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 - regia Filippo Dini

GHIACCIO
 - regia Filippo Dini

da sinistra Lucia Mascino, Mariangela Granelli, Filippo Dini in "Ghiaccio", regia Filippo Dini. Foto Luigi De Palma da sinistra Lucia Mascino, Mariangela Granelli, Filippo Dini in "Ghiaccio", regia Filippo Dini. Foto Luigi De Palma

di Bryony Lavery
traduzione Monica Capuani, Massimiliano Farau
con Filippo Dini, Mariangela Granelli, Lucia Mascino
regia Filippo Dini
scene Maria Spazzi
costumi Katarina Vukcevic
luci Pasquale Mari
musiche Aleph Viola
aiuto regia Carlo Orlando
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
In accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di United Agents LLP
Teatro Gobetti Torino 22 marzo – 10 aprile 2022
Prima nazionale

www.Sipario.it, 30 marzo 2022

Un plauso alla traduttrice Monica Capuani per aver veicolato in Italia e sottoposto all’attenzione di Filippo Dini Frozen, qui tradotto Ghiaccio per evitare spiacevoli confusioni con l’omonimo film a cartoni della Disney. Non è il genere di spettacolo adatto ai bambini. Anche se tutto ruota intorno all’assenza di una bambina. Chiaramente. E’ l’inquietante intercalare del serial killer Ralph. Ingobbito, quasi timido, con una lieve balbuzie, pare fragile, indifeso. E’ oggetto degli studi di una scienziata, Agnetha, intenta a sperimentare una sua teoria sugli assassini seriali, sul delitto da malvagità o da patologia. La violenza subita nell’infanzia genererebbe naturalmente altra violenza, senza alcuna presa di coscienza da parte del soggetto violento. Cha fa del male inconsapevolmente, alle sue vittime e ai parenti e amici delle stesse. Si possono condonare le colpe di un serial killer? Può una madre, Nancy, perdonare un assassino? E cosa si nasconde nelle pieghe di un’anima tormentata anche nell’apparente assenza di problemi come quella della psichiatra? Quali azioni, quali pensieri concorrono a aggrovigliare ed arricchire un thriller psicologico che sfalda il dolore nell’accettazione, nella presa di coscienza da parte di tutti i personaggi, nell’impugnare il proprio destino, che porti alla fine o a una rinascita, complici le bandierine di preghiera tibetane, svolazzanti sulle teste del pubblico sala. Ghiaccio, incarnato da un trio di attori memorabili, ha mille anfratti come solo la grande drammaturgia, ed è un conforto sapere che il teatro inglese contemporaneo sforni opere eleganti come questa. In un impianto astratto, trasparente, contorto, strappato, come a incellofanare i sentimenti infreddoliti, tre figure esprimono mondi antipodici, arpionando l’attenzione degli spettatori. Salvifici saranno gli assenti, la sorella Ingrid soprattutto, menzionata nella sua crescita difficile dopo la sparizione della sorellina Rhona, rapita a dieci anni, mai più ritornata. La pièce ha un apice e uno scioglimento pacificatorio o catartico. Scuote nelle sfaccettature dei concetti di responsabilità, di male e di bene, di tante forme dell’uno o dell’altro, talvolta inscindibili e indefinibili, di violenza e compassione, raccontando una storia intensa, ponderosa, popolare. In cui rispecchiarsi.

Maura Sesia

Ultima modifica il Giovedì, 31 Marzo 2022 10:03

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