di Angela Dematté
regia di Andrea Chiodi
con Mariangela Granelli e Ugo Fiore
scena di Guido Buganza
luci di Cesare Agoni
video di Sergio Fabio Ferrari
musiche di Daniele D’Angelo
produzione Centro Teatrale Bresciani
al Teatro Mina Mezzatri, Brescia, 12 aprile 2024
Valeria Collina è la madre di Youssef Zaghba che il 3 giugno 2017 ha partecipato all'attentato di Londra facendo parte del commando jihadista che ha ucciso, armato di coltelli, otto persone sul London Bridge. Youssef aveva 22 anni ed è stato ucciso insieme agli altri terroristi durante lo scontro con la polizia. Questi i dati di pura cronaca che sono premessa e conseguenza di Valeria e Youssef di Angela Dematté, un dialogo nato dall’incontro fra la drammaturga e Collina e dalla disponibilità di quest’ultima nell’affidarle la sua storia. Dopo aver affrontato il rapporto fra Margherita Cagol, brigatista rossa, col padre in Avevo un bel pallone rosso, Dematté torna non tanto e non solo sul terrorismo in sé, ma sull’urgenza di avere orizzonti di certezza di giovani in cerca di un loro posto nel mondo e il rapporto – contraddittorio e intenso – con le figure genitoriali. Il rapporto fra Valeria, madre occidentale convertita all’Islam, e il figlio Youssef, i cui segnali di radicalismo emergono pian piano, si costruisce in uno spazio astratto – ideato da Guido Buganza -, animato solo da improvvise proiezioni video, costruito su prospettive pure. Gli attori non hanno alcun appiglio se non una sedia, il velo per lei, le scarpe che indossa e toglie o il giubbotto per lui. Tutto è parola e relazione, tutto si costruisce nella capacità di far crescere quell’incontro/scontro, quei silenzi e quel bisogno di amore, di risposte affidate a uno spazio buio e che si illumina di prospettive inattese come quella relazione. Quelle risposte Youssef le trova nei maestri dell’islamismo più radicato e a nulla serve il sapere da convertita della madre che legge il corano, le sure in un’ottica non integralista. E se la radicalizzazione di Youssef è una sottotraccia, ciò che emerge nel dialogo fra madre e figlio è il bisogno di ascolto, l’incapacità di dare risposte da parte della madre alle inquietudini del figlio e un senso di impotenza che attraversa la donna, di fronte a quel figlio grande che sta in casa, sembra aver rinunciato alla vita. La scrittura diretta e controllata di Angela Demattè – nata e nutrita dell’incontro con Valeria Collina – dialoga in maniera armonica con la regia pulita, essenziale, delicata ma inflessibile di Andrea Chiodi che, come è nel suo stile, sa confezionare un allestimento pulito, senza fronzoli che dice ciò che mostra e dà forma alle intenzioni che hanno mosso il progetto: dare vita alla storia di due persone e non scivolare nei personaggi. A questa esigenza rispondo con minimalismo nei toni e nei gesti e intensa presenza attoriale sia Mariangela Granelli che Ugo Fiore, credibili nei loro ruoli, ma soprattutto capaci di dare a quelle parole scolpite nell’attualità dei fatti e nell’eternità delle relazioni fra madre e figlio una credibilità che a tratti commuove e li rende persone e non attori che vestono i panni di personaggi, per quanto reali. In questo controllato clima di testimonianza teatrale il rapporto fra madre e figlio, il legame con la religione, l’ascolto delle domande e la possibilità di risposta sono un tutt’uno che ci appartiene e ci colpisce, a tratti fino alle lacrime. Valeria e Youssef è un lavoro che merita di girare, essere mostrato ai ragazzi e divenire occasione di riflessione. Nicola Arrigoni