di Giusi Arimatea
da un’idea di Orazio Micali
Regia di Giovanni Maria Currò e Andrea Failla
Interprete: Maria pia Rizzo
Produzione Video: Gabriella Sorti
Produzione Museo Regionale di Messina 20 e 21 dicembre 2023
Quanti a Messina conoscono il nome di Maria Accascina? Pochi credo, forse alcuni studiosi e critici d’arte e altri sparuti personaggi. Eppure questa donna napoletana di nascita (1898) siciliana d’adozione, è stata direttrice del Museo regionale di Messina dal 1949 sino al 1963, anno del suo pensionamento (scomparirà poi a Palermo nel 1979). Quattordici anni per dare dignità artistica ad un luogo che all’inizio del suo mandato era un gallinaio e un ammasso di macerie collocate in una spianata del sito dopo il terremoto del 1908. Una figura molto stimata dall’attuale direttore del Museo, Orazio Micali, un uomo dinamico che ha vivificato la struttura con convegni e mostre, come quella su Caravaggio o quella più recente, Messina 1908, con reperti architettonici e documenti storici recuperati dalle rovine dopo il tragico sisma. Micali, che certamente ama il Teatro, ha ospitato già da tempo alcune rassegne teatrali del Clan Off Teatro, e nei giorni scorsi, da una sua idea è nata la messinscena di un’opera titolata La tenacia di Maria, cui Giusi Arimatea le ha dato dignità drammaturgica sotto forma di monologo, Giovanni Maria Currò e Andrea Failla ne hanno curato un’appassionata regia e una ispirata Mariapia Rizzo ha avuto l’onore di vestire i panni di questa formidabile donna, che quasi sicuramente nel prossimo futuro darà il suo nome alla struttura museale. Lo spettacolo, un lampo di 45 minuti, vedeva Mariapia Rizzo in camicetta e gonna lunga, aggirarsi con candela in mano in alto d’una scala, quasi il fantasma di Maria, molto motivata a leggere il telegramma ricevuto dal ministro in cui le veniva conferito l’incarico di dirigere il Museo di Messina. Un avvenimento poco usuale visto che questi posti venivano occupati dal genere maschile. Un regalo, un dono per una donna che amava l’arte più d’ogni cosa e che l’ha spronata ad esprimere il suo amore e la sua cultura nei riguardi di opere di estremo valore, come i due Caravaggio, il polittico di Antonello, sculture del Gagini e Montorsoli, fare i salti mortali per dare decoro, dignità e disciplina ad una struttura che rischiava il suo disfacimento. Giunta a Messina la neo direttrice si mette subito al lavoro prendendo contatti con quella svogliata mezza dozzina d’impiegati e con i due guardiani notturni che non solo dormivano nel Museo, ma facevano affari con collezionisti privati vendendo marmi e capitelli nonché originali di dipinti sostituendoli poi con delle copie riprodotte da falsari compiacenti. Leggo alla fine d’un articolo di Adriana Cannavò che: «Nel 1957 la Procura della Repubblica di Messina dichiarò che tra il 1939 e il 1943 erano state sottratte al Museo circa 260 opere, tra cui dipinti del Quattrocento, Cinquecento e Seicento, una raccolta completa di monete d’oro e le maioliche della farmacia di Castanea». Maria è un vulcano, non si ferma un solo momento, cataloga le opere e stila le relative schede, dando loro una razionale sistemazione nelle sale dell’antica filanda. Non solo, chiede e ottiene un contributo di vari milioni delle vecchie lire dal Ministero della Cultura per sistemare i pavimenti sconnessi, i tetti fatiscenti da cui entrava acqua piovana, le finestre sconnesse per un’adeguata luce diurna, chiamando esperti elettricisti perché le opere potessero ricevere una illuminazione più congeniale. Contrariamente al detto gattopardesco: «cambiare tutto perché ogni cosa resti uguale», Maria ha cambiato realmente tutto, restituendo alla città opere certamente d’un certo valore, visitabili ai giorni nostri. Vi sono ancora molte opere che giacciono nei cantinati e nei giardini intorno al nuovo plesso, adiacente alla vecchia filanda, progettato negli anni ’70 e inaugurato solo nel 2017. E statene certi che quel tifoso di Maria che si chiama Orazio Micali lentamente ma inesorabilmente tirerà fuori, pensando già a nuove Mostre da offrire alla città di Messina. Gigi Giacobbe
La vera Maria Accascina