di Jean-Marie Besset
Regia: Giampiero Cicciò
Interpreti: Giampiero Cicciò, Salvatore Palombi, Andrea Luini, Matteo Romoli
Produzione: Fondazione Teatro Vittorio Emanuele di Noto in coproduzione con Taormina Arte, in collaborazione con Face a face – Parole di Francia per scene d'Italia
Milano, CRT Salone dal 16 al 19 febbraio 2012
Il tema del rapporto tra madre figlio, e le implicazioni che questo possa avere nell'orientamento sessuale, non è proprio una bazzecola, e l'idea di trattarlo in una piece teatrale farebbe tremare le vene e i polsi a chiunque. Non a Jean-Marie Besset, drammaturgo francese insignito di premi prestigiosi, attualmente direttore del Théâtre des Treize Vents; i suoi testi, tuttavia, prima d'ora non erano mai stati tradotti né rappresentati in italiano. Anche per questa ragione, è meritoria l'iniziativa del Teatro di Noto e della piccola compagine che ha messo in scena Perthus.
Il testo, che alterna scene di forte tensione drammatica a momenti comici, si prestava a diverse possibili letture. La scelta, discrezionale ma non peregrina, di Giampiero Cicciò, anche interprete dello spettacolo assieme a Salvatore Palombi, Andrea Luini, e Matteo Romoli, privilegia il versante grottesco.
I personaggi sono due donne malmaritate e i loro due figli maschi, ma è nella restituzione delle due figure femminili, interpretate dallo stesso Cicciò e da Palombi, che la scelta registica è più esplicita. Non si può, tuttavia, parlare di attori en travesti: i due personaggi vestono infatti, ambedue, un sobrio completo maschile grigio ferro, e solo dopo qualche battuta, con uno spiazzante coup de théâtre, si rivela la loro natura di madri, e si scopre che indossano scarpe da donna (un paio, addirittura dal periglioso tacco a spillo): due icone inquietanti e quasi mostruose (ambedue baffute, una anche barbuta) che, nella sostanziale inconsistenza o latitanza delle figure paterne, sopperiscono a quel ruolo. L'evolversi dell'amore problematico e sconvolgente, ancorché platonico, ma non ricambiato, del giovane Paul per il seducente Jean-Louis è trattato con leggerezza e pudore, appena velato di ironia, ma con attenzione ai suo risvolti dolorosi e drammatici. È invece sulle due madri, sul rapporto morboso che le lega ai figli, investiti della responsabilità di compensare le loro frustrazioni esistenziali ed affettive, che si appuntano gli strali satirici, a un tempo feroci e spassosi, dello spettacolo, che assume, nel sottofinale, i modi del vaudeville, con un gustoso balletto delle due donne e una canzoncina cantata dal vivo. Due figure che, se da un lato ricordano la yidische mame delle storielle ebraiche di Moni Ovadia, sembrano anche parenti prossime delle due madri borghesi di Non sparate sulla mamma, di Carlo Terron.
La duplicità insita nel testo è peraltro sottolineata anche da una colonna sonora che alterna la severità di Bach e Beethoven a deliziose canzoni francesi (ah, la voce di Jeanne Moreau!), creando un felice contrappunto al porgere attorale: efficacemente realistico nei due ragazzi (Luini, e Romoli), grottesco e quasi espressionista nelle loro madri.
Per concludere, una notazione non propriamente teatrale, ma etica e civile. In una stagione in cui, durante un evento teatrale e televisivo che ha totalizzato uno share da grandi occasioni, due comici prendono di mira con umorismo sbracato la diversità sessuale, suscitando il plaudente tripudio di un pubblico di Vip, Perthus ha il pregio di indurre nello spettatore, su quello stesso tema, qualche riflessione non banale. Scusate se poco.
Claudio Facchinelli