di Stefano Benni
regia Giorgio Gallione
scene e costumi Guido Fiorato
musiche Paolo Silvestri
con Ambra Angiolini
luci Aldo Mantovani
produzione Teatro dell'Archivolto
Milano, teatro Elfo Puccini dal 14 al 19 aprile 2015
Nella vita capita a tutti di sentirsi a volte incompleti, avvolti nella sensazione di dover ricercare una parte di noi che riconosciamo come mancante: La misteriosa scomparsa di W, mette in scena, grazie ad una dinamica e cartoonesca protagonista di nome V, il sentimento della parzialità e dell'essere frammentati.
In questi panni Ambra Angiolini si dimostra versatile e camaleontica, addentrandosi in una realtà fiabesca: una moderna Alice nel Paese delle Meraviglie con tanto di "bianconigli", che sotto l'effetto di un paio di calmanti di troppo esplora l'ipocrisia che si cela dietro il senso etico che domina la nostra società.
La ricerca del proprio pezzo mancante, simboleggiato da una luminescente W rossa, procede a tentoni esplorando il proprio io, sbozzando sezioni del proprio passato e dipingendo diversi ritratti di figure ormai sbiadite o del tutto cancellate.
Fanno parte del suo passato tanto l'avvizzita compagna di scuola Wilma quanto l'ex fidanzato tontolone Wolmer; vengono poi illustrati il latitante coniglietto Walter e il povero nonno Wilfredo, ricordato in coda davanti all'ufficio postale per il ritiro di una sempre più esigua porzione di pensione.
Attraverso lo sguardo di chi è emarginato perché considerato mentalmente instabile, vengono esplorati gli spazi di una quotidianità avvolta in un'atmosfera surreale generata sia dalla scenografia che richiama le tinte di un istituto psichiatrico, sia dai virtuosistici e dissacranti giochi di parole di Stefano Benni.
Il costante mutare delle luci al neon, parti integranti di un'ambientazione ammirevole, oltre a rappresentare lo specchio del pensiero in divenire della protagonista si fanno carico di garantire l'assenza di staticità all'interno dello spettacolo.
Il "one-woman show" diretto da Giorgio Gallione, induce un'agrodolce riflessione sull'eticità delle nostre pulsioni nei confronti di anziani, gitani e immigrati, dove la piacevole introspezione non risulta forzata; essa scaturisce con naturalezza dal contatto con un vortice di ironia, dolore e follia trasmesse in modo diretto e senza filtri allo spettatore.
La gradevolezza dello spettacolo nasce dal piacere di assistere ad un monologo dal testo brioso ma profondo, interpretato con energia e scandito dal giusto ritmo.
Christopher Ruddell