di Alessandro Serra
tratto da Macbeth di William Shakespeare
con Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni,
Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino,
traduzione in sardo, consulenza linguistica Giovanni Carroni
collaborazione ai movimenti di scena Chiara Michelini
musiche pietre sonore Pinuccio Sciola
composizione pietre sonore Marcellino Garau
regia, scena, luci, costumi, Alessandro Serra
produzione Sardegna Teatro, Compagnia Teatropersona
con il sostegno di Fondazione Pinuccio Sciola, Cedac Circuito Regionale Sardegna
Crt, Milano, dall’ 11 al 14 dicembre 2019
L’immagine e la sua poesia nel Macbeth sardo di Alessandro Serra
La scena è buia. Intravediamo grandi tavoli metallici alzati in verticale per formare una sorta di muro invalicabile. Improvvisamente delle sagome si lanciano dalla cima della parete per cadere a terra, alzando una nuvola di polvere. È così che inizia il Macbettu di Alessandro Serra. Un inizio a forte impatto emotivo dove l’estetica si caratterizza per un lavoro estremo sui corpi all’interno di un disegno generale in cui l’immagine, dai contorni minimalisti e curata nei minimi particolari, rimane l’obiettivo principale da raggiungere. E così sarà per il resto della durata dello spettacolo. Sottotraccia vediamo Grotowski, il duro allenamento fisico, la ricerca di una scenografia scarna, l’essenzialità della scena. E lo si nota soprattutto nei personaggi delle streghe interpretate con abilità e originalità da attori uomini, coperti da foulard, che si fanno piccini e veloci nella camminata stretta. Poi c’è il dialetto sardo con cui è stata tradotta l’opera di Shakespeare, vera trovata geniale di questo Macbettu, a portarci in un mondo primordiale dominato dall’istinto e dai suoi bisogni distruttivi. I suoni, prodotti dai colpi netti sui tavoli metallici, figurano il Principio da cui tutto ebbe inizio. Una sorta di “Odissea nello spazio”. E poi ci sono i coltelli, la violenza e tutto il resto. E, infine, c’è Shakespeare con il suo Macbeth e la sua storia. Ma questa è un’altra storia, quasi a passare in secondo piano. Perché la regia di Serra e le sue visioni sono state in grado di stravolgerne intelligentemente la forma, regalandoci un lavoro interessantissimo che prevale sulla traccia originale.
Andrea Pietrantoni