Regia di Massimo Romeo Piparo
Commedia Musicale di Gianni Clementi, Massimo Romeo Piparo, Enrico Montesano
Musiche originali composte da Emanuele Friello dal film di Mario Monicelli, scritto con Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli, Bernardo Zapponi.
Scene: Teresa Caruso
Costumi: Cecilia Betonia
Coreografie: Roberto Croce
Direzione musicale: Emanuele Friello. Luci: Daniele Ceprani. Suono: Andra Sala
Interpreti: Max Giusti (Il Marchese del Grillo), Giulio Farnese (zio prete), Marco Valerio Montesano (servitore Ricciotto),
Monica Guazzini (marchesa madre), Tonino Tosto (Papa Pio VII), Carlotta Tommasi (madre di Faustina-moglie di Gasperino),
Ilaria Fioravanti (Genuflessa), Gerry Gherardi (Aronne Piperno-Commissario), Roberto Attias (l’amministratore),
Benedetta Valanzano (Olympià), Francesco Miniaci (Capitano Blanchard-Guardia Svizzera), Sebastiano Lo Casto (Streghetta-Ensemble),
Ambra Cianfoni (Camilla), Giacomo Genova (Rambaldo-Il Graduato-Il Giudice), Gloria Rossi (Faustina-Ensemble),
Denis Scoppetta (castrato-assistente del Papa-Ensemble), Sergio Spurio (l’oste), Ilaria Ferrari (la figlia di Gasperino-Cameriera).
Ensamble: Valeria Bagnetti, Raffaele Cava, Annalisa Dambrosio, Rocco Greco, Viola Oroccini, Cialì Sposato, Sara Telch
Teatro Vittorio Emanuele di Messina dal 4 al 7 gennaio 2024
Io sono io e voi non siete un c… è l’espressione spocchiosa pronunciata a quel gruppo di cianciosi romani dal Marchese del Grillo, alias Alberto Sordi nel noto film di Mario Monicelli del 1981: un successo, non solo d’incassi, da spingere un gruppo di artisti capitanati da Massimo Piparo a realizzarne poi al Sistina, con la sua regia, (a cominciare dal novembre del 2015), una commedia musicale accattivante con Enrico Montesano nei panni del titolo, ruolo vestito poi negli anni successivi dal talentuoso comico Max Giusti, giunto adesso al Vittorio Emanuele di Messina. Lo spettacolo si fa apprezzare per le musiche di Emanuele Friello, le scenografie ruotanti di Daniela Caruso che mettono in luce le varie location e l’interpretazione esuberante di Max Giusti applaudito dal pubblico alla fine d’ogni battuta salace o al termine d’un brano cantato. Un personaggio il suo ispirato al vero Marchese Onofrio del Grillo nella Roma papalina dei primi dell’Ottocento, un nobile romano che ama fare scherzi e beffe ai danni delle autorità papali e francesi, noto in ogni bettola e osteria, amando esprimersi in un romanesco facilmente comprensibile, sciorinato pure da tutta la compagnia di oltre trenta elementi. L’eccentrico personaggio vive nel suo palazzo accanto ad una madre querula (Monica Guazzini), uno zio prete (Giulio Farnese), la sorella Camilla (Ambra Cianfoni) dall’alito assassino, un servo fedele tuttofare (Marco Valerio Montesano), distribuisce dal suo balcone roba da mangiare a dei morti di fame e non disdegna scappatelle amorose, come quella in corso con la Faustina di Gloria Rossi, che ad un tratto gli dice d’aspettare un figlio proprio da lui. Il Marchese però non credendole piomberà di sorpresa, come un Mandrake, nella sua umile dimora, scoprendo che la furbetta, in accordo con la madre (Carlotta Tommasi), nasconde dietro un mobile il suo moroso di sempre. Una verità che sopraggiunge nel momento in cui il Papa Pio VII (Tonino Tosto) viene sequestrato, letteralmente rubato dai militari francesi di Napoleone, ricadendo le colpe proprio su di lui che è la sua Guardia nobile e che avrebbe dovuto stargli accanto per sorvegliarlo costantemente, riuscendo tuttavia a farla franca dicendo d’avere avuto uno scontro armato con alcuni militari francesi, adducendo come prova la sua camicia bianca lordata di sangue, quello sgorgato dal naso rotto con un pugno inferto a quel ganzo di Faustina con le braghe tra le mani, Il Marchese intanto è sempre di malumore, vorrebbe cambiare aria, Roma ha troppe buche e spazzatura, sostenendo l’idea registica di Piparo. Fortuna per lui che incontra Olympià, quella di Benedetta Valanzano, una cantante francese che conosce dopo una sua esibizione in Teatro e che ha lo stesso nome del noto dipinto di Manet, conservato al Musée d’Orsay, fuggendo con lei a Parigi non prima di perpetrare l’ennesima beffa ai danni del carbonaio Gasperino che gli somiglia come una goccia d’acqua. Dapprima chiama i suoi servi per trasportare nel suo palazzo l’uomo imbrattato di nero, ubriaco, disteso a terra in un vicolo buio, dicendo loro di lavarlo, profumarlo e vestirlo elegantemente come lui e farlo vivere accanto ai suoi familiari. Quando si sveglia l’uomo pensa che il suo sia un sogno, come quello che capita a Sigismondo de La vita è sogno di Calderon de la Barca, vivendo come sempre ha fatto, ovvero ingozzandosi di cibo, esprimendosi sempre in modo volgare, bevendo vino a quattro ganasce da un paio di barili, portandosi per giunta a letto la cugina Genuflessa (Ilaria Fioravanti) che apparirà poi vestita tutta di rosso, stentando chi gli sta intorno di riconoscere la copia originaria del loro Onofrio. Il caso vuole che il ritorno a Roma del vero Marchese coincida con la liberazione del Papa, il quale ancora molto incazzato emette subito una sentenza di morte nei confronti di colui che era stato causa del suo rapimento. Così il vero Marchese ordina di riportare Gasperino lì dove era stato raccolto prima, convinto quest’ultimo, appena un po’ più sveglio, d’essere il nobile signore di prima, ricercato intanto e riconosciuto da un gendarme che lo condurrà al patibolo. Qui viene fuori l’animo nobile e generoso del Marchese Onofrio del Grillo che nel momento in cui Gasperino sta per essere ghigliottinato griderà di fermare l’esecuzione, dichiarando che è lui il vero colpevole. E dunque nel momento in cui la lama sta per cadere sul suo collo giunge un ambasciatore del Papa dicendo che la sentenza di morte è stata sospesa, commutata invece in una condanna di sei mesi da passare chiuso in carcere. Gigi Giacobbe