venerdì, 08 novembre, 2024
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OTELLO – regia Andrea Baracco

Viola Marietti, Ilaria Genatiempo, Federica Fracassi in "Otello", regia Andrea Baracco. Foto Gianluca Pantaleo Viola Marietti, Ilaria Genatiempo, Federica Fracassi in "Otello", regia Andrea Baracco. Foto Gianluca Pantaleo

da: William Shakespeare
regia: Andrea Baracco
traduzione e drammaturgia: Letizia Russo
con: Valentina Acca, Verdiana Costanzo, Francesca Farcomeni, Federica Fracassi,
Federica Fresco, Ilaria Genatiempo, Viola Marietti, Cristiana Tramparulo
scene: Marta Crisolini Malatesta
costumi: Graziella Pepe
luci: Simone De Angelis
musiche: Giacomo Vezzani
produzione: Teatro Stabile dell’Umbria con il contributo speciale della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli
Teatro Comunale di Casalmaggiore 1 febbraio 2024

www.Sipario.it, 11 febbraio 2024

Solo interpreti femminili per ”Otello”, regia di Andrea Baracco
Tutte bravissime, alcune con più ruoli, straordinaria Federica Fracassi nel ruolo di Iago
Sì: tutto in teatro è “falso”, pure sempre riguarda tutti noi

“Questa storia vi riguarda, e proprio noi vi faremo sentire più chiaramente il perché. I nostri corpi vi puliranno gli occhi, per accompagnarvi nel vostro stesso abisso”: Federica Fracassi parla al pubblico prima di diventare Iago, prima che ci si avventuri all’interno della storia, sì, ben nota, certo, ma che non deve rassicurare, confermare gli spettatori nelle loro certezze. Quasi una minaccia? Un “Otello” così diverso da creare turbamenti, squilibri, al punto da condurre chi guarda, chi ascolta, sull’orlo di un baratro a cui nessuno può sottrarsi? Quale il nuovo nucleo destabilizzante, il motivo di tanto sconvolgimento da far pensare quasi alla crudeltà artaudiana? Non basta che, in questa messa in scena di Andrea Baracco, tutti i ruoli siano interpretati da attrici, né la traduzione/ rielaborazione di Letizia Russo a tratti ardita, e neppure alcuni mutamenti radicali (Otello non si uccide, non muore): cosa dunque? 
Lo spazio geometrico, di un candore abbacinante, evoca un’eleganza antica, gli ingressi, che si svelano e si nascondono via via hanno un ritmo quasi musicale nel lasciare che l’azione segua il suo destino, quel percorso necessario definito da Shakespeare. “Qui tutto è falso. Peggio: finto. Ma quello che succede è vero. Perché riguarda ognuno di voi. Di noi”: così aveva detto la Fracassi pre-Iago, prima della famosa battuta “Io non sono quello che sono”. E’ la parola a dare forma a quanto accade, con Otello che affascina Desdemona narrando avventure trascorse, con Desdemona che vorrebbe essere l’uomo che ha affrontato tali straordinarie peripezie, con Iago che crea immagini sconvolgenti nella mente di Otello. Nel limpido palcoscenico, un disegno chiaro, le luci sempre perfette, alcune interpreti con più ruoli, i passaggi narrativi avanzano scanditi, pure, in tanta lucentezza, tutto di rigorosa eleganza, pulsa qualcosa di buio, di oscuro, destinato a produrre pensieri/ gesti di morte.
Sembra si vada cercando un’essenza di verità emotiva che vada oltre determinati condizionamenti: la scelta di sole attrici sembra nascere dal desiderio non tanto di capovolgere il modello shakespeariano, solo uomini in scena, quanto di sottrarre ogni facilità di lettura, di interpretazione, lo schema già definito, gli eventi di un tempo lontano, pura letteratura, il Moro di Venezia e la bionda Desdemona, l’odio e la gelosia, l’azione dentro lo spazio delimitato del palcoscenico. Rosso è il fazzoletto che passa in più mani, nero quello che copre il volto e indica la fine, la vita che si spegne. Si dondola in scena come per l’oscillazione del destino - e scende dall’alto, fluttuante, come un’altalena, il letto dove verrà soffocata Desdemona. L’abilità retorica di Iago aveva vinto, insinuato in Otello quel male che avrebbe condotto irresistibilmente alla catastrofe.
Anche i costumi sono destabilizzanti, elementi diversi accostati, anche se non manca la gorgiera: non c’è tempo e condizione sociale senza malignità, impossibile resistere alle insinuazioni, frenare l’impulso di uccidere?  Forse, unico motivo appena stonato, sono, in alcuni passaggi, le voci delle interpreti - del resto tutte bravissime - quando si trovano a urlare. Particolarmente curata nei costumi, nei gesti, Emilia, che per prima capisce e si rende conto della sua parte di colpa. Iago, scoperto, scenderà in platea, assente, trasognato: “non farmi domande, ormai conosci te stesso. Da questo momento, non dirò mai più una parola”. Quanto aveva dato il via a tutto il meccanismo - il verbo insinuante - si ferma all’improvviso: Iago non vuole spiegare. S’immagina non possa: così ambiguo è l’animo dell’uomo/della donna. Tutto lo spettacolo, di stupefacente bellezza, scorre veloce,  eccellente anche la scelta delle musiche - e non mancano, con presenza di microfono, alcune parti cantate. 
Lunghissimi gli applausi al Teatro Comunale di Casalmaggiore, il pubblico entusiasta, trovandosi infine forse anche a chiedersi come mai a teatro, dove “tutto è falso”, quanto accade in scena possa davvero riguardare tutti noi, parola di colei che stava per diventare iago, sempre straordinaria Federica Fracassi.

Valeria Ottolenghi

Ultima modifica il Mercoledì, 14 Febbraio 2024 06:17

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