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DELITTO DI VIA DELL'ORSINA (IL) - regia Andrée Ruth Shammah

"Il delitto di via dell’Orsina", regia Andrée Ruth Shammah "Il delitto di via dell’Orsina", regia Andrée Ruth Shammah

di Eugène Labiche
traduzione di Andrée Ruth Shammah e Giorgio melazzi
adattamento e regia di Andrée Ruth Shammah
con Massimo Dapporto, Antonello Fassari, Susanna Marcomeni, Marco Balbi, Andrea Soffiantini, Christian Pradella, Luca Cesa-Bianchi
pianoforte Giuseppe Di Benedetto, flauto Lorenza Gavana, clarinetto Edgardo Bariassina
musiche di Alessandro Nidi
scene di Margherita Palli
costumi di Nicoletta Ceccolini
sagome tratte dall’opera di Paolo ventura
produzione Teatro Franco Parenti e Fondazione Teatro delle Toscana
al teatro Ponchielli, Cremona, 2 marzo 2022

www.Sipario.it, 8 marzo 2022

Il teatro è di per sé pre-testuoso o meglio sarebbe dire post-testuoso. Battutaccia! Sta di fatto che «Il delitto di via dell’Orsina», liberamente tratto da «L’affaire de la rue de Lourcine» e interpolato da altri testi da Andrée Ruth Shammah e Giorgio Melazzi è un gioco in cui tutto nasce da un equivoco e da una sonora sbronza, per stare alla vicenda. Ma in realtà sulla scena si sviluppa un’altra narrazione: una sorta di omaggio al linguaggio del teatro che spazia dalla rivista al cabaret, da Bertold Brecht a Samuel Beckett, naturalmente passando per il vaudeville.
Zancopé (Massimo Dapporto) e Mistenghi (Antonello Fassari) si svegliano nello stesso letto, non ricordano che cosa hanno fatto la sera prima, hanno le mani sporche di carbone e un gran mal di testa. Ma la loro ricostruzione di una notte brava rischia di tingersi di rosso sangue... Tutto parte da una notizia letta sul giornale che vuole una carbonaia uccisa nella notte da due sconosciuti. Dalla lettura di quella notizia parte una serie di equivoci, ma equivoca è anche la lettura che Norina (Susanna Marcomeni) fa dell’articolo, perché la notizia è su un giornale che si scoprirà vecchio di vent’anni. Ignorando questo dettaglio, l’articolo dell’omicidio trasforma i due uomini, ex amici di collegio, in inconsapevoli assassini, ma alle prese con l’urgenza di eliminare fisicamente i possibili testimoni e quindi facendosi assassini reali e non presunti.
Andrée Ruth Shammah si diverte a giocare col non-sense della commedia degli equivoci, raggela il ritmo e rende pre-testuosa la sua scrittura registica, facendo in modo che la finzione del teatro, la comicità futile e leggera della comèdie bien faite abbiano il calore dei due protagonisti Massimo Dapporto e Antonello Fassari che strizzano l’occhio al varietà, alle gag da rivista, ma per così dire frenati.
La scena di Margherita Palli a siparietti e con cambi a vista, insieme alle musiche di Alessandro Nidi che fanno il verso ai song di Dessau completano un mix di citazioni teatrali che fanno sì che «Il delitto di via dell’Orsina» sia più di quello che racconta, diverta per la sua ‘assurdità’ (beckettiana?) e alla fine non consoli perché denuncia come ognuno possa meditare in cuor suo la morte di un altro pur di salvarsi. In realtà ancor più della capacità di far sorridere, al di là della leggerezza, del divertissement della vicenda, ciò che intriga, ma non appaga fino in fondo, è la modalità della messinscena che si offre a una lettura stratificata. Ma poi, a pensarci bene che importa, alla fine la platea divertita applaude tutti: Marco Balbi (Potardo), Andrea Soffiantini (il vecchio servo Amedeo dalle sfumature cechoviane), Christian Pradella (Giustino) e Luca Cesa Bianchi, l’Uomo-sagoma. Ed è in questa la chiave forse. Assiste alla vicenda, posizionate in vari punti della scena una sagoma cartonata di un uomo scuro. È questo corpo estraneo, lo sguardo dello spettatore che racconta e dice i diversi punti di vista da cui guardare quello strano delitto di via dell’Orsina in cui il tempo e gli equivoci hanno giocato un ruolo raggelante, straniante e proprio per questo comicamente assurdo.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Sabato, 12 Marzo 2022 14:46

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