dall'Edipo di Sofocle
Testo, regia, costumi di Emma Dante
Interpreti: Sandro Maria Campagna, Giulia Ballanca, Costantino Buttitta, Martina Caracappa, Chiara Chiurazzi, Martina Consolo, Danilo De Luca, Adriano Di Carlo, Valentina Gheza, Cristian Greco, Federica Greco, Giuseppe Lino, Beatrice Raccanello, Francesco Raffaele, Valter Sarzi Sartori, Calogero Scalisi, Maria Sgro
Scene: Carmine Maringola
Luci: Cristian Zucaro
Produzione: Teatro Biondo di Palermo, Spoleto62 Festival dei 2 Mondi
al Teatro Biondo di Palermo dal 25 ottobre al 3 novembre 2019
L'Edipo di Sofocle non solo è la madre di tutte le tragedie come annotava Peter Szondi in un suo noto saggio, ma è anche un caleidoscopio di idee multicolori per tutti i registi che vogliono mettere in scena le due parti (Edipo re e Edipo a Colono) di "un'analisi tragica" - come scriveva Schiller a Goethe nel 1797 – "in cui tutto è già presente, e non fa che essere sviluppato". Edipo, si sa, è l'uccisore del proprio padre Laio, lo sposo della propria madre Giocasta e il fratello dei suoi quattro figli (due maschi Eteocle e Polinice, due femmine Ismene e Antigone). Una condizione che farebbe sballare qualunque individuo nel venire a sapere queste verità vere e che hanno dato a Freud le basi delle sue teorie psicoanalitiche e di teorizzate i sui noti complessi di Edipo e di Giocasta. Certamente Emma Dante conosce questi argomenti, ma ha voluto affrontare i lavori di Sofocle da un'altra visuale, quella delle migrazioni: un dramma che noi siciliani, in primis, cerchiamo di affrontare nei modi più umani, democratici e solidali: un problema che investe i nostri politici d'una responsabilità non comune e che a seconda di chi c'è al governo della nostra Italietta, affronta nei modi più strani e contradditori, chiamando poi in causa l'Europa intera che nicchia e fa la gnorri. E allora cosa ha fatto Emma Dante? Ha tramutato i suoi allievi della "Scuola dei mestieri dello spettacolo" del Teatro Biondo di Palermo in una famiglia allargata di Edipo che dopo tutto ciò che ha combinato a Tebe e dintorni emigra alla ricerca d'un nuovo paese dove sistemarsi e installarsi. Ecco dunque che i 17 protagonisti, tutti da citare ( Giulia Ballanca, Costantino Buttitta, Martina Caracappa, Chiara Chiurazzi, Martina Consolo, Danilo De Luca, Adriano Di Carlo, Valentina Gheza, Cristian Greco, Federica Greco, Giuseppe Lino, Beatrice Raccanello, Francesco Raffaele, Valter Sarzi Sartori, Calogero Scalisi, Maria Sgro) con in testa Sandro Maria Campagna nel ruolo di Edipo, giungono dalla sala a passi ritmati portando in mano sedie e valige, salendo poi sul palco, sistemandosi accanto ad otto gradi spighe dorate, nella scena di Carmine Maringola, che diventeranno degli attaccapanni per stendervi sopra i loro costumi colorati. C'è pure su una seggetta la sagoma incartapecorita di Laio (scultura di Cesare Inzerillo), quasi una mummia delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo o del Convento di Savoca (in provincia di Messina), e con i loro vocii, schiamazzi, suoni di fisarmonica, tammore e chitarre, vengono in mente i gitani dei film di Kusturica, senza però che qui svolazzino animali da pollaio, solo imitandone suoni gutturali anche di altre specie. S'intitola Esodo questo spettacolo: una sorta di migrazione politico-religiosa da parte d'una piccola tribù che fugge dagli orrori della Sfinge mangia-uomini, qui raffigurata da cinque allieve più uno en travesti, che si muove con un drago cinese, sconfitto da Edipo per aver risolto l'indovinello che ha per soggetto un essere che al mattino ha quattro zampe, due a mezzogiorno e tre la sera, la cui risposta esatta è che trattasi dell'uomo nelle varie fasi della propria vita, guadagnandosi così il trono di Tebe. Un trono che vacilla sotto i colpi d'una pestilenza che miete vittime e che sparirà soltanto, come consigliato dall'oracolo di Delfo, dopo che si scoprirà chi ha ucciso il re Laio. Per una serie di eventi e di colloqui con dei pastori che gli hanno salvato la vita da bambino, Edipo, credendo che i suoi veri genitori fossero Polibo e Merope che governavano a Corinto, scopre per bocca di Tiresia d'avere ucciso il padre e d'avere sposato la madre, accecandosi poi con uno spillone e affidando Tebe al cognato Creonte e ai suoi due figli maschi. Un racconto fatto da un incisivo Sandro Campagna, anche con accenti romaneschi, durante il quale ri-vive il suo psicodramma, mentre gli passano davanti un gruppo di prefiche con collane rosse in mano a guisa di rosari, una Giocasta sanguigna con le sue innocenti figlie a lato, una giocosa orchestrina che intona tarantelle che tutti ballano, per uno spettacolo corale che scorre via veloce e che alla fine, fra gli applausi, chiede solo di essere accolto assieme alla sua famiglia, d'avere pietà di loro perché vogliono solo continuare a vivere, non disturbando nessuno, adattandosi a tutti i disagi che incontreranno, rispettando le leggi e adorando gli spettatori come salvatori dell'umanità.
Gigi Giacobbe