scritto e diretto da Aurora Miriam Scala
Interpretato da Carmela Buffa Calleo
Produzione: Compagnia “Bottega del pane” di Siracusa
XIII edizione del Cortile Teatro Festival di Messina
Cortile della Città Metropolitana (Palazzo dei Leoni) Messina 5 agosto 2024
Nessun riferimento a La presa di Macallè, romanzo un po’ porcello di Camilleri, anche se il suono è lo stesso a quello dello spettacolo in questione, Makallè, (con la “c” che diventa “k”) scritto e diretto da Aurora Miriam Scala di Noto e interpretato da Carmela Buffa Calleo, originaria di Modica, in un nuovo Cortile (non più quello cittadino del palazzo Calapaj-D’Alcontres o quello a Torre Faro del Fortino Spagnolo dell’Horcynus Orca) reperito all’interno del Palazzo dei Leoni, sede dell’ex-Provincia diventato adesso quello della Città Metropolitana di Messina. Questo per dire come Il Cortile Teatro Festival giunto alla sua XIII edizione, diretto da Roberto Bonaventura, manifesti oggettive difficoltà a trovare una sede idonea e/o definitiva per proseguire un percorso teatrale apprezzato e ben conosciuto in città, segnato già da spettacoli che hanno lasciato il segno. Makallè è il nome di un dolce sopraffino inventato da Giuseppe Scognamiglio, un pasticcere d’un paese all’interno della Sicilia e da come la Calleo lo decanta durante lo spettacolo, mi viene in mente Ratatouille, un film d’animazione del 2007 diretto da Brad Bird e Jan Pinkava, che tantissimi ricordano per avere come protagonista un simpatico topolino, un vero piccolo chef, in grado d’inventarsi un piatto da lasciare senza fiato lo stesso Anton Ego, temutissimo giornalista e critico gastronomico. Lo spettacolo, credo tragga spunto da fatti biografici capitati alla stessa Miriam Scala che la Calleo fa suoi, come se fossero successi a lei stessa, tanto realistica appare la sua interpretazione. Sin da quando esce fuori dall’utero della madre, che morirà subito dopo, e una damigiana d’olio di 5 litri si rompe e si svuota completamente sul pavimento, un segno, secondo le credenze popolari, giudicato oltremodo negativo, cui si cerca di porre rimedio sciorinando preghiere un po’ sacre un po’ profane, le cosiddette parole mammalucchigne, che possano allontanare il malocchio, ricorrendo pure ad un prete per benedire tutto. Nasce così Angela: “una femmina”, urla la nonna, “una disgrazia” grida il padre. Personaggi che la Calleo rende evidenti avvolgendosi in uno scialle nero, o facendo muovere nervosamente la suola della scarpa a destra e sinistra. Cresce la bimba fra le braccia della nonna, frequentando un istituto di monache, tra preghiere pruriti e curiosità, in particolare del Makallè che impasta il padre, il quale per nessuna ragione vuole svelare alla figlia il segreto della ricetta. Questa è una cosa che riguarda solo gli uomini e basta. In quella famiglia le ricette sono sacre, segrete, tramandate da generazioni al primo figlio maschio: Angela non può ereditare. Lei vorrebbe imparare, impastare, ereditare quel mondo di farina, canditi, di cioccolata, ma soprattutto vuole creare il marchio di fabbrica da esportare e far conoscere in tutto il mondo. Grazie poi ad un buco su una parete, Angela scoprirà i segreti del Makallè e nonostante gli improperi del padre riuscirà a portare a buon fine la sua battaglia. Una battaglia di una donna che negli anni scanditi da una serie di canzonette degli anni ’70, costruirà un grande puzzle per cambiare le carte in tavola, con la ferma volontà di conquistare il suo ruolo, di essere “tutta Makallè”. Gigi Giacobbe