Drammaturgia e Regia Gabriele Vacis
Scenofonia e Allestimento Roberto Tarasco
Coordinamento artistico Salvatore Tramacere
con Irina Andreeva (BG), Alessandra Crocco, Aleksandra Gronowska (PL), Anna Chiara Ingrosso, Maria Rosaria Ponzetta, Simona Spirovska (MK)
Assistente alla regia Carlo Durante
Produzione Cantieri teatrali Koreja nel' ambito del progetto Archeo.s, finanziato dal programma di Cooperazione Transfrontaliero IPA Adriatico.
Lead Beneficiary Teatro Pubblico Pugliese
Teatro della Società di Lecco, 24 maggio 2013
Il teatro di narrazione di Gabriele Vacis imprime sul pubblico del Teatro della Società di Lecco, un' impronta di memoria comune sotto cui si celano sei differenti storie: crude, spietate testimonianze a carattere fortemente identitario attraverso cui sei distinte e giovani ragazze, provenienti da nazionalità diverse, rivelano, ognuna, ricordi stretti al 'Padre', figura paterna e alla propria Patria, emaciata, nei secoli, da guerre e violenze, silenzi e tradimenti.
A sostenere le impalcature di questa nuova produzione è Koreja; il "Teatro dei Luoghi" di Aredeo, le cui esigenze di Cantiere Teatrale del Sud salentino, si affinano a quelle di una politica d' innovazione e di confronto fra le diverse generazioni e radici culturali straniere, di Archeo.s: progetto comunitario guidato dal Teatro Pubblico Pugliese, che consocia siti di grande interesse culturale quali Italia, Albania, Croazia e Grecia.
Le interpreti Irina Andreeva, Aleksandra Gronowska e Simona Spirovska, lasciano i loro paesi d' origine quali Macedonia, Albania e Polonia e giungono al nostro pubblico per svelare, con fermezza, i disegni del Comunismo storico vissuto in prima persona, per cui recepito più chiaramente ai nostri occhi; mentre dal profondo Sud della penisola italiana Anna Chiara Ingrosso, Alessandra Crocco e Maria Rosaria Ponzetta rivelano i segreti della loro tanto amata quanto odiata terra del Meridione in un alternarsi di racconti di famiglia, di incontri amorosi e tuffi in mare.
Elette da Vacis come inestimabili portavoci di storie 'comuni' di rapporti tra padri e figlie, con ironia e a tratti con rabbia incalzante, raccontano, a turno, supportate dalle compagne che traducono in lingua inglese, le loro intime vicende; trame umane lancinanti, in cui la figura e parola 'Padre' primeggia, assieme a quella di Patria, sulle altre, quasi insignificanti voci.
A condurle in questo viaggio di migrazione, in luoghi d' infanzia, che lo spettatore può soltanto immaginare poiché accennati scenograficamente, sono i ricordi, le loro tristi memorie di
figlie-non più figlie, di padri intransigenti e insensibili, per mezzo delle quali il tempo e lo spazio scenici si dilatano, dando respiro a gesti convulsi e turbolenti che denotano un' insofferenza al richiamo dei ricordi paterni.
Eredità e passato dispiegano i veli della discordia e allora si dimenano, furenti, nel corpo femmineo che sembra chiedere pietà, pronto a sobbalzare e infine incrinarsi ad ogni eco metallica della voce, mentre legge email destinate a un padre assente, o al seguitare di piroette sulla spiaggia e alla mente di incontri inaspettati di fidanzati invisi agli occhi del padre.
La drammaturgia è ricca di musica che accompagna gli animi in rivolta, di immagini storiche del Comunismo proiettate sul piccolo schermo alle loro spalle e di costumi luccicanti, a vista, pronti per essere indossati alla bisogna. Non soltanto di parole.
La parola serve a invocare sensazioni, emozioni e a denunciare la Patria che sembra non aver mantenuto, proprio come i padri, le sue promesse.
Brevi momenti di gaudio per cui le ragazze sembrano riconciliarsi con il presente, vengono travolti dai loro corpi che piangono e urlano i loro sensi di colpa per non essere riuscite a mostrarsi perfette agli occhi del loro padre.
Decidono allora di scagliarsi contro barriere, divenute simbolo del passato e della figura paterna, di bottiglioni di plastica, privi di acqua; il principio vitale che penetra le cose e le mantiene in vita .
Ma ad ogni cedimento, esse ricompongono con premura nuove barriere, altri mutevoli percorsi nei quali muoversi e raccontare, in cerca di bandoli da disfare; quasi a voler sfidare il tempo che inesorabilmente schiaccia, asfissia la memoria ma non ne cancella le tracce, poiché, come ribadisce qualcuno 'chi dimentica il passato è condannato a riviverlo'.
La profonda e sincera carica emotiva oltre all' autenticità dei linguaggi espressivi di Ola, Simona, Irina, Anna Chiara, Alessandra e Maria Rosaria guida lo spettatore all' Ascolto, abituandolo a un sentire comune, indentitario che unisce le persone e le induce a confrontarsi e superare la paura dell' altro; prerogativa della società umana odierna, cui l' urgente domanda "Quanto mi resta da vivere così?", espressa da Alessandra al proprio padre calza perfettamente.
"Ecco abbiamo il dovere di non omettere la conoscenza del dolore, abbiamo il dovere di tramandare. la cultura ha questo dovere"
Angelica Greppi