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PER NON MORIRE DI MAFIA - regia Alessio Pizzech

Sebastiano Lo Monaco in "Per non morire di mafia", regia Alessio Pizzech. Foto Margherita Mirabella Sebastiano Lo Monaco in "Per non morire di mafia", regia Alessio Pizzech. Foto Margherita Mirabella

di Pietro Grasso

con Sebastiano Lo Monaco
versione scenica Nicola Fano
adattamento drammaturgico Margherita Rubino
musiche Dario Arcidiacono
scene Giacomo Tringali
costumi Cristina Darold
luci Luigi Ascione
canti tradizionali Clara Salvo
regia Alessio Pizzech
organizzazione Santi Lo Monaco
responsabile di produzione Tiziano Pelanda
produzione SiciliaTeatro Associazione
al Teatro V. Emanuele di Messina dal 31 marzo al 2 aprile 2017

www.Sipario.it, 1 aprile 2017

Per non morire di mafia all'origine è un libro scritto da Pietro Grasso (ex magistrato e politico italiano e dal 16 marzo 2013 attuale presidente del Senato della nostra Repubblica) e da Alberto La Volpe (giornalista Rai, in particolare, in seguito pure lui politico) edito da Sperling & Kupfer, poi ad opera di Nicola Fano diventa un monologo teatrale messo in scena da Alessio Pizzech al Teatro Caio Melisso di Spoleto nell'edizione 2010 del Festival dei due Mondi, interpretato lucidamente e passionalmente da Sebastiano Lo Monaco, attore siciliano originario di Floridia. Uno spettacolo rappresentato, da quell'anno, un po' dovunque in Italia, approdato adesso al Vittorio Emanuele di Messina, salutato alla fine da consensi e applausi, lamentando Lo Monaco a sipario chiuso che in teatro c'erano molte poltrone vuote, non in questa misura quando lui ne era il direttore artistico una quindicina d'anni fa. E che ci vuoi fare caro Sebastiano! La crisi economica si fa sentire pure a Messina dove un biglietto in platea costa 35 Euro e nelle due galleria rispettivamente 25 e 12 Euro e una famiglia di tre o quattro persone non si può permettere questa spesa. Devo dire in verità che lo spettacolo, certamente superbo dal punto di vista civile-sociale-politico, utile per le giovani generazioni a capire (speriamo) ciò che è successo nel nostro paese, a partire dalla Sicilia, mi è sembrato un ripasso, un modo di rivivere e rivedere luoghi, personaggi, date e avere l'impressione che le nostre città erano diventate una sorta di Far West in cui il piombo e il tritolo si compravano con poche lire e magistrati, uomini di scorta, politici, giornalisti, morivano ammazzati con una ferocia inaudita. Sul nudo palcoscenico senza quinte e senza fondali, Lo Monaco avendo accanto una sedia e un tavolo con le foto di Falcone e Borsellino, sembra un professore che racconta e illustra in prima persona la vita di Grasso, utilizzando di tanto in tanto una lavagna stretta e lunga, simile a quella delle aule universitarie di chimica e fisica, per scrivere nomi e fatti di mafia. Ne viene fuori una figura normale d'un galantuomo che dopo la laurea in legge a 21 anni e essere diventato magistrato a 24, ha cercato di salvaguardare moglie e figlio, temendo che quest'ultimo all'età di 14 anni potesse essere sciolto nell'acido dal proprietario d'un campo di calcetto, amico del famigerato Brusca, trasferendo la famiglia fuori da Sicilia al tempo in cui si svolgeva il maxi-processo all'Ucciardone di Palermo e Grasso era giudice a latere. Se Falcone e Borsellino erano persuasi che per combattere la mafia era necessario conoscerla, Grasso aggiunge che per contrastarla è indispensabile avere la giusta percezione della sua pericolosità, scoperchiare i legami tra mafia e politica, sanare gli scontri all'interno della magistratura e promulgare leggi più risolutive. "Finché la mafia esiste bisogna parlarne, discuterne, reagire - dice Grasso - il silenzio è l'ossigeno grazie al quale i sistemi criminali si riorganizzano e la pericolosissima simbiosi di mafia, economia e potere si rafforza. I silenzi di oggi siamo destinati a pagarli duramente domani, con una mafia sempre più forte, con cittadini sempre meno liberi". Uno spettacolo di 75 minuti che fila via senza che la poltrona risulti scomoda grazie all'interpretazione vibrante di Lo Monaco che ci fa conoscere il lucido pensiero di un uomo che ha dedicato la sua vita per combattere la criminalità perché trionfi la legalità. Uno spettacolo infine che sollecita domande, analisi e una maggiore consapevolezza del fenomeno mafioso nella mente degli spettatori.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Mercoledì, 05 Aprile 2017 15:24

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