di Peter Weiss
con gli allievi della Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino
(in ordine alfabetico): Alessandro Ambrosi, Francesco Bottin, Cecilia Bramati, Ilaria Campani, Maria Teresa Castello, Hana Daneri, Alice Fazzi, Matteo Federici, Iacopo Ferro, Samuele Finocchiaro, Christian Gaglione, Sara Gedeone, Francesco Halupca, Martina Montini, Greta Petronillo, Diego Pleuteri, Emma Francesca Savoldi, Andrea Tartaglia, Nicolò Tomassini, Maria Trenta
regia Leonardo Lidi
regista assistente Francesca Bracchino
scene Fabio Carpene
Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale
Teatro Gobetti (Torino) 23 – 28 GEN 2024
L’ambientazione: il primo processo voluto dal governo tedesco per giudicare le responsabilità del nazismo nella tragedia dell'Olocausto. Siamo a Francoforte sul Meno, tra il 10 dicembre 1963 e il 20 agosto 1965. Al banco degli imputati c’è un gruppo di SS e di funzionari del Lager di Auschwitz. 183 giornate di processo, 409 testimoni ascoltati, 248 dei quali sopravvissuti al campo di sterminio. La sentenza è emessa il 19 agosto del 1965: 6 imputati vengono condannati all'ergastolo, 11 condannati dai 3 ai 14 anni di prigione, 3 assolti. La cronaca storica di quel processo - che definire una Spoon River sarebbe troppo letterario ed eufemistico, trattandosi in realtà dello sforzo (sovrumano e orrifico per le vittime del massacro) di rendere conto in aula di tribunale del più grande eccidio della storia dell’umanità - non avrebbe senso, se ad essa non rispondessero (ribellandosi) le nostre sensibilità. Proprio alla coscienza del pubblico contemporaneo, allo scopo di scuoterla, è rivolto lo spettacolo L’istruttoria, tratto dal dramma che Peter Weiss scrisse dopo aver assistito allo storico processo di Francoforte: per la regia di Leonardo Lidi, con gli allievi della Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino. La rappresentazione è minimalista ed essenziale: come deve essere. La scena appare dominata dal bianco, che restituisce il senso dello spazio, di una luminosità che stride rispetto all’orrore cupo dei campi di sterminio. I giovani attori e attrici salgono in palcoscenico un po’ alla volta, attraversando come fantasmi il pubblico in platea: prendono posto sugli spalti e, così, iniziano la propria narrazione, dando voce alle testimonianze che vennero rilasciate durante quelle dolorose udienze. A parte qualche segno di commozione (che, in verità, risulta un po’ stucchevole) gli interpreti mantengono voce ferma e tono piano; lo sguardo fisso sugli spettatori, come a interrogare, a mobilitare. Tutto nel loro stile, abbigliamento, inflessione e voce sembra studiato in modo da non concedere tempo né margini a divagazioni, distrazioni e fantasie: la realtà tragica è nel racconto; il testo in sé basta a dare un’idea dell’atrocità, ma c’è bisogno di coscienze civili che oggi, recepiscano; che, andando oltre la retorica, siano disposte a ospitarne la eco agghiacciante. Raccogliere il testimone, assolvere al dovere di ricordare l’Olocausto e di mantenere vivo l’impegno verso la storia. Giovanni Luca Montanino