Piccola Compagnia della Magnolia
Testo di Fabrizio Sinisi
Regia, scena, costumi Giorgia Cerruti
In scena e in video Giorgia Cerruti e Davide Giglio
Con la partecipazione video di Elvis Flanella
Assistente alla regia Raffaella Tomellini
Disegno luci, consulenza scenotecnica Lucio Diana
Aiuto regia video, fotografia, montaggio Giulio Cavallini
Musiche originali, sound design, fonica Guglielmo Diana
Operatore video Marco Rossini
Tecnico di Compagnia Marco Ferrero
Spettacolo realizzato in coproduzione con TPE/Teatro Piemonte Europa, CTB/Centro Teatrale Bresciano, Teatro della Città/Catania, Gli Scarti/La Spezia; con il sostegno di TAP/Torino Arti Performative, con il supporto in residenza di Teatro di Sardegna, Dracma Centro Residenze (RC), Claps Circuito Lombardo (BS), in collaborazione con Fondazione Antonio Presti “Fiumara d’Arte”|Atelier sul Mare (Me).
Roma, Teatro Basilica 20 ottobre 2022
Il 20 ottobre debutta al Teatro Basilica di Roma l’ultima fatica della Piccola compagnia della Magnolia, Favola, definita dalla stessa compagnia una “tragedia da camera contemporanea”. La fabula è lineare: un uomo e sua moglie condividono col pubblico la realtà disfunzionale – e a tratti creepy - del loro matrimonio, nel doloroso processo di accettazione di una perdita. Tuttavia, l’intreccio, composto dalla raffinata penna di Fabrizio Sinisi, è un labirinto altrettanto disfunzionale, in cui il filo di Arianna tarda ad arrivare. La drammaturgia si perde nei meandri di una poetica artificiosa ed esasperante, talmente evocativa da risultare inconsistente, e viene fatalmente inghiottita dallo stesso minotauro pasoliniano cui ambisce rendere omaggio. Calderòn di Pasolini è, infatti, la chiave di lettura, l’ispirazione e il debito di questa pièce, ma il prezzo di questo debito è il teatro. Se consideriamo il teatro un mezzo di comunicazione alternativo alla scrittura, all’arte figurativa e al cinema, il cui obiettivo è il racconto di una storia, per uno spettacolo che porta nel titolo la parola “favola”, questo obiettivo dovrebbe essere perseguito come una condizione d’esistenza. Eppure, per i primi 50 minuti, lo spettacolo procede istericamente tra reticenze, resoconti psicanalitici di sogni poco chiari, sussurrati e disturbati da un montaggio video poco “pasoliniano”. Se in Calderòn Pasolini tenta di immaginare in scena una vita di sogno poetico, un teatro esclusivamente di parola, in cui la vita è sogno e il sogno è una bruciante sconfitta in versi, tuttavia, la Rosaura contemporanea di “Favola”, interpretata da Giorgia Cerruti e una curiosa copertina di Linus verde, è una malata molieriana, tragicamente pop, per nulla poetica. Più che un “Nuovo Teatro”, quello portato in scena è più un teatro d’immagine, forte di una scenografia hopperiana. I due attori si collocano plasticamente, tra pose d’arte e coreografie psichedeliche, in una sequenza di quadri esteticamente impeccabili, ma di dubbia utilità. L’esecuzione, infatti, risulta confusa e poco equilibrata. I tentativi metateatrali poco originali e in generale forzati fanno breccia su una quarta parete domestica, borghese. Tuttavia, l’interpretazione prende a prestito i moduli esasperati ed estremi di una tragedia greca, compìta, aristocraticamente intellettuale. Una massima d’Oltreoceano recita less is more. Inoltre, le dichiarate intenzioni politiche si esauriscono in un’ancestrale diatriba uomo/donna, marito/moglie, proletario/borghese, vittima/carnefice, regista/attore, paziente/analista, secondo una dialettica antiquata e solo evocata. Una scelta, quest’ultima, che compromette la comprensione dell’intero spettacolo, in cui la distanza e lo scontro social-domestico dovrebbe rappresentare il fil rouge dei tre sogni messi in scena e della Storia che arriva a un suo scioglimento solo alla fine, con un monologo che da solo merita il prezzo del biglietto, perché da solo è lo spettacolo stesso. Ed è proprio questo senso di attesa a rapire il pubblico, che pur affaticato dagli innumerevoli escamotage artistici proposti, non demorde nella temeraria impresa di trovare il filo del discorso, ma finisce per affogare nella fiumana di parole che nascondono l’assenza di un messaggio da veicolare.
Favola è a tutti gli effetti una tragedia nelle modalità di esecuzione, da camera per ambientazione e contemporanea. Pur tenendo fede a queste premesse, la grande assente è purtroppo la Favola.
Serena Spanò