Regia: David Livermore
Elisabetta: Laura Marinoni
Maria Stuarda: Elisabetta Pozzi
Anna Kennedy: Gaia Aprea
Burleigh/ Maggiordomo: Giancarlo Cordiglia:
Mortimer/ Paggio: Linda Gennari
Cavaliere Paulet/ Ambasciatore di Francia: Olivia Marescalchi
Conte di Leicester : Sax Nicosia
Cantautrice Giua
Teatro Massimo Cagliari 29 nov- 3 dic. 2023
Impacchettata e infiocchettata come un bel regalo di Natale è arrivata al Massimo di Cagliari questa Maria Stuarda di David Livermore. L’opera sta facendo il giro d’Italia: Genova, Torino, Milano, Forlì, Trento, da Cagliari approderà a Napoli e poi chissà dove altro. Lo spettacolo è squisito, forse con qualche piccolo eccesso di ricercatezza: a vestire le due regine hanno scomodato Dolce e Gabbana, qualche decibel di troppo negli effetti scenici (frequenti gran frustate di suoni accompagnate da improvvisi bagliori), e tuttavia portamento, gestualità, ritmo, eleganza di movimenti sulla soglia della danza, tutto degno di quel gran professionista che è Livermore. Le due regine hanno rinnovato i fasti di Anna Proclemer e Lilla Brignone nella storica Stuarda di Squarzina del ’65. Stessa intensità, stessa straordinaria padronanza dei personaggi. Al punto che la Pizzi e la Marinoni - da grandi attrici quali sono - usano decidere solo qualche ora prima dello spettacolo chi delle due debba interpretare quale regina. Acting puro, sublime. Una voce fuori scena accompagnata da una chitarra elettrica (Guia) avvolge la narrazione di un’aura pop, molto inglese (splendide le canzoni di introduzione al secondo atto ‘Come again’ e quella finale ‘Queen can you live now’). Livermore ha ideato una sola scena, nella quale ha incredibilmente concentrato tanto complessa e serrata narrazione: uno spazio essenziale, geometricamente articolato in una doppia scalinata che sovrasta un parterre racchiuso tra due poltrone ed un divano. È in questo spazio che si raggrumano gli elementi del dramma: la lotta per il potere che impone le sue regole, inevitabilmente maschili, alle due donne, lo sbigottimento di trovarsi, da donne, a fare (meglio: ad essere travolte da) una storia che sembra fatta da e per soli uomini, l’odio tra papisti e riformati, gli intrighi di corte, la sanguinosa rivalità tra due paesi, Francia e Inghilterra, che tanta parte hanno avuto nella storia europea. Elisabetta è il personaggio più complesso: spietata, glaciale, ma anche vulnerabile, tormentata da dubbi e da rimorsi, dilaniata dall‘incertezza fino alla fine “Io, una donna, sola contro il mondo…ora devo decidere la morte…. Non ero nata per fare la regina….”. E l’angoscia di una insopportabile solitudine. Le fa da pendant, quasi musicale contrappunto, Maria: bella, colta, allure molto francese, determinata, amata e detestata, l’omicidio del primo marito alle spalle, fiera nella sciagura, implorante ma anche sprezzante, lucidamente e ironicamente consapevole del suo destino. Intorno alle due regine si raccolgono gli altri personaggi del dramma, con improvvisi e inaspettati salti di campo e nel mezzo una tormentata terra di nessuno. Tutti, tutti all’altezza, perfettamente dentro i loro ruoli, a volte molteplici, e quindi impegno e fatica doppia. Una nota a margine. Maria Stuarda è andata, al Massimo di Cagliari, su cinque serate. Per oltre tremila spettatori che in una città intorno ai 100 mila abitanti è niente male. E pensare che c’è in giro ancora chi dice che il teatro è morto. Attilio Moro