di Marco Archetti
con la collaborazione di Lella Costa e Gabriele Vacis
regia Gabriele Vacis, con Lella Costa,
scenofonia, luminismi e stile Roberto Tarasco,
produzione Centro Teatrale Bresciano, Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa,
al Teatro Sociale, Brescia, 5 dicembre 2019
La parola giusta è la parola che «sia nel pieno delle forze/ che sia tranquilla/ non sia isterica/ non abbia la febbre/ non sia in depressione/ in essa si può confidare»: sono questi alcuni versi della poesia di Ryszard Kapuscinski, Taccuino d'appunti. Ed è come un foglio di taccuino quello che insieme al programma di sala de La parola giusta di e con Lella Costa viene consegnato al pubblico del teatro Sociale con in cima: Brescia, 28 maggio 1974... oggi: e poi lo spazio per scrivere. La richiesta agli spettatori è quasi una preghiera laica, un modo per condividere memoria: il ricordo dell’attentato di piazza della Loggia. Ma la memoria da condividere è anche quella della bomba di piazza Fontana a Milano, il 12 dicembre 1969, 50 anni fa.
La parola giusta non è solo uno spettacolo – spiega l’attrice – ma è anche un progetto di condivisione della memoria e dei fatti. La parola giusta è il racconto/testimonianza che Lella Costa incarna con sacerdotale impegno civile, racconto composto da Marco Archetti in cui la testimonianza della protagonista, una ragazza 17nne, fidanzatina di Antonio, bancario di 19 anni diventa emblematica. Lo sbarco sulla luna, il futuro di chi allora aveva 17 anni, quel primo amore con Antonio, l'impegno politico, la voglia di cambiare il mondo sono i tasselli di un’esistenza gravida di aspettative infranta da quell'attentato.
La parola giusta è quella che manca per descrivere quell'orrore, è quella che si cerca per dire di un'utopia infranta, la parola giusta è quella che è necessaria per essere e non dimenticare. Lella Costa - diretta da Gabriele Vacis - conferma le sue doti di attrice/narratrice, lo fa con passione, ma soprattutto incarna con forza un'adesione senza sé e senza ma a quella sinistra, a quel marxismo utopistico che immaginava la rivoluzione del proletariato nel segno di una giustizia più giustizia, di un benessere più benessere per tutti, di un mondo in cui il sol dell'avvenire era un domani gravido di equità e solidarietà. Quei valori per Lella Costa sono ‘la parola giusta’ e lo dice, lo pretende, chiede di accendere le luci in sala e afferma: «la bomba in piazza Fontana la misero i fascisti, non le Brigate rosse che sarebbero nate un anno dopo». Buio.
Lo spettacolo, prodotto dal Centro Teatrale Bresciano e dal Piccolo Teatro di Milano, è un oratorio laico che parte dalla strage di piazza Fontana e approda a piazza della Loggia. Gli ombrelli che scendono e riempiono il boccascena sono gli ombrelli della piovosa piazza della Loggia, sono gli ombrelli su cui scendono le lacrime delle vittime, su cui scivolano le utopie di un’Italia che dallo scoppio di piazza Fontana non poté essere più la stessa ed entrò nella Notte della Repubblica, per rifarsi al celebre programma di Sergio Zavoli. In tutto questo Lella Costa è fedele a se stessa, è quello che ci si attende da lei, è un tribuno che ha la fortuna di continuare a credere in utopie che fanno mondo, quando questo mondo è cambiato, magari ha messo in crisi quelle stesse utopie. Ma l’utopia è un non luogo, è uno spazio della mente, è un ideale, a quello si dedica da sempre Lella Costa, narratrice dell’impegno sociale, narratrice a fianco delle donne, narratrice pungolo della memoria e oggi collettrice di memorie sugli attentati che diedero il via e costellarono gli anni di piombo. L’applauso nella Brescia di piazza della Loggia non può che essere partecipe e sentito.
Nicola Arrigoni