Capitolo I e II (a sere alterne)
di Stefano Massini
regia di Pia di Bitonto
con Barbara Valmorin
Teatro delle Donne
Roma, Teatro Due dal 3 al 8 marzo 2015
È andato in scena, nei giorni scorsi, I taccuini di Mosella Fitch, uno spettacolo che fa parte della rassegna 'A Roma! A Roma!' del Teatro Due.
Il testo è di Stefano Massini, drammaturgo fiorentino rappresentato con successo in Italia (suo il Lehman Trilogy, in questi giorni al Piccolo di Milano per la regia di Luca Ronconi) e nel resto d'Europa.
Dei Taccuini, in sei capitoli, si sono alternati il I e il II (i soli, ad oggi, scritti) tra il 3 e l'8 Marzo.
Il primo dei sei capitoli si apre con il garzone del droghiere che ritrova il corpo senza vita di Mosella, suicida di ottanta anni. Accanto al cadavere, una lettera indirizzata proprio a Pēte, il garzone. Lì vi sono contenute le indicazioni riguardo alla sepoltura e, in modo particolare, alla custodia dei taccuini.
Il ragazzo ne intraprende la lettura, che passerà, dopo le prime righe, alla voce ed alla presenza di Barbara Valmorin, interprete della signora Fitch. In quei 'foglietti troppo piccoli - io avevo chiesto quaderni, quaderni! –' , ha voluto fissare, per paura di dimenticare, tutti i suoi ricordi, sin dalla nascita prematura e dal vagito inascoltato, in una notte di tempesta in cui la madre, nel tentativo di mettere in salvo le mucche, dà al buio e tra lo sterco, la bambina Mosella. Episodio, questo, che sarà alla base della visione cinica, dell'atteggiamento anarchico e irriverente della protagonista, che sarà sempre pronta a smascherare ingiustizie e falsità. Abbandonerà gli studi, salirà sugli alberi, si proclamerà scienziata salendo sul banco di classe e a quattro anni dirà alla madre di non volerle bene.
Capirà presto che come le pietre hanno bisogno del sole per indurirsi, così il corpo degli uomini deve insistere in una lotta col fuoco per non restare una mollichina.
Non sarà quindi un semplice viaggio autobiografico ma un'introspezione del passato, in dialogo con il presente della scrittura e quello della lettura.
Fermare i ricordi in una pagina per non dimenticare, o meglio per ricordare, rinnovare e riaffermare un'esistenza anarchica che vibra ancora nei toni di rivolta, ribellione, ironia affilata, nella presenza di voce e di volto della Valmorin, nell'acqua che sorseggia tra un foglietto e l'altro, nei colpi di tosse per schiarirsi la voce, e che rendono la lettura un'onesta e, forse, involontaria costruzione di ragioni del passato.
Non c'è una musica che accompagna, ma tante. Non si è fatta una scelta, ma tante.
E, nonostante la coraggiosa e forte presenza che la Valmorin ci regala, il rischio è quello di non sentire il vagito, perché coperto dall' imperversare della tempesta.
Ele Ritrovato