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PELLICANO (IL) - regia Walter Pagliaro

Micaela Esdra in "Il pellicano", regia Walter Pagliaro Micaela Esdra in "Il pellicano", regia Walter Pagliaro

di August Strindberg
traduzione dallo svedese di Franco Perrelli
regia di Walter Pagliaro
scene e costumi di Luigi Perego
con Micaela Esdra, Gacomo Vigentini, Dalila Reas, Fabrizio Amicucci, Luisa Novorio
assistenti alla regia Ilario Grieco, Angela Bandini, assistente scenografo Luca Filaci
light designer Daniele Passeri, capo macchinista Alessandro Sevi
produzione Teatro Stabile di Abruzzo, Associazione culturale Gianni Santuccio, con la collaborazione di Fondazione Teatro San Domenico,
Crema, 28 gennaio 2017

www.Sipario.it, 6 febbraio 2017

Ci sono riverberi da Medea e Amleto nel testo di August Strindberg, Il pellicano, così come ci sono echi di un teatro che fu nell'allestimento di Walter Pagliaro: un viaggio inquietante e simbolico dietro un aspetto realistico alla scoperta delle falsità dei legami familiari. Il pellicano dell'autore svedese racconta di Elise (Micaela Esdra) che dopo la morte del marito, ancora in corso le esequie, svela il suo vero volto: quello di essere stata una madre crudele e avida che ha tenuto a stecchetto i figli Frederik (Giacomo Vigentini) e Gerda (Dalila Reas) che se non fosse stato per la serva (Luisa Novarolo) non sarebbero sopravvissuti al freddo della casa, al cibo d'aria, preparato dalla donna con la scusa delle ristrettezze economiche. La vedova ha ucciso psicologicamente il marito e intesse una relazione con il genero Alex (Fabrizio Amicucci), una relazione che fagocita il matrimonio della figlia e disvela la vera natura della donna, una sorta di mantide religiosa. Elise è una Medea borghese così come Frederik è una sorta di Amleto, a lui spetta far venire alla luce i misfatti della madre e accendere la consapevolezza dell'orrore familiare anche nella sorella.
Su tutto il plot aleggia un inquietante senso di sonnambulismo e una tensione ad alzare il velario sull'orrore di una vita familiare insanguinata e sanguinosa. L'esito di questo 'disvelamento' è inevitabilmente tragico, richiede la catarsi come in ogni tragedia che si rispetti in cui il sangue dei consanguinei è versato, un mattatoio di corpi e di anime. Così – come per molti dei drammi da camera di Strindberg – l'azione si chiude sul suicidio di Elise, sull'incendio che purificherà tutto, mentre i due fratelli si abbracciano e in un comune delirio tornano indietro ai ricordi dell'infanzia.
Walter Pagliaro gioca il doppio registro di questo 'svelamento' aprendo la scena su un interno borghese che poi si aggetta su una sorta di granguignolesco spazio di mattanza con teste di animali mozzate, una vasca insanguinata che prende il posto della bara dove troviamo distesa Elise all'inizio del dramma. Vita e morte convivono nell'allestimento di Pagliaro e nelle scene e costumi di Luigi Perego che strizzano l'occhio a certi b-movie dei morti viventi e a un gusto per l'orrido sul modello dei serial killer del Silenzio degli innocenti. Pagliaro carica la recitazione di Micaela Esdra che indossa una insolita parrucca e veste i panni di una donna di malaffare, mentre i figli emaciati, Gerda su una sedia a rotelle, il marito Axel sembrano dei morti che si destano dall'oltretomba. Non c'è pietà, c'è tanta disperazione in questo Pellicano un po' splatter che guarda con un po' di naïveté a certo teatro 'visionario' di fine anni ottanta, senza dimenticare la solida impostazione recitativa di gusto tradizionale che affonda le sue radici nella scuola di Orazio Costa, sporcata da una necessità di rendere ronconiani i caratteri di quei personaggi che si prestano ad essere fantasmi, incubi di un focolare domestico che si fa macelleria. In realtà ascoltando quanto si dicono i personaggi non ci sarebbe bisogno di questo caricamento di senso, le parole e il contesto sono di per sé potenti e angoscianti, ma Walter Pagliaro ha voluto usare l'evidenziatore, tradurre in immagini i peggiori incubi dell'ultimo Strindberg diviso fra misticismo ed esoterismo, in viaggio verso quell'Isola dei Morti che non è tappa, ma luogo di passaggio per aprirsi alla consapevolezza che l'Inferno è in terra e non in un oltremondo.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Lunedì, 06 Febbraio 2017 21:51

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