Di Johnna Adams
Traduzione di Vincenzo Manna e Edward Fortes
Con Ambra Angiolini, Arianna Scommegna
Scene Maria Spazzi
Costumi Erika Carretta
Light designer Roberta Faiolo
Musiche Mauro Di Maggio e Luna Vincenti
Regia Serena Sinigaglia
Produzione Società per Attori e Goldenart Production
Thiene (Vicenza), teatro Comunale, 16, 17 e 18 novembre 2021
Vivere delle tragedie attraverso le risate nervose lo si vede spesso nei film, e non a caso americani. E’ un modo di narrare l’intima devastazione dando spazio a ciò che può colpire e passare, mentre la tragedia, quella vera, rimane. Altri modi drammaturgici di messa in scena vivono invece il dramma in profondità, in onesta autoammissione, che diventa partecipazione sofferta, dolore, disperazione. Tutto ciò che non si vede ne “Il nodo”, di Johnna Admams, che appartiene invece al primo esempio, regalando al pubblico appunto troppe risate nervose in un clima di gelida disgrazia, la morte di un figlio. Il testo di Johnna Adams aspira al dramma emotivo, con una certa tensione nell’aria che sa solo a tratti di vera sventura, con un saliscendi di sentimenti troppo altalenanti che ambisce a sollevare dubbi e moralità, riflessioni sull’essere genitori ed educatori. Purtroppo tutto questo si vede poco nello spettacolo con Ambra Angiolini e Arianna Scommegna, dove la stessa regia di Serena Sinigaglia risulta essere talmente lineare da aleggiare molto lievemente nell’aria, fluttuando senza dare carica alle parole, e naturalmente alle azioni. Succede allora che le due donne a confronto, la madre di Gidion e la sua insegnante, trovatesi per chiarire una nota ricevuta dal ragazzo, si contrappongono a tratti, lasciando molto spesso lo spazio rimasto alle risate nervose di cui sopra, e parlo del personaggio di Corrin, mamma del ragazzino, e quando non è così, a lunghi attimi di pause dove non pesa la tragedia in atto, che sembra piuttosto partita per altri lidi. Le due attrici contrapponendo a questo talvolta caricano troppo, ed è qui che la disperazione viene meno, in questo loro confronto dove le scintille dovrebbero vedersi tra le righe delle loro parole, delle loro elucubrazioni. Le questioni affrontate, adolescenza, bullismo, sono ferite della nostra società che racchiudono dolore e non distanze, dove una guerra raccontata in un tema è specchio di come i ragazzi delle medie possono vederci, è specchio di una società che arranca e travolge. I pensieri che Gidion scrive e teme che vengano “ricoperti di muffa” per usare una battuta sono fortemente impressi nella sua mente di ragazzino sofferente, ciò che lo circonda diventa inafferrabile nella giusta maniera, sono palombelle d’esistenza che non vanno a segno, che si interrompono prima ancora, quasi, di nascere e di evolversi. Qui a mio parere bisognava insistere, nello scavare in profondità il malessere, che poi da uno diventa trino, e forse anche di più. Per riassumere: una regia lineare, due interpretazioni lineari, nell’insieme uno spettacolo che fa molta fatica a stare in piedi, con qualche scatto di troppo. E sono rari i momenti di variabilità che deviano e tentano di portare verso il tormento più crudo. Un’attenuante però va data, che è quella di esser stata una ripresa teatrale dopo un lungo tempo surreale, una ripresa senza più Ludovica Modugno, mancata da qualche settimana, l’insegnante precedente ad Arianna Scommegna, una cosa, questa, che fa venire le lacrime agli occhi di Ambra Angiolini, a fine rappresentazione, nel piccolo ricordo datole. Dunque, un’emozione non da poco, che forse può aver bloccato qualcosa, anche se il sospetto che rimanga una messa in scena non abbastanza reattiva derivante da un testo che non è parso d’impatto, e pathos, rimane. Come restano, d’altronde, altre prove molto più interessanti sia di Ambra Angiolini che di Arianna Scommegna.
Francesco Bettin