di Carlo Guasconi
regia di Emiliano Masala
con Mariangela Granelli, Carlo Guasconi, Massimiliano Speziani
scena di Giuseppe Stellato
disegno luci di Omar Scala
elaborazioni sonore di Zeno Gabaglio
assistenti alla regia Marta Cagliani ed Enrico Ravano
produzione Corte Ospitale, Proxima Res e Premio Riccione
al Teatro Filodrammatici, Piacenza, il 9 ottobre 2017
A tratti si vorrebbe dire: «Basta!», l'angoscia del dolore e dell'assenza si fa insopportabile, stringe lo stomaco. Eppure la regia di Massimiliano Masala offre una messinscena di Essere bugiardo di Carlo Guasconi costruita su sfumature, su una normalità del dire e dell'essere che si fa seguire, che non provoca scossoni, quasi prevedibile, eppure che incide l'anima di chi guarda, soprattutto se ha superato abbondantemente i trenta. Una questione generazionale? No, visto che Guasconi che firma il testo è un giovanissimo autore, vincitore dell'undicesima edizione del Premio Riccione. Proprio per l'assoluta verosimiglianza del racconto e la sua delicatezza fatta di sfumature si rischia l'overdose di dolore assistendo a Essere bugiardo, la storia di un uomo il Padre (Massimiliano Speziani) che dialoga col Figlio (Carlo Guasconi), entrambi seduti a un tavolo, svelati dall'alzarsi di una tapparella tripartita che segna le tre scene della pièce. Un imperfetto di troppo, uno sguardo al passato ed ecco che si svela l'antefatto: il padre parla col figlio morto nel rogo del macello in cui lavorava. Il figlio chiede al padre come se la passi e pian piano emerge l'immagine di un uomo che non esce di casa, che ha rinunciato a vivere, ha perso il lavoro e racconta di una vita che si immagina di fare, ma è in realtà inchiodato al tavolo e alla sedia, alle prese con i fantasmi della sua famiglia, quel figlio e quella moglie che se ne sono andati all'improvviso e troppo presto. La seconda scena – altra tapparella che si alza – vede l'uomo in dialogo con la Moglie, malata di tumore, allo stato terminale (Mariangela Granelli). Il loro è un dialogo franco, a tratti feroce, lui non la lascia, lei per troppo dolore e dignità gli chiede di mollare la presa. La donna non riesce più a bere, attacca il marito per chiedergli – ultimo atto di amore – di staccarsi, nella speranza che il dolore si faccia più lieve. Terza scena, terza tapparella che si alza: i tre sono seduti al tavolo. E' la resa dei conti, è la richiesta di madre e figlio al padre di lasciarli andare, di farli uscire e al tempo stesso la preghiera rivolta all'uomo affinché si conceda una nuova vita. E' un duello a tre, in pallio c'è la possibilità di tornare a vivere, di uscire. Tutto ciò si realizza nella riconquista dell'uomo di andare a pescare come faceva quando il figlio era piccolo. Massimiliano Speziani, alla ribalta, mima la preparazione di una canna da pesca e in quei gesti precisi e poetici c'è tutta l'emozione per una vita che ricomincia, malgrado il dolore. Massimiliano Speziani costruisce la figura del padre tutto in levare, con una mimica minimalista, più da cinema che da teatro, con un soffio recitativo che inchioda, mentre Mariangela Granelli immobile sulla sua sedia di malata è una esplosione trattenuta di dolore. Carlo Guasconi si concede la possibilità di essere, vestendo i panni di un suo probabile coetaneo. Essere bugiardo è un piccolo cammeo, è un elzeviro teatrale fatto di toni soffusi, suggerito, bisbigliato e affidato a tre attori che – con differente maturità e intensità – sono un corpo unico, sanno toccare il cuore della platea, anche grazie a una regia misurata e attenta.
Nicola Arrigoni