Arca Azzurra
presenta
ALESSANDRO BENVENUTI
FALSTAFF A WINDSOR
liberamente tratto da Le allegre comari di Windsor
di William Shakespeare
con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Paolo Cioni, Paolo Ciotti, Elisa Proietti
scene Sergio Mariotti
adattamento e regia UGO CHITI
Roma – Teatro Quirino Vittorio Gassman 23-28 gennaio 2024
È noto come il personaggio di Falstaff, sul fronte della commedia, fu tra i più felici nella lunga attività teatrale di Shakespeare. Al punto che, proprio nelle Allegre comari di Windsor, il bardo lo rese protagonista, così accontentando le molteplici richieste da parte del pubblico. Perché Falstaff riscosse consensi tanto numerosi? La ragione, forse, risiede nella sua comicità. Cioè, nel sovvertimento – fisico, sociale, di costume e morale – che un tale personaggio, con la sua presenza e le sue azioni e le sue parole, opera. È risaputo che l’ironia non è solo liberatoria: un momento di vacanza dalle tante restrizioni che la realtà impone all’individuo con l’insieme delle sue regole; ma anche un modo per distaccarsi emotivamente da ciò che ci accade per razionalizzarlo. In questo senso Bergson definiva il riso, e conseguentemente il comico, come l’anestesia del cuore. Coloro che ci divertono, direttamente o indirettamente, altrettanto direttamente o indirettamente operano su di noi, dopo aver compiuto la medesima operazione su loro stessi, un’anestesia dell’emotività. Solo così, poeticamente, sono possibili e fattibili la risata e, dunque, la commedia e la farsa. Shakespeare con Falstaff riuscì a realizzare tutto ciò. Lo fece, come noto, non in modo unitario, ma raccontando il personaggio a puntate – se così si può dire – in Enrico IV, Enrico V e poi nelle Allegre comari di Windsor. Ugo Chiti cosa ha pensato di fare? Liberamente ispirandosi a Shakespeare, ha reso unitaria la storia di Falstaff. Lo spettacolo Falstaff a Windsor, in scena al Quirino di Roma, è il tentativo – per altro ben riuscito – di dare al personaggio shakespeariano quell’unità narrativa e drammaturgica di protagonista che in qualche modo gli è sempre mancata. E che personaggio ne vien fuori nella riscrittura di Chiti? Certamente un uomo dai modi grossolani, goderecci, non eccessivamente villani. Un uomo a tratti ingenuo e credulone, ma non per sua fesseria congenita, ma semplicemente perché solo così egli può fare esperienza della realtà senza subirne la castrazione delle regole. Lettura che emerge in modo lampante quando, sul finale dello spettacolo, a cospetto del suo amico Enrico V da poco incoronato re, venendo da questi ripudiato e bandito dal regno, Falstaff accusa il colpo ma non lo subisce. Perché – e torniamo così al discorso iniziale – colui che è abituato a suscitare risa negli altri, lo fa anestetizzando il suo cuore, distaccandosi dalla realtà contingente e vedendola, per quanto possibile, in una completezza un po’ più esaustiva del consueto. Benché ripudiato, Falstaff non si intristisce, perché sa che un re deve “far vedere” che così si agisce. E poi, dicendo a se stesso, ma rivolgendosi al pubblico: sbarazzarsi di Falstaff è impossibile. Cioè: è impensabile ignorare il lato comico dell’esistenza. Bravissimo Alessandro Benvenuti nei panni del protagonista: ironico, leggero, rapido, con tempi recitativi perfetti. Una performance attoriale brillante di gran classe. Pierluigi Pietricola