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RICORDA CON RABBIA - regia Luciano Melchionna

Ricorda con rabbia Ricorda con rabbia Regia Luciano Melchionna

di John Osborne
regia Luciano Melchionna
con Stefania Rocca, Daniele Russo, Angela De Matteo, Marco Mario De Notaris
scene Francesco Ghisu
costumi Michela Marino
produzione Teatro Bellini – Teatro Stabile di Napoli
Teatro Verdi di Pisa, 12 gennaio e 13 gennaio, 2013 Prima Nazionale

www.Sipario.it 14 gennaio 2013

Erano gli anni Cinquanta; frustrazione e smarrimento serpeggiavano tra gli artisti e gli scrittori inglesi: alcuni di questi furono chiamati "giovani arrabbiati", angry young men, per le loro storie veementi e il loro stile asciutto, in certi casi provocatorio oppure "sperimentale", come ama dire qualcuno. Del gruppo faceva parte il giovane John Osborne, che a 27 anni si rivelò al pubblico londinese con questa pièce in tre atti, Look back in anger, il cui successo rimase ineguagliato nella sua carriera di drammaturgo.
Nel magazzino di un negozio di elettrodomestici (la scena è invasa da frigoriferi, lavatrici, cucine e imballaggi, su cui piombano luci dai colori ferrosi), adattato a residenza di fortuna, il malmostoso e spiritato Jimmy Porter (Daniele Russo) scarica sulla moglie Alison (Stefania Rocca) il peso dei propri fallimenti, mentre l'amico Cliff, affezionato a entrambi, cerca di mediare tra i due. La diversa estrazione sociale dei giovani coniugi (lei proviene da una famiglia benestante, lui è un esponente della working class ma si vuole disancorato dalle regole del sistema sociale) è l'argomento pretestuoso che rinfocola la disillusione e l'impotenza di Jimmy, rovesciandosi nella sua ingiustificata aggressività. L'arrivo di un'amica di Alison, la provocante attrice Helena (Angela De Matteo), complica la situazione iniziale fino a sovvertirla: Alison, incinta, torna nella casa dei genitori, mentre Jimmy avvia un'insoddisfacente relazione con l'amica, rompendo anche l'amicizia con Cliff. La circolarità del dramma si chiude con il ritorno di Alison, che ha perso il bambino che aspettava, e con la riconciliazione finale, lasciando immaginare che l'esperienza del dolore, finalmente condiviso, faccia da antidoto al veleno farisaico di Jimmy.
Luciano Melchionna (reduce dal successo dirompente del progetto dal titolo Dignità Autonome di Prostituzione) comprime e attualizza il testo di Osborne con i corretti dosaggi nella calibratura dei personaggi; soprattutto si fa apprezzare la scelta di non speculare sull'equivalenza non facilmente dimostrabile tra la fase storica in cui il dramma fu scritto, in cui ogni rapporto poteva dirsi imbevuto nell'acido della lotta di classe, e la nostra contemporaneità. Il peso di ideali troppo onerosi grava sulla dimensione affettiva e privata dei personaggi, situazione forse insostenibile, come sembrano provare i toni spigolosi che Russo e la Rocca assegnano loro. Nonostante vi sia ancora qualcosa da registrare, la solidità dei quattro attori non viene mai meno, ed è particolarmente convincente la prova di Marco Mario De Notaris nella parte del tiepido e bonario Cliff. Meritevoli per l'audacia e l'intensità lancinante gli inserti musicali che dividono le scene, in coerenza con il pathos dell'intreccio, sempre sostenuto, e con la diversa segmentazione del testo drammatico (dai tre atti dell'originale ai due tempi della messinscena).
Quasi due ore di spettacolo, ben ripagato dal pubblico del Teatro Verdi di Pisa.

Carlo Titomanlio

Ultima modifica il Lunedì, 23 Settembre 2013 13:31

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