di Eschilo
Traduzione di Roberto Vecchioni
Regia di Leo Muscato
Interpreti: Silvia Valenti, Davide Paganini, Michele Cipriani, Alessandro Albertin, Alfonso Veneroso, Deniz Ozdogan, Pasquale di Filippo
Coro delle Oceanine. Responsabile del Coro: Elena Polic Greco
Drammaturgo: Francesco Morosi
Scena: Federica Parolini
Costumi: Silvia Aymonino. Musiche: Ernani Maletta
Direzione del Coro: Francesca Della Monica
Coreografie: Nicole Kehrberger
Luci: Alessandro Verazzi. Assistente alla regia: Marialuisa Bafunno
Direttore di scena: Mattia Fontana
Produzione Fondazione INDA di Siracusa
Teatro greco dall’11 maggio al 4 giugno 2023
Se del Prometeo di Eschilo ricordate che giaceva incatenato su una rupe della Scizia con un’aquila che gli mangiava il fegato, scordatevi questa immagine, perché adesso, nella messinscena innovativa e distopica di Leo Muscato al Teatro greco di Siracusa, con la fresca traduzione del noto cantautore nonché professore di greco Roberto Vecchioni, il personaggio ribelle, reo d’aver rubato il fuoco agli dei e averlo donato al genere umano, impersonato da Alessandro Albertin, è stato imprigionato in alto su una ferrosa ciminiera rossastra con scala a chiocciola (la scena è di Federica Parolini), dopo essere stato incappucciato e trascinato a piedi da un carro ferroviario che si muove cigolando lentamente lungo una breve rotaia, dopo essere sbucato fuori da una pesante cancellata arrugginita e giungere su una scena simile a quella che può intravedersi in qualche settore abbandonato della vicina raffineria di Augusta, intorno alla quale giacciono inservibili vecchi silos, pezzi di fumarole, larghe tubature ferrose che confluiscono in una cisterna, assumendo il paesaggio una struttura simile alla terra desolata di Eliot. C’è anche da dire che i carcerieri di Prometeo con occhiali da ferraioli sul viso sono la Bia di Silvia Valenti che si muove a piedi lungo quella rotaia, mentre sul carro stazionano Kratos e Efesto (Davide Paganini e Michele Cipriani) due manovali al servizio di Zeus, forniti di bombole utili a saldare vari elementi in fondo al binario e pure i ceppi di Prometeo il cui lavoro è eseguito dal solo Efesto che fa schizzare scintille tutt’intorno. Ciò che invece fa saltare in aria le migliaia di spettatori della cavea sono le taglienti scosse elettriche che si diramano lungo i vari segmenti ferrosi del fondo scena disposti a X e contornati da neon che s’accendono ogni qual volta si pronunzia il nome di Zeus. Credo pure, viste le cattive condizioni del meteo, che al Prometeo di Albertin, che se ne sta pressoché nudo per 90 minuti, con le catene alle braccia e ai piedi, vestito solo d’uno straccetto attorno alla vita, verranno forniti degli abiti più pesanti, altrimenti non potrà completare le repliche sino al 4 giugno. Come è noto il Prometeo incatenato è la prima parte d’una trilogia che comprendeva il Prometeo liberato e probabilmente il Prometeo portatore del fuoco, quest’ultime due andate perdute o restano solo alcuni frammenti di cui s’intuisce cosa potrebbe accadere. Intanto questa prima parte è una tragedia in cui sono coinvolti solo dei e in quanto tale Zeus, non può permettere che qualcuno possa fare di testa sua, ne sminuirebbe la sua leadership e qualche altro potrebbe pensare di prendere il suo posto nel regno dell’Olimpo. E dunque punisce Prometeo per aver donato il fuoco agli uomini con troppa benevolenza e non sente le ragioni del Titano che si lamenta per una pena ingiusta e per essere stato abbandonato in un luogo da brividi. In suo aiuto arriva il Coro delle Oceanine agghindate con abiti firmati da Silvia Aymonino che sfilano i loro corpi, i cui colori grigi degradano verso il nero con una doppia coda, capitanate da Oceano (Alfonso Veneroso) che gli consiglia di sottomettersi a Zeus. Sopraggiunge pure Io, la donna-vacca, della brava Deniz Ozdogan, altra vittima della violenza di Zeus, che per un assillo impostole da Era è costretta a un continuo errare raccontando le sue sventure. Prometeo capisce che questa donna con due corni in fronte possa rappresentare la fine dei suoi mali, per la stirpe che nascerà da lei, in particolare Eracle che sarà il suo futuro liberatore. Giunge infine Ermes, quello che Pasquale di Filippo interpreta girovagando anfetaminicamente tra quelle ferraglie, somigliante al Joker di Jared Leto per voce e fattezze fisiche, cercando di strappare con lusinghe e minacce il segreto che Prometeo tiene nascosto e che potrebbe far perdere il trono a Zeus solo se sposasse Teti. Chiaramente Prometeo non gli rivelerà nulla sfidando impavidamente le saette di Zeus che lo inabisserà tout court nel Tartaro. Voglio ancora ricordare la posizione scomoda del povero Albetin che riesce a essere un Prometeo vigoroso dalla voce chiara e possente, credibile sino alla fine quando verrà subissato da infiniti applausi e con lui tutto l’ottimo cast, comprese le musiche cupe e astratte di Ernani Maletta.
Gigi Giacobbe