di Carmine Amoroso
regia Luciano Melchionna
con Giorgia Trasselli, Lello Arena
e con (in o.a.) Raffaele Ausiello, Marika De Chiara, Andrea de Goyzueta, Carla Ferraro, Luciano Giugliano, Anna Rita Vitolo
ideazione scenica Luciano Melchionna
scene Roberto Crea
costumi Milla
musiche Stag
disegno luci Salvatore Palladino
assistente alla regia Sara Esposito
produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
in collaborazione con Bon Voyage Produzioni / Festival Teatrale di Borgio Verezzi
Pisa, Teatro Verdi 7 novembre 2021
7 Novembre – Pisa - Apre la stagione di prosa 2021-22 al Teatro Verdi di Pisa un grande classico della commedia italiana: “Parenti Serpenti”, scritta da Carmine Amoroso, che ispirò l’omonima opera cinematografica, regia di Mario Monicelli, così tanto amata dal pubblico.
L’opera vista in scena al Verdi di Pisa si avvale di una scenografia semplice, ma visivamente soddisfacente, a tratti quando il momento lo richiede perfino poetica. Lo spaccato di una casa vissuta che simbolicamente è anche l’inizio e la fine non solo dell’opera quanto dei personaggi stessi si staglia sulla scena con tutto il suo carico di significati.
La maestria dei due anziani genitori Saverio (Lello Arena) e Trieste (Giorgia Trasselli) è palpabile fin dalle prime battute intrecciando momenti comici a fraseggi anche drammatici, spostandosi con grazia e con estrema facilità da uno stato all’altro, trasportando lo spettatore con una delicatezza rara tra la risata e la riflessione, fino in alcuni momenti alla commozione grazie alla performance poetica di Arena e Trasselli.
Accanto ai due anziani genitori grazie alla coreografia di Roberto Crea e alla mano del regista Luciano Melchionna trovano equilibrate le parti dei componenti della compagnia: Raffaele Ausiello, Marika De Chiara, Andrea de Goyzueta, Carla Ferraro, Luciano Giugliano ed Anna Rita Vivolo, i quattro figli di Saverio e Trieste, che assieme a un genero e alla nuora, rappresenteranno malgrado l’amore che i genitori avevano riversato per i propri figli, quelli che saranno i serpenti.
I figli ben rappresentati, purtroppo peccano di una forse eccessiva stereotipizzazione, riconducibile però alla leggerezza del genere cui questa opera immancabilmente si rifà: la nevrotica Lina, l'impegnato Alessandro, il professore Alfredo (che poi si scoprirà essere omosessuale ...) e la sensibile e depressa Milena - nonché a Michele, marito di Lina ed a Gina, moglie di Alessandro.
Lo spettacolo scorre bene, grazie proprio alla recitazione dei protagonisti, indiscussamente applauditi dal pubblico, e dei figli di questi, che si approcciano al palcoscenico in maniera fresca e briosa, a tratti giocosa. Nota dolente l’eccessivo utilizzo della rottura della quarta parete che se per alcuni è potuta sembrare un’idea geniale per altri versi sembra una scelta che viene utilizzata con troppa libertà.
L’opera che trova il suo culmine e il suo punto di rottura con la comunicazione da parte dei genitori ai figli della volontà di andare a vivere con uno di loro mette in crisi la relazione filiale che sembrava costruita su solide basi. Tutta l’opera difatti si poggia sul binomio dolceamaro di una comicità, genuina e vera, compensata da una puntuale, anche se spesso velata, critica verso una società basata sull’abbandono, l’individualismo, il tradimento e l’egoismo esasperato.
Da una parte i genitori che hanno cresciuto i propri figli amandoli incondizionatamente e senza riserve dall’altra i figli incentrati esclusivamente su loro stessi e sulle loro problematiche, ripiegati sul proprio io, talmente assuefatti da sé stessi che arrivano alla ferale decisione di uccidere la loro madre e il loro padre.
Ancora più crudele il fatto che se nella versione filmica attraverso uno dei personaggi i carnefici venivano poi scoperti, in questa versione teatrale si è deciso, e forse anche a ben vedere, che i colpevoli la passassero liscia, evidenziando ancora di più il decadimento della società e lasciandoci con l’amaro in bocca, dopo le tante risate che si susseguono durante tutto lo spettacolo.
Matteo Taccola