di Diego Fabbri
regia: Nanni Fabbri
scene: Enrico Tenaglia
costumi: Giorgio Ricchelli
musiche: Stefano Marcucci
con Lello Arena, Angiola Baggi, Tiziana Bagatella, Emanuela Trovato
Roma, Teatro Italia, dal 22 gennaio al 10 febbraio 2008
Nella memoria collettiva dei teatranti italiani Diego Fabbri è fra i pochissimi sopravvissuti della pattuglia di autori non dialettali che fra gli anni '50 e '60 riscuotevano grande attenzione. Fabbri sopravvive soprattutto per l'attivismo studioso della sua Forlì, un Premio importante a lui intitolato, e la devozione filiale di Nanni Fabbri, regista. Al quale si deve ora il ritorno alla ribalta di Lascio alle mie donne del 1969. In tournée, al Teatro Italia di Roma. Sotto l'aspetto del divertissement questo lavoro fa trasparire domande tutt'altro che futili. Collegandosi idealmente ad una commedia di 18 anni prima, Il seduttore, nella quale il protagonista, attingendo alla metafisica, procura, vivendo di menzogne, che le sue tre donne – moglie e due amanti, tenute rigorosamente separate – diventino amiche. Ma, scoperto l'intrigo, esse si coalizzano contro il maschio, che si suicida. Da qui inizia l'altra commedia, e il lascito è appunto il testamento di Renato, il seduttore. Aperto dal notaio e socio affezionato Enrico, rivela la volontà del defunto che ripartisce il patrimonio fra consorte e compagna d'adulterio a condizione che si incontrino per un anno a scadenze fisse e approfondiscano la reciproca conoscenza. Così avviene, l'armonia sembra ritrovata nella memoria dell'amato defunto. La spregiudicatezza del tema sollevò nel 1969 alcune proteste. Oggi rivela tutta l'ironia e la pietà racchiuse in questa sorta di mozartiano 'così fan tutti'. Dove, senza scivolate nella pochade, risaltano acutamente i caratteri femminili. Interpretati con solida classe da Angiola Baggi, Tiziana Bagatella, Emanuela Trovato, mentre la simpatica vivacità del notaio Lello Arena, motore comico, a tratti eccede nei colori. Applausi vibranti.
Toni Colotta