liberamente tratto da Le memorie di un pazzo di Nicoláj Gógol
messa in scena, drammaturgia, disegni della scena e burattini Natacha Belova
con Marta Pereira e Tita Iacobelli (alternata a Anne Romain)
coreografia e sguardo esterno Nicole Mossoux
assistenza alla drammaturgia e allo sguardo esterno Raven Rüell
illuminazione Christian Halkin
creazione sonora Simón González
costumi Jackye Fauconnier
scenografia e collaborazione alla messa in scena Camille Burckel
marionette Loïc Nebreda, regia e drammaturgia Tita Iacobelli,
produzione Compagnie Belova-Iacobelli, al Teatro Due, Parma, 20 dicembre 2022
Si rimane senza parole dopo aver assistito a Loco di Natacha Belova, si percepisce come Il diario di un pazzo di Nicolaj Gogol sia un punto di partenza, sia un pre-testo che esplode sotto i gesti e la creatività di Belova e delle attrici che muovono e danno la voce all’impiegato gogoliano che emerge dal buio come un fantasma, pur così concreto in quel suo volto iperrealistico e in quegli occhi che fissano con inaudita intensità. Loco è arte, è la capacità di far esplodere un testo. Loco propone una lettura prismatica del racconto di Gogol che non s’accontenta di un punto di vista. Nella figura dell’impiegato Popriscin s’intravvede Bartleby, lo scrivano di Melville, s’intravvede quel «Preferirei di no!» che inter/rompe la funzione dell’impiegato per aprirsi allo scenario inaudito della follia per il personaggio di Gogol e della prigione e del lasciarsi morire per lo scrivano di Melville. In quel «Preferirei di no» c’è la voglia di sottrarsi all’essere mera funzione di apparato, per riconquistarsi a sé stessi. Loco di Natacha Belova è un lavoro che parte dalla figura dello scrivano per leggere, attraverso la sua folle ribellione, una condizione che ci è comune e contemporanea. Le parole del testo di Gogol si fanno immagini, il corpo dell’impiegato è animato dalle due attrici, vive nel loro muoversi e si esprime in quel volto rugoso che emerge dal buio. Sul letto in cui l’impiegato gogoliano trascorre il suo tempo si sommano le visioni, il cagnolino della figlia del direttore a cui Popriscin chiede di svelare la vita della giovane di cui è innamorato, ma anche le carte, i ritagli di giornale in cui s’apprende che la Spagna è senza un re… E nel montare del delirio quei ritagli di giornale, la coperta del letto si fanno mantello regale per l’impiegato che immagina d’essere il re designato sul trono di Spagna. Ma che dire poi della Terra che si vuole sedere sulla Luna, una grande palla che emerge da nulla, una palla ancora una volta coperta di ritagli di giornali e di quelle minute a cui lo scrivano è condannato. Tutto in Loco vive di una sua precisa e suggestiva oscurità in cui le attrici muovono oggetti e danno corpo all’esile figura del personaggio di Gogol che a fronte di una espressione di atterrante stupore è volatile come le sue visioni. In tutto questo c’è non solo il portato biografico dell’artista – spiegato nelle note di sala – per cui Diario di un pazzo è una sorta di ossessione familiare, ma c’è un sottotesto molto contemporaneo che mette a nudo la fragilità dell’uomo funzionario della tecnica, come dell’aleatorietà dei messaggi e delle notizie. S’affaccia in Loco la pazzia di un mondo iperconnesso, di una condizione contemporanea che nel lavoro di Natacha Belova emerge potente e discreto al tempo stesso. Si tratta di suggerimenti di pensiero da elaborare allo spegnersi delle luci con davanti agli occhi la poesia dolente di uno spettacolo di teatro d’attore e di figura che riempie il cuore e nutre la mente. Piace poter trovare in cartellone un lavoro come Loco, piace la scelta messa a punto da Fondazione Teatro Due di Parma nel offrire un teatro d’arte che non ha paura di osare. È questo un aspetto non indifferente, in tempi in cui la programmazione del teatro postpandemico non brilla certo per originalità e coraggio.
Nicola Arrigoni