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TRAVOLTI DA UN INSOLITO DESTINO NELL’AZZURRO MARE D’AGOSTO - regia Marcello Cotugno

"Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto", regia Foto Pino Le Pera "Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto", regia Foto Pino Le Pera

scritto da Lina Wertmüller 
adattamento Marcello Cotugno e Irene Alison
regia Marcello Cotugno
con Giuseppe Zeno, Euridice Axen e con Barbara Alesse, Alfredo Angelici, Francesco Cordella
scene Roberto Crea
costumi Lisa Casillo
light designer Pietro Sperduti
produzione BEST LIVE
Vicenza, teatro Comunale, 19, 20 dicembre 2023

www.Sipario.it, 20 dicembre 2023

Partire è un po’ morire, dentro, s’intende. Quello che capita sia nel film del 1974, scritto da Lina Wertmuller, sia in questa trasposizione teatrale ambientata ai giorni nostri, dunque adattata, per il teatro, con la regia di Marcello Cotugno. Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto è questo e almeno altre cento cose. Se il film dirompeva con il copione dall’ingranaggio azzeccato, le recitazioni estreme di Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, e un’ambientazione favolosa, divenendo un cult, la commedia in scena in questi giorni, produzione BEST LIVE, si differenzia per alcuni aspetti. Ma qui sta l’inghippo: un confronto che non può essere, visto i linguaggi diversi, la difficoltà di portarla sul palcoscenico. Un confronto che può anche essere inevitabile ma che a mio parere non è giusto fare. In questo adattamento, che funziona perché la gente ride, partecipa, addirittura solidarizza con l’amore, ben si amalgamano gli interpreti, che sono cinque e si esibiscono in un esercizio fisico, soprattutto, apprezzabile, e alcune parti del gioco scenico. Nella differenza del rango sociale tra i due personaggi protagonisti salta all’occhio com’è giusto che sia, qualche aspetto umano più interessante, che non sia il conto in banca. Il palpitare del cuore, un gioco di sguardi, le famose farfalle nello stomaco. Che naturalmente, come nel film, escono tutte nel secondo tempo, dopo che il naufragio è ormai avvenuto, quando Gennarino e Raffaella si ritrovano su un isolotto sperduto. Una convivenza difficile che però lascia il passo a un amore nuovo, ritrovato, per entrambi. Solo una passione? Tutto si svela ovviamente nel finale, che lasciamo sospeso, per chi vuol vedere lo spettacolo (ancora poche le repliche). A far da cornice ai due tragicomici distanti guerrieri of love, è il parterre stretto, ovvero, gli amici in barca, una coppia dove  c’è l’ambientalista e l’appena accennata borghese fluida Anna, che Barbara Alesse molto bene interpreta  con modo garbato e misura. E poi c’e Pippo, l’altro marinaio oltre a Gennarino Carunchio. Una semplificazione di personaggi anche necessaria per la messa in scena, che tuttavia lascia quasi intatta la costruzione drammaturgica. Il tutto può esser letto come un omaggio alla regista cinematografica, a due attori semplicemente straordinari come Melato e Giannini, all’allegoria conflittuale che si legge nelle note. Dopo il disprezzo iniziale di una verso l’altra, le divagazioni pseudo ambientaliste di Toti, un bravissimo Alfredo Angelici, e l’inatteso scambio di ruoli nell’isolotto, abbandonati a se stessi, dei due protagonisti, la commedia prende a tratti degli sguardi teneri, da difesa personale dove soprattutto la bravura di Euridice Axen, mitragliatrice verbale, raffinata e anche sbarazzina presenza bionda, la fa da padrona. Nell’avvio del crepuscolo finale, in mezzo a una scenografia simbolica indovinata a metà, si erge naturalmente il Carunchio qui originalmente tunisino, ma nato in Italia, interpretato da Giuseppe Zeno che come spesso fa incarna il bel tenebroso, sempre con convinzione, tra l’altro divertendosi visto che lo ammette lui stesso a fine spettacolo. La prova di tutti è stata molto applaudita dagli spettatori di Vicenza. Rimane Pippo, al quale anche Francesco Cordella dà il proprio contributo di alleggerimento sulle tensioni createsi a bordo, nella prima parte. Qualche messaggio arriva: siamo tutti uguali, c’è consapevolezza anche nella ricca signora Pavoni Lanzetti. Qualche incognita anche, arriva: decisamente esagerata la scelta musicale, qualche volta fuori luogo. E la simbologia scenica,  spesso ardua, alla ricerca di un qualcosa che non trova a mio avviso. Ma forse non era così semplice quell’ambientazione originale. 

Francesco Bettin

Ultima modifica il Mercoledì, 27 Dicembre 2023 13:14

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