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PLATONOV - regia Marco Lorenzi

"Platonov", regia Marco Lorenzi "Platonov", regia Marco Lorenzi

regia di  Marco Lorenzi
con Michele Sinisi, Stefano Braschi, Roberta Calia, Yuri D’Agostino,
Barbara Mazzi,  Elio D’Alessandro, Stefania Medri, Angelo Maria Tronca,
adattamento Lorenzo De Iacovo e Marco Lorenzi,
regista assistente Anne Hirth,
style e visual concept Eleonora Diana,
disegno luci Giorgio Tedesco,
costumi Monica Di Pasqua,
foto Manuela Giusto,
una produzione Elsinor Centro Di Produzione Teatrale,
Festival delle Colline Torinesi – Torino Creazione Contemporanea, TPE-Teatro Piemonte Europa
con il sostegno di La Corte Ospitale – Progetto Residenziale 2018,
in collaborazione con VIARTISTI per La Residenza al Parco Culturale Le Serre,
al teatro Comunale, Casalmaggiore, 14 dicembre 2019

www.Sipario.it, 20 dicembre 2019

Ogni spettacolo vive e si perfeziona nello sguardo degli spettatori. E in Platonov di Cechov, messo in scena da Il Mulino d’Amleto, gli spettatori sono stati chiamati non solo ad assistere, ma a vivere quella festa che si compie nella residenza estiva di Anna Petrovna, festa che si svolge a sorsi di vodka, la stessa vodka offerta all’ingresso del teatro. Si sa il tempo e lo spazio della festa sono posti fuori dal quotidiano, né più né meno del teatro, offrono uno sguardo sull’abisso dell’anima ed è per questo che gli sguardi degli attori spesso interrogano quelli degli spettatori, fino a cercare una prossimità fisica scendendo in platea. Questo è quanto accade in Platonov, testo giovanile di Cechov, che il regista Marco Lorenzi e il drammaturgo Lorenzo De Iavoco hanno adattato, asciugato facendo emergere l’eco del Cechov dei grandi capolavori: Zio Vanja, Ivanov, Il Gabbiano, Il giardino dei ciliegi, Le tre sorelle.
Platonov è soggetto di infelicità e oggetto della fame di felicità che investe tutti i personaggi. Platonov è alle prese con la vita che avrebbe potuto vivere, è colui che sembra poter promettere o semplicemente incarnare quella realizzazione di felicità, almeno nelle attese degli altri personaggi. Platonov, infatti, è il marito di Sasa (Stefania Medri) e per lei è la felicità, Platonov è l’amico di gioventù di Sof’ja (Barbara Mazzi) che ritrova dopo anni, con cui cerca di recuperare quella relazione mai compiuta. Platonov è atteso come un padre da Vojnicev (Elio D’Alessandro) aspirante regista, figura che anticipa Kostja del Gabbiano. E ancora Porfirji (Stefano Braschi) è innamorato e rifiutato da Anna, così come il figlio (Angelo Tronca) è un giovane medico inadatto e insoddisfatto della sua professione. Mentre Osip, ladro e assassino, interpretato da Yuri d’Agostino, ha qualcosa di istintuale che mette con le spalle al muro Platonov.
In quella festa estiva la felicità è il convitato di pietra, è un ricordo del passato, è una speranza per il futuro, è un invito a partire in cerca di chissà quale cambiamento, è l’interrogativo: «Perché non viviamo come avremmo potuto?». Tutto ciò per Marco Lorenzi si compie in un gioco teatrale svelato, si compie in un presente che vive di apnee, si compie nello sguardo dietro una vetrata, si compie nel comparire di una pistola che vorrebbe essere risolutiva, si compie negli abbracci ripetuti, in una felicità agognata fatta di improvvise accensioni di euforia così come di altrettanti repentini scivolamenti in un abisso di tristezza e apatia. In tutto questo Platonov di Michele Sinisi ha qualcosa di sporco, di carnale, è l’impossibilità di essere felici che si offre allo sguardo degli altri, è l’incapacità o la non volontà di essere fedele a se stesso, di essere uomo, verrebbe da dire, responsabile. Sinisi fa del suo Platonov una figura calda e sfuggente, una sorta di satiro cui spetta il compito di alzare il velario sull’infelicità dell’esistenza. 
La regia di Marco Lorenzi gioca l’intero plot su atmosfere eccitate e sospese, su una fisicità attoriale che punta ad un insistito equilibrio fisico/mimico in precaria stabilità… Assistendo a Platonov lo sguardo si perde e va in cerca di una felicità teatrale che collima con le atmosfere sospese, gli abbracci reiterati, le danze insistite, i sorrisi stirati del teatro di Eimuntas Nekrosius. Verrebbe da pensare: ma quanto ha amato Nekrosius  Marco Lorenzi? Ma forse questo interrogativo sta solo nelle sguardo di chi scrive e nel sentirsi orfano di un maestro… in cerca di quella felicità estetica ed estatica che il grande regista lituano sapeva regalare. In tutto ciò Platonov de Il Mulino d'Amleto’ è un bel Cechov che legge l’autore russo con leggerezza straziante l’insostenibile leggerezza della vita, proprio come sapeva fare Nekrosius. 

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Sabato, 21 Dicembre 2019 23:03

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