di Giovanni Testori
con Evelina Rosselli
realizzazione maschere e marionette Caterina Rossi
disegno sonoro Franco Visioli
disegno luci Fabio Sajiz
produzione esecutiva PAV
con uno sguardo di Antonio Latella
con il sostegno di AMAT, Comune di Pesaro
regia GRUPPO UROR
77.mo Ciclo di Spettacoli Classici
Vicenza, Teatro Olimpico, 5 ottobre 2024
La massiccia prosa di Giovanni Testori, autore a mio parere sempre troppo poco rappresentato, esplode in tutta la sua intensità nel terzo spettacolo dei Classici al Teatro Olimpico, a Vicenza, ritornando al mito dell’Orestea. SdisOrè. Si dice Oreste, in un mirabolante dialetto contaminato dal latino e altro, e si ci rimette su quei binari storici di Eschilo, in una rivisitazione sorprendente e quasi metafisica dell’eroe. Artefice dell’operazione, Evelina Rosselli, attrice e performer, che in questa occasione usando maschere e marionette dà voce possente a quattro personaggi, la reghina, el rex, Eghistòs, Elèttriga. Il linguaggio testoriano, una lingua decisa, si esprime con forza, e dona allo spettacolo coerenza con il progetto Montanari e Martinelli (i curatori della rassegna dei Classici), esplorazione della voce, singolare e plurale come Coro. Ispirato all’Orestea, lo spettacolo diretto da Gruppo Uror si presta a concrete visioni spazianti, e a sode, tenaci dichiarazioni senza peli sulla lingua, in quella magnificenza testoriana che sono i suoi lavori, dove tra il resto la violenza e l’erotismo raggiungono importanti traguardi della parola, verbali. I quattro personaggi classici si intersecano fra loro pur dimostrando una semi autonomia e un diretto coinvolgimento l’un con l’altro nella tragedia, che qui diventa anche a tratti occasione ironica drammaturgicamente. Una versione originale e sorprendente ancor oggi, a distanza del momento di quando fu scritta dal grande autore, che mescola dialet lumbard e richiami grotteschi e ben narrabili che proprio grazie alla spregiudicatezza e all’ironia sofferta di Testori, e quindi dei suoi personaggi già sofferenti nella tragedia eschilea danno man forte a tutta l’operazione. Le maschere e le marionette che Evelina Rosselli usa e riusa, compie e fa vivere connotano una visione a tratti spiazzante dell’Orestea, ed è qui la forza unita alla potenza dello spettacolo. Eschilo, Testori, Rosselli e Rossi diventano un tutt’uno, un’elaborazione riscritta e inneggiante a certi temi, cari ai due autori, antico e moderno. Lo afferma la stessa ambientazione, che fa intravedere la pianura (sempre lumbard) del mondo testoriano tanto affascinante e irto, lo fa vedere anche l’impeto recitativo di Evelina Rosselli in una prova caratteriale di spessore. La tragedia, se non fosse per la presenza dell’attrice che si fa voce e corpo diretto nel rapporto con lo spettatore, si può anche, volendo, ascoltare a occhi chiusi e ben ci si immaginano gli eventi e gli omicidi, il sangue che scorre, l’Elettra-Elèttriga vulcanosa e acidula, storie del mondo antiche e da venire, ripetendosi. E nella prosecuzione drammaturgica si intravedono Fo e De Berardinis, Bene e Timi, del mondo teatrale smisuratamente grande e innovativo. Dal canto suo Testori raggiunge sempre, come in tutti i suoi testi, vette elevate, ponendosi interrogativi e offrendo fendenti coraggiosi, soprattutto per il suo tempo. La sua visione riscritta, e qui interpretata da Rosselli, si configura anche in qualche variazione sul tema di Eschilo e prende comunque la stessa forza, la lancia al pubblico per essere presa. Maschere e marionette sono così parte di un gioco teatrale diretto e di impatto, che il pubblico apprezza enormemente a caldo, inondando di applausi Evelina Rosselli e Caterina Rossi, il Gruppo Uror. Francesco Bettin