigoni

Al teatro Storchi di Modena, «Così è, se vi pare»
La roulette russa delle identità incerte g cap.

Modena
Massimo Castri è notoriamente uno dei massimi esperti e demiurghi dei testi pirandelliani. Il suo modo di scavare dentro la scrittura dell'autore, che sollevò a suo tempo quasi scandalo, è oggi diventato un punto di partenza assodato e diffuso per indagarli. Su alcuni egli è tornato, addirittura anche per la terza volta, come capita ora per Così è se vi pare, una delle metafore più elementari e insieme crudeli del modo di guardare alla vita da parte di Pirandello, ma soprattutto del suo teatro. Fu uno dei primi exploit pirandelliani di Castri, che ne fece poi una versione televisiva con Valeria Moriconi protagonista. Ora quel testo è il frutto di un lavoro con giovani attori, con i quali il regista ha lavorato nell'ambito di un processo formativo promosso da Emilia Romagna Teatro.
Lo spettatore della commedia pirandelliana non saprà mai se la giovane donna al centro della contesa sia davvero la figlia della signora Frola, sposata a suo tempo dal signor Ponza, o la seconda moglie di questi, sposata dopo la morte della prima. Quella creatura, una vera «maschera» del teatro dello scrittore siciliano, non lo rivela al pubblico e neanche all'assatanata provincialità della cittadina dove Ponza è stato trasferito, e dove lui impedisce alla madre di avere contatti con lei.
Così è, se vi pare (fino a domani al Teatro Storchi, poi in tournée) è un'espressione entrata nel linguaggio quotidiano. Ma Castri usa il testo per descrivere l'orrore vacuo del contesto, quella società ipocrita e codina, che rivisitata oggi assume suoni e gestualità elaborati dal regista in questi anni. Un nevrotico modo comportamentale che nel suo dimenarsi copre il baratro del nulla, disposto a perdersi su canzoni d'epoca nei particolari più insignificanti per la vita, incapace di dare risposte umane a un dramma, se ci fosse. Magari nascosto dietro mascherature carnavalesche, cotillon di farisaici ruoli sociali. Sulla bellissima scena di Claudia Calvaresi (un circolo di provincia appunto, microcosmo di pettegolezzi ma festonato di retorico gusto risorgimentale) i giovani attori hanno l'occasione rara di misurarsi col grande teatro. Hanno appreso, e restituiscono con forza, l'illusione dei personaggi e l'illusorietà delle loro verità. Così che quello che poteva essere un saggio diviene teatro vero e profondo, con una consapevolezza doppiamente amara. Diana Höbel è il cuore di quella verità contraddittoria, assieme a Rosario Lisma suo «genero», e all'apparente «buon senso» di Michele di Giacomo, ovvero Laudisi, che di quella pista circense dei comportamenti è il domatore.

Ultima modifica il Lunedì, 12 Agosto 2013 09:41

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