uno spettacolo di Pippo Delbono
con la Compagnia Pippo Delbono: Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Margherita Clemente, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Giovanni Ricciardi, Pepe Robledo, Grazia Spinella
e con Giovanni Ricciardi (violoncello e arrangiamenti)
luci Orlando Bolognesi, costumi Elena Giampaoli, suono Pietro Tirella
produttore esecutivo Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale (Italia), coproduttori Teatro Stabile di Bolzano (Italia), Teatro Metastasio di Prato (Italia), Théâtre de Liège (Belgio), Sibiu International Theatre Festival / Teatrul Național “Radu Stanca” Sibiu (Romania), Teatrul Național “Mihai Eminescu” Timisoara (Romania), Istituto Italiano di Cultura di Bucarest (Romania), TPE – Teatro Piemonte Europa / Festival delle Colline Torinesi (Italia), Théâtre Gymnase-Bernardines Marseille (Francia)
in collaborazione con Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento (Italia), Le Manège Maubeuge – Scène Nationale (Francia)
al Teatro Storchi, Modena, 13 ottobre 2024
«È uno spettacolo fragile che ha bisogno di essere accompagnato», così Valter Malosti, direttore di Fondazione Emilia Romagna Teatro, definisce Il risveglio di Pippo Delbono. E in quel fragile non c’è alcuna accezione negativa, ma c’è la consapevolezza del ruolo del teatro pubblico: sostenere gli artisti, accompagnarli nel loro atto creativo, stare al loro fianco e fidarsi del loro creare. In questo contesto è bello leggere anche la monografia di Gianni Manzella, Delbono, uscita per i tipi di Luca Rossella Editore contestualmente al debutto dello spettacolo, un contributo alla memoria l’abile degli artisti della scena. Il risveglio è al tempo stesso un congedo e un nuovo inizio, è semplicemente uno spettacolo alla Pippo Delbono e di Pippo Delbono, un canto intimo, una confessione pubblica, un atto di fragilità che diventa poesia. Cammina a fatica, una sedia, seduto, fogli in mano, Delbono comincia a raccontare di sé, della reclusione siciliana durante il Covid, della malattia, dei lutti, della solitudine e della gran famiglia del teatro, di Bobò e di Pina Bausch. Il semplice muover la spalla, un passo danzato e ci si commuove. Ci viene da dire: il teatro di Pippo Delbono o lo si accetta in toto o lo si rifiuta. È un atto d’amore e come ogni atto d’amore ha bisogno della corrispondenza di amorosi sensi, senza questo non arriva, non comunica, non è. Ed allora riferirne è difficile, come quando si chiede di razionalizzare uno stato di infatuazione. Si usa un’iperbole, ma questo è Risveglio un invito ad entrare nel cuore messo a nudo di Delbono, è la storia di Bobò e della compagnia teatrale che è un po’ famiglia, è danza, è Pina Bausch e il suo innamoramento per Bobò. Il risveglio è semplicemente teatro che si compie nell’atto di farsi e poi scolora, sparisce immerso nella nebbia della dimenticanza e della resistenza della memoria. E allora Il risveglio di Delbono è congedo e rinascita al tempo stesso, è assenza e voglia di essere ancora presente a sé stesso, al mondo, o solamente alla platea di spettatori che con Delbono condivide la fragilità dell’esistenza e della magia del teatro. Per questo descrivere le scene, i quadri agiti, le musiche impeccabili che Delbono usa come parole, lo stare in scena dei suoi attori non conformi finisce con l’essere superfluo, perché ciò che conta ne Il risveglio è il potere della visione e delle emozioni che l’artista regala al pubblico e a sé stesso ritrovato. Applausi commossi applausi. Di più è superfluo dire. Nicola Arrigoni