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NAPOLEONE. LA MORTE DI DIO - regia Davide Sacco

Lino Guanciale e Simona Boo in "Napoleone. La morte di Dio", regia Davide Sacco Lino Guanciale e Simona Boo in "Napoleone. La morte di Dio", regia Davide Sacco

di Davide Sacco
da Victor Hugo
con Lino Guanciale
e con Simona Boo, Amedeo Carlo Capitanelli
testo e regia Davide Sacco
aiuto regia Flavia Gramaccioni
scene Luigi Sacco
costumi Daniele Gelsi
organizzazione Luigi Cosimelli
produzione Ilaria Ceci
una produzione LVF - Teatro Manini di Narni
Teatro Bellini - Napoli dal 07 al 12 maggio 2024

www.Sipario.it, 9 maggio 2024

Napoleone il grande Imperatore è morto lontano dalla sua terra, lontano dai luoghi dove la gloria lo consacrò. Nel 1840, vent’anni dopo la sua scomparsa sull’Isola di Sant’Elena, il re Luigi Filippo decise di trasferire i suoi resti agli Invalides di Parigi. Quando le sue spoglie raggiunsero il suolo francese la città lo accolse con gli onori di un sovrano che aveva segnato la storia di una nazione e di un'epoca. Tra coloro che accorsero a vedere il feretro dell’imperatore c’era Victor Hugò che scriverà la cronaca della “giornata particolare”. Questa confluirà nel libro “I funerali di Napoleone” in cui metterà in luce le contraddizioni della storia. 

Davide Sacco, partendo da quelle considerazioni trae spunto per il suo spettacolo con un percorso intimo ed interiore che poi Lino Guanciale ha espresso sul palco con grande trasporto e bravura estendendo la riflessione non solo al grande statista ma all’uomo che è stato padre e quindi a tutti i padri e al dolore di un figlio di rimanere orfano. Un rapporto che si spezza in quel momento e crea un vuoto difficile da colmare. La scena si apre con un uomo che arriva troppo presto per dire addio al padre, o forse troppo tardi. Lui discorre, racconta, immagina, si dispera perché vorrebbe riabbracciare il padre per un’ultima volta. Il messaggio che quindi ne scaturisce è che non importa chi sia suo padre: il peggiore degli uomini? il più grande degli eroi? un imperatore? o l'ultimo degli schiavi? Per lui è il suo papà, per lui è Dio. Così come ogni figlio vede il proprio genitore.

Il monologo è serrato, l’attore parla, si muove con agilità in scena, canta a cappella con Simona Boo, alcuni momenti sembrano confusi, stonati ma poi ritornano sul binario del racconto.

La scena è spoglia, buia, a tratti silenziosa. Poi ogni tanto delle luci abbagliano il palco. Lì a breve verrà celebrato un grande funerale ed inservienti di palco sono concentrati sui preparativi. Le loro figure sono fredde, distaccate molto diverse dall’uomo che irrompe nella scena e cerca un’ultima volta di trovare quel filo che sta per spezzarsi per sempre. 

Simona Buonaura

Ultima modifica il Lunedì, 13 Maggio 2024 18:32

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