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MURATORI – regia Peppe Miale

"Muratori", regia Peppe Miale. Foto Anna Camerlingo "Muratori", regia Peppe Miale. Foto Anna Camerlingo

Di Edoardo Erba
Regia Peppe Miale
Con Angela De Matteo, Massimo De Matteo, Francesco Procopio
Aiuto regia  Giordano Bassetti

Assistente alla regia  Roberta Rossi Scala

Costumi  Alessandra Gaudioso

Scene  Luigi Ferrigno

Assistente scenografo Sara Palmieri

Musiche  Floriano Bocchino

Luci  Salvatore Palladino

Foto di scena Anna Camerlingo
Si ringraziano Teatro Bellini – Théâtre de Poche
Produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
Teatro Sannazaro, dal 29 al 31 Ottobre 2021

www.Sipario.it, 31 ottobre 2021

Divertente, riflessivo, ironico e coinvolgente: questi sarebbero gli ingredienti se dovessimo preparare una ricetta intitolata Muratori. Una sola parola per un titolo secco, scarno, che può sembrare di semplice ed unica lettura, ma che nasconde in realtà dietro di sé un mondo immenso e pieno di diversi piani e diversi sensi, che si svelano a poco a poco, man mano che si va avanti con lo spettacolo, che si dispiega sotto gli occhi e le orecchie di spettatori appassionati e divertiti, per tutta la durata della pièce teatrale. Due muratori decisi ad innalzare un muro dal proscenio di un palco, in un teatro forse un po’ abbandonato, di cui restano ancora sulla scena pezzi e pagine di commedie o tragedie, in un tempo probabilmente lontano messe in scena, rappresentate davanti a un pubblico forse entusiasta, forse emozionato. Nella notte, sono pronti a compiere un abuso edilizio che regalerà maggiore spazio al confinante supermercato, sostituendo le tavole della cultura e dell’arte, calpestate da carrelli e scatoloni nel magazzino per alimentari. E poi, all’improvviso, appare una donna, una presenza un po’ fantomatica, un po’eterea, ma al tempo stesso reale, esistente, vestita come un’attrice, che con le sue parole recita una vecchia commedia, ma sta al contempo raccontando anche una storia che è la sua ed è anche quella del teatro stesso, di quel palcoscenico e di tutti i palcoscenici, specialmente quando, deluse e tradite le aspettative di quel mondo, questi vengono chiusi, sostituiti e rimpiazzati da catene di supermarket: non – luoghi di scambio di merci e consumismo. Invece di scambiarsi idee ed opinioni, critiche ed applausi, invece di consumare arte, parole e cultura, invece di vendere passione ed emozioni, solo scaffali senza soluzione di continuità e depositi per ammassare in confusione prodotti in attesa di essere acquistati. Chiudere un teatro per allargare un supermercato (una parafrasi della pandemia o dell’intera contemporaneità?) o per costruirne uno nuovo: succede spesso anche oggi, nella quotidianità delle nostre città, simboleggiando il fatto che non smettiamo di mangiare primi e secondi, ma ci nutriamo poco di splendore e anima. Francesco Procopio e Massimo De Matteo sono più che mai naturali e sinceri nella loro parte da muratori, recitando quasi senza recitare, portando in scena la vita, la verità e la realtà, con le pause, i tempi, le cadenze, i toni e le espressioni non solo giuste, ma perfette. Non due attori, ma davvero due muratori, dall’aspetto all’atteggiamento. Nel film di Vincenzo Salemme Con tutto il cuore, c’è una battuta ricorrente: «Io non sono un infermiere, faccio l’infermiere», oppure: «Io non sono la donna delle pulizie, faccio la donna delle pulizie», ecco in questo caso De Matteo e Procopio, al contrario, non fanno i muratori, ma sono muratori. E basta una donna, Angela De Matteo, una presenza giusta, al momento giusto, a far crollare le loro certezze insieme a quel muro che avevano ormai finito di costruire, per renderli invece consapevoli di quanto quella notte di calce e cemento, passata in bianco per un guadagno più alto, fosse in realtà la più grande sciocchezza da poter fare e di quanto dei pezzi sparsi di copioni raccontino invece, ancora, una bella storia d’amore per l’arte. Il divertimento e lo scambio serrato e comico delle battute, (frequenti le risate in sala), in dialetto napoletano (l’autore racconta che il testo nasce in italiano, poi rivisitato in versioni regionali e dialettali, sempre diverse fra loro), pieno di personalità, corre parallelamente alla riflessione e al pensiero critico che nasce direttamente dallo spettacolo stesso. E basta un ritaglio di bellezza per far crescere nei cuori di pietra induriti dal cemento e dalla fretta ridotta in arida praticità, nuovamente il seme della vita, il fascino delle emozioni.

Francesca Myriam Chiatto

Ultima modifica il Mercoledì, 03 Novembre 2021 10:44

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