uno spettacolo di Pippo Delbono
con la Compagnia Pippo Delbono: Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Margherita Clemente, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Giovanni Ricciardi, Pepe Robledo, Grazia Spinella
e con Giovanni Ricciardi (violoncello e arrangiamenti)
luci Orlando Bolognesi, costumi Elena Giampaoli, suono Pietro Tirella
produttore esecutivo Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale (Italia), coproduttori Teatro Stabile di Bolzano (Italia), Teatro Metastasio di Prato (Italia), Théâtre de Liège (Belgio), Sibiu International Theatre Festival / Teatrul Național “Radu Stanca” Sibiu (Romania), Teatrul Național “Mihai Eminescu” Timisoara (Romania), Istituto Italiano di Cultura di Bucarest (Romania), TPE – Teatro Piemonte Europa / Festival delle Colline Torinesi (Italia), Théâtre Gymnase-Bernardines Marseille (Francia)
in collaborazione con Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento (Italia), Le Manège Maubeuge – Scène Nationale (Francia)
Teatro Astra, Torino 6 > 10 novembre 2024
«Voglio la gente! I want people!». Lo griderebbe in tutte le lingue del mondo Pippo Del Bono, c’è da scommettere: il suo bisogno di stare in mezzo agli altri, di condividere, di ripristinare i contatti dopo il dolore, dopo la perdita, dopo l’annientamento psicofisico che sembra non lasciare scampo. Invece no: la via di uscita esiste ed è proprio nella vita, nella danza, nella voglia di raccontarsi e di narrare la sofferenza a qualcuno, per sublimarla. È un uomo dolce Pippo Del Bono – prodigo, generoso, sempre pronto a donarsi –, una persona segnata da una recente esperienza luttuosa che sceglie di tornare in palcoscenico perché (probabilmente) è la cosa che lo fa stare meglio in assoluto e per rispondere alla necessità di descrivere Il risveglio. Il suo risveglio, ma non solo. È così che si chiama lo spettacolo, portato in scena a Torino al Teatro Astra-Fondazione Teatro Piemonte: un’opera dedicata a chi si addormenta, sì, ma poi si ridesta (o ancora non trova la forza, ma la troverà). Niente oggetti di scena, a parte lo struggente violoncello di Giovanni Ricciardi (in sé più che uno strumento un personaggio, una voce parlante). Nessuna scenografia: sullo sfondo si susseguono i video musicali delle canzoni emblematiche che Del Bono sceglie per farsi accompagnare in questo viaggio, in questo invito a danzare per ritrovare se stessi. Se la sua opera precedente Amore si concludeva con un uomo che cadeva addormentato, il risveglio si pone oggi al centro della storia. Non uno spettacolo in cui citare le opere dei grandi, degli autori e delle autrici più amate: stavolta no. Pippo Del Bono si apre completamente, si mette a nudo, lascia scivolare dalle mani i fogli da lui stesso scritti e sui quali ha riversato la propria intimità, il dolore che l’ha colto e disarmato. Non bisogna, però, cadere nella tentazione di confondere Il risveglio con un racconto personale. C’entrano il covid e la pandemia che ci ha isolati, le nuove guerre e la pericolosa ricomparsa di sentimenti che si spera ingenuamente aver confinato al passato. Ecco da dove nasce questo spettacolo, la cui grandezza (per chi scrive) sta nella palpabile e contagiosa voglia di reagire, di rispondere, di ribellarsi, di tornare a danzare in senso metaforico e non solo. Di fatti, Del Bono danza in scena con la sua meravigliosa compagnia; pensando all’inseparabile amico perduto – a Bobò –, a Pina Bausch, all’intera umanità addormentata (che non deve rinunciare al risveglio); all’amore declinato nelle sue forme più pure. La tenerezza ci salverà! Il teatro di Del Bono non lascia mai indifferenti: anche grazie alla sua Compagnia, nata da incontri con attori, danzatori, ma soprattutto con persone che provengono da luoghi diversi della vita. Gli abbracci che gli attori e le attrici si scambiano in scena, i gesti e gli sguardi che si rivolgono, sono parte di una coreografia; sono i più sinceri e luminosi tra i racconti e le poesie originali che compongono Il Risveglio. Un’opera musicale, una partitura emozionale, come è nello stile di Pippo Del Bono. Giovanni Luca Montanino