da William Shakespeare
adattamento Ármin Szabó-Székely
traduzione Tamara Török
con Paolo Pierobon, Matteo Alì, Stefano Guerrieri, Manuela Kustermann, Lisa Lendaro, Nicola Lorusso,
Alberto Boubakar Malanchino, Elisabetta Mazzullo, Nicola Pannelli,
Marta Pizzigallo, Francesco Bolo Rossini, Jacopo Venturiero
e con, in video, Alessandro Bonardo, Tommaso Labis
regia Kriszta Székely
scene Botond Devich
costumi Dóra Pattantyus
luci Pasquale Mari
suono Claudio Tortorici
video Vince Varga
assistente luci Gianni Bertoli
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Teatro Stabile di Bolzano
Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale
Nello spettacolo è presente una scena di nudo
Teatro Carignano, Torino dal 7 al 26 marzo 2023
La tragedia del potere, della malvagità e dell’arrivismo senza scrupoli; dei delitti e tradimenti, dei morti ammazzati a catena. C’è tutto, dal simbolo della corona alla battuta famosissima «Il mio regno per un cavallo»: ogni elemento che nell’immaginario collettivo richiami il Riccardo III di William Shakespeare. In più, in questo adattamento firmato da Ármin Szabó-Székely, per la regia di Kriszta Székely (in scena al Teatro Carignano di Torino, dal 7 al 26 marzo 2023), arde e freme una riscrittura attualissima, ironica, affilata come una lama; una satira feroce e sanguinaria, proprio come la sete di potere del protagonista.
Riccardo III è quello di sempre: il freak, il deforme, il minorato ed emarginato, il “diverso” che detesta il prossimo, a cominciare dai consanguinei; che si vendica degli altri, che è affamato di rivalsa, senza alcuna pietà, fino alla deriva più folle e autolesionista. Le novità, però, intorno a lui nella messinscena degli Székely sono molteplici: l’usurpatore, il congiurante e il fratricida diventa un leader, un dittatore in cerca di gloria attraverso sondaggi, blog e social network su cui diffondere fake news (per gettare fango sui rivali). Non conta l’essere, ma l’apparire: non importa cosa si fa, ma come lo si comunica. E così la visione del bene comune da parte di chi governa diventa estremamente relativa e discutibile: oggi come ieri, a mutare sono solo le condizioni e i mezzi.
La lezione di Riccardo III è dunque universale, valida sempre, oltre il tempo e i luoghi: questo ultimo allestimento è glamour, contemporaneo, patinato come la copertina di un magazine, chiassoso e strillato come un talk show televisivo. Per alcuni versi, oscuro come un brano di musica techno. È cinico e sguazza nel dolore delle vittime, seguendo la scia del cosiddetto infotainment (sorta di minotauro moderno, a metà tra informazione e intrattenimento) cui oggi i media ci abituano tristemente.
Le luci e le interazioni con immagini proiettate rendono questo Riccardo III tecnologico e scattante, interattivo e provocatorio: esaltante la performance di tutti gli attori in scena. La regista ungherese Kriszta Székely, dopo aver affrontato lo Zio Vanja di Čechov, torna al Teatro Stabile di Torino con questa specie di parabola sulla miseria umana: come una preghiera, che sembra lasciare ben poca speranza.
Giovanni Luca Montanino