di Arthur Schnitzler
traduzione, adattamento e regia Federico Tiezzi
con Sandro Lombardi e Alessandro Marini
violoncello Dagmar Bathmann
percussioni Omar Cecchi
percussioni Niccolò Chisci
Roma, Teatro India, 28 Novembre-10 Dicembre 2017
Il ritorno di Casanova di Schnitzler, mercé la riduzione di Federico Tiezzi, sveste i panni da romanzo per indossare quelli di commedia, andando in scena in questi giorni al Teatro India di Roma.
Questo piccolo gioiello della letteratura mitteleuropea, le cui vicissitudini dell'invecchiato e celeberrimo amatore veneto alle prese cólla sua manía di voler sedurre una giovane ragazza: questo romanzo intarsiato di silenzi popolati da chiacchiere di pensieri dei protagonisti, di ammiccamenti, camuffamenti, ambizioni nascoste, ipocrisie, odii velati, notturne sortite segrete in case per consumare ore di intensa e impudica passione, rapide e circospette fughe intrise dal terrore d'esser spiati e colti in flagrante: come rendere tale orditura di colori simili ai migliori dipinti della tradizione veneta? Come trasporre sulla scena quel contrasto di luce e ombra, verità e menzogna, piccineria e meschineria umane che intessono il racconto di Schnitzler?
Queste particolarità, nella versione teatrale del Ritorno di Casanova, si percepiscono appena e vengono poste un po' sullo sfondo. Tiezzi nella necessità di conferire agilità drammaturgica a un racconto tutto imperniato su allusioni e congiure dei personaggi, ciascuno a danno dell'altro, si concentra sull'aspetto avventuroso della storia: la conquista – meschina ed ipocrita – di Casanova contro la volontà della giovane altèra, fine sapiente e fintamente austera Marcolina.
È Sandro Lombardi a impersonare il noto amatore Giacomo, che entra in scena tossendo, con passo claudicante da malato di gotta. Ha un colorito ceruleo, sopracciglia e labbra marcate che ne accentuano la vecchiezza. Veste abiti scuri e porta una grigia parrucca sulla testa. Un malconcio Casanova che però, nel raccontare le vicissitudini della conquista di Marcolina, prima di rientrare a Venezia dopo un lungo e forzato esilio a seguito della sua evasione dal terribile carcere dei Piombi, si rianima come ritrovando nel ricordo una debole fiamma che ancora è capace di dar vita ad ormai smorte membra.
La scena è spettrale, popolata da spenti candelabri poggiati su scheletrici piedistalli in metallo. Al centro un tavolo e due sedie del Settecento. Un fondale diafano e, nei pressi delle quinte, tre musicisti che sottolineano i mutamenti di climax della narrazione di Casanova. Racconto che, nella lettura sceneggiata di Lombardi, avvince e carpisce l'attenzione del pubblico.
Il suo Giacomo strabuzza gli occhi, muove la bocca esasperando i lineamenti di questo penoso e vecchio amatore, muta tono e ritmo mentre riferisce i fatti accadutigli. Giunto all'apice della vicenda, Lombardi esce dal personaggio con movenze da marionetta. Smette l'ingrigita parrucca, inforca esili occhiali, prende in mano un tomo e legge la conclusione del racconto di Schnitzler, laddove un Casanova ormai ridotto a far da spia per conto della Repubblica veneta pur di farvi ritorno, si addormenta in una desolata locanda cadendo in un sonno miserrimo, privo di sogni. Dio mio!
Pierluigi Pietricola