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FINZIONI – regia Alessandro Di Murro

"Finzioni", regia Alessandro Di Murro "Finzioni", regia Alessandro Di Murro

tratto dai racconti di JORGE LUIS BOGES
Regia di Alessandro Di Murro
Di Anton Giulio Calenda, Alessandro Di Murro, Tommaso Emiliani
Musiche originali Enea Chisci
Scene Paola Castrignanò
Con Matteo Baronchelli / Jacopo Cinque / Alessio Esposito / Lorenzo Garufo / Amedeo Monda / Laura Pannia
Assistente alla regia Ilaria Iuozzo
Direttrice Organizzativa Bruna Sdao
Progetto Grafico Cristiano Demurtas
Un progetto del Gruppo della Creta - produzione trilogia 2022-2024 Gruppo della Creta,
Fattore K - Con il sostegno del MIBACT - Con il patrocinio della Casa Argentina en Roma
Produzione Gruppo della Creta
Roma – Teatro Basilica Dal 17 al 20 novembre 2022

www.Sipario.it, 21 novembre 2022

Finzioni fu il libro che permise all’Italia di scoprire il genio di Borges. Mirabilmente tradotto da Franco Lucentini, subito divenuto un classico, fu l’inizio di un’avventura editoriale e culturale che ancora oggi non finisce di stupire. Perché l’universo Borges richiede dedizione e pazienza, un’intelligenza che vada oltre la mente calcolatrice per attingere a possibilità intellettuali e spirituali superiori, fuori dal comune.
Domandiamoci: in un periodo come quello in cui viviamo, dominato da guerre, problemi sociali d’ogni tipo, difficoltà economiche sempre più stringenti, decadenza di ogni valore sociale e politico, un libro come Finzioni quale attualità può riservarci? Inizialmente sembrerebbe nessuna: perché ci si trova di fronte ad una raccolta di racconti sì geniali, ma fantastici che col mondo dell’umano contemporaneo nulla, o poco, hanno da condividere.
Eppure le cose stanno diversamente. Perché laddove sembra che l’uomo sia stato bandito, quasi per sempre, dalla fitta e raffinatissima trama narrativa, ecco che Borges lo fa rientrare in scena in un modo tanto plateale quanto inatteso. E come? Descrivendo, semplicemente e indirettamente, quanto ogni individuo abbia bisogno di crearsi un mondo in cui vivere per poter esistere; per lasciare, cioè, qualcosa di sé a chiunque verrà dopo di lui. Perché della morte, più che l’assenza, conta ciò che rimane, come diceva Nicola Chiaromonte.
E Finzioni racconta esattamente questo: dell’esigenza, da parte dell’uomo-scrittore Borges – che fuor di metafora è ciascuno di noi che lo leggiamo e cerchiamo di capirlo –, di costruire mondi diversi quando quello in cui si vive è diventato alienante, orrendo, pieno di storture, incomprensibile, e per giunta alieno da ogni esercizio di sana immaginazione. Questo, in parole povere, una delle possibili letture di Finzioni.
Da qui lo spettacolo andato in scena in questi giorni al Teatro Basilica di Roma, intitolato Finzioni come il volume di Borges, è partito per costruire una rete drammaturgica al cui centro vi era, per l’appunto, il tema dell’alienazione umana. Anton Giulio Calenda e Alessandro Di Murro hanno ripreso le metafore borgesiane del labirinto, della biblioteca di Babele, degli specchi, della lotteria a Babilonia, della memoria di Funes e della morte per dichiarare apertamente la loro rinuncia a spiegare il mondo della complessità in cui viviamo – fatto di dati e profili web –, creando una messa in scena priva di personaggi, dove gli attori si perdevano e, insieme con essi, anche il pubblico.
Ne è emerso uno spettacolo girandola, un susseguirsi di scene messe assieme senza un filo rosso a legarle tra loro. E senza alcuna spiegazione, nemmeno accennata, che desse allo spettatore l’opportunità di ricostruire logicamente l’azione che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi.
Spettacolo borgesiano in tutto. Bravi gli interpreti a rendere il senso di disorientamento con una recitazione a tratti ironica, stralunata, sul filo del nonsense, mai tendente al tragico.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Martedì, 22 Novembre 2022 23:41

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