di Mike Bartlett
traduzione Jacopo Gassman
regia di Fabrizio Arcuri
con Gabriele Benedetti e Rita Maffei
scene e luci di Luigina Tusini
foto di scena di Daniele Fona
produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG
auditorium di Sospiro (Cremona), 12 ottobre 2019
Due corpi distesi e contraddistinti dalle lettere A e B, un sipario chiuso, un uomo e una donna, al secolo Gabriele Benedetti e Rita Maffei. Come sulla scena di un delitto, gli spettatori di Sospiro a teatro hanno assistito a Un intervento di Mike Bartlett, drammaturgo inglese, classe 1980, pièce portata in scena da Fabrizio Arcuri. I due sono amici: A, la donna, tende a bere un po' troppo, B è fidanzato con la donna sbagliata; A partecipa a una marcia contro l'intervento militare del Governo in un altro paese e B si dichiara d'accordo con l'intervento. Da qui scaturisce il duello verbale fra i due, da qui ha inizio una partitura dialogica che non lascia tregua, che appare un gioco al massacro, un continuo tira e molla, un lasciarsi per riprendersi. Nel loro agitarsi sulla scena e nel loro mettersi alla prova con le parole si delineano due vite colte nel loro quotidiano con tutte le loro debolezze, A e B sono legati da amicizia, forse potrebbe esserci qualcosa di più, ma i silenzi, il non detto hanno la meglio. Si assiste a un perpetuato assalto dell'uno all'altra e viceversa: per entrambi c'è il bisogno di sostegno, di sorreggersi vicendevolmente fino all'epilogo.
La regia di Arcuri costruisce il duello dialogico fra A e B con divertita crudeltà, con un certo livore, chiedendo alla recitazione degli attori di tenersi in equilibrio fra possibile dramma e una comicità che sfocia in ghigno. Cinque micro/atti, cinque cambi d'abito: inizialmente A e B sono vestiti di rosso e giallo, poi portano abiti in tono con la tappezzeria o ancora vestiti che riprendono la foto di Tony Blair mentre si fa un selfie con dietro un'esplosione. L'intervento non è solo quello bellico approvato dall'uomo e condannato dalla donna, l'intervento è quello che i due pongono nei confronti l'uno dell'altra, l'una a sostegno dell'altro, in guerra fra loro e con sè stessi, lei alle prese con l'alcool, lui con la donna sbagliata, almeno a sentire A.
Ci si ritrova ad assistere a quelle che sono confidenze che arrivano da lontano, forse da due morti. Tutto accade con un distacco voluto, non entriamo, non partecipiamo a quello che dicono e neppure nell'intervento finale sul tentato suicidio di A non scatta alcun tipo di partecipazione emotiva. È come se ci si trovasse anestetizzati davanti a una incapacità di correre in aiuto ai segnali di solitudine e aridità d'un mondo e di relazioni destinate a esaurirsi in un silenzio assordante.
Nicola Arrigoni