di Carlo Goldoni
con Mino Manni, Raffaele Berardi, Ivana Cravero, Desirée Giorgetti, Alessandro Lussiana, Federico Manfredi, Barbara Mazzi, Francesco Meola, Davide Palla, Michele Schiano di Cola, Valeria Perdonò, Angela Tronca
regia di Alberto Oliva, scene e costumi di Francesca Pedrotti, musiche di Bruno Coli
Coproduzione: Il Contato del Canavese e Fondazione Teatro Piemonte Europa
Teatro Astra, Torino dal 26 al 29 gennaio 2012
Bovisio Masciago (MI), Teatro alla Campanella 2 febbraio 2012
Gli archetipi della tragedia greca si impongono con tale autorevolezza su qualsiasi trasposizione temporale che ormai, di fronte a una edizione di Sofocle in coturni e chitone, la prima reazione è di diffidenza (cui segue spesso la noia). Anche Shakespeare, dicono, sopravvive a qualsiasi intervento: abbiamo visto Romeo e Giulietta in jeans e Riccardo III in divisa nazista; il Sogno di una notte di mezza estate si lascia saccheggiare dal teatro della scuola senza visibile sofferenza, e spesso addirittura con risultati piacevoli. Probabilmente, una messa in scena davvero filologica, che riproducesse quelle del Globe Theatre (ammesso che sia realizzabile), susciterebbe stupore e sconcerto.
Qualche difficoltà sorge invece col teatro borghese, a cavallo dei due secoli. Forse perché conserviamo memoria, nelle foto dei nonni, nei racconti tramandati in famiglia, di un mondo che, in qualche modo, ci appartiene ancora, il vederlo stravolto ci disturba o spiazza. Malgrado ciò, i registi amano affrontare anche queste sfide.
E Goldoni? Sembrerebbe difficile dissociare dalle immagini tramandate dai dipinti di Longhi, di Hogarth, quel suo linguaggio che, pur materiato di riverenze e spagnolismi, già sembra prendersene gioco, e rifargli il verso.
La spiritosa, ipercinetica edizione de Il ventaglio, diretta da Alberto Oliva, vista a Bovisio Masciago, dimostra che ciò è possibile.
Oliva lavora con un gruppo di giovani che, pur con curricoli diversi per formazione ed esperienze artistiche, sono accomunati da passione ed entusiasmo, e riesce farne una squadra affiatata, convogliando i loro talenti e la loro energia in un ambizioso progetto di regia.
La prima parte dell'allestimento sembra guardare a Feydeau: con giochi di porte che si aprono e si chiudono; con strizzate d'occhio a un erotismo che, pur con discrezione, più spesso dietro le quinte, esplicita ciò che in Goldoni rimane sotterraneo. Ma, già in alcuni tratti, si affacciano colori di altro segno, quasi espressionistico: la maschera truce di Timoteo, lo speziale gobbo; una finestra che sfida le regole della statica e della prospettiva, che sembra mutuata dal film Il gabinetto del dottor Caligari.
Nella seconda parte, introdotta da una sorta di turbine ventoso che coinvolge attori, oggetti ed arredi di scena, l'atmosfera si incupisce e, malgrado lo sciogliersi degli equivoci e il ricomporsi delle coppie, nel finale la vicenda si attorciglia in truculenze elisabettiane: una pesante ombra di incesto fra i due fratelli, Giannina e Moracchio; il doppio suicidio dei due pretendenti sconfitti.
Se questi ultimi interventi drammaturgici rivelano una lettura molto personale, e forse opinabile, del testo goldoniano, peraltro argomentata dalla note di regia, si apprezzano senza riserve altri elementi: il ritmo e l'energia vitale della giovane compagine; i costumi, che creano un intrigante cortocircuito fra il '700 e l'oggi; l'inserimento, grazie alla versatilità degli attori, di siparietti cantati, tratti dai libretti goldoniani; una colonna sonora che ora commenta, ora anticipa gli eventi, con una logica quasi cinematografica. E il risultato è godibile.
Generalmente efficaci gli attori, ancorché spesso non in parte sul piano anagrafico, nella creazione e nella caratterizzazione dei molti personaggi, anche minori. Si apprezza il tetro speziale Timoteo di Alessandro Lussiana; l'erotica, ambigua merciaia Susanna di Ivana Cravero; l'accattivante, selvatica irruenza di Désirée Giorgetti (Giannina), la sorniona cialtroneria di Mino Manni (il conte di Rocca Marina). Da citare, infine, la spiritosa serie di controscene col bistrattato cane di pezza di Evaristo (felicemente delineato da Angelo Tronca), incolpevole, reiterato bersaglio dei suoi scoppi d'ira, ogni volta raccolto, medicato e bendato dal bieco ma solerte Timoteo.
Claudio Facchinelli
L'affollata piazza di un villaggio senza nome, ricreata dalle scenografie di Francesca Pedrotti, animata dalla presenza di una moltitudine di personaggi delle più svariate classi sociali, è protagonista e spettatrice insieme di questa divertente commedia, composta da Carlo Goldoni nel 1764. L'accidentale rottura di un ventaglio che appartiene a una nobildonna del luogo sconvolgerà la quiete degli abitanti e darà vita a un insieme di qui pro quo che si risolveranno solo nel finale dello spettacolo.
Questo evento casuale fa uscire allo scoperto sentimenti e rancori latenti, sovvertendo lo stato delle cose e liberando le pulsioni che i personaggi tenevano ben nascoste dentro di loro. Ciò che era, in un attimo non è più: gli abitanti del villaggio si lasciano andare alla scossa provocata da un avvenimento apparentemente privo di importanza e l'improvviso sconvolgimento, all'inizio del terzo atto, cambia persino il tono dello spettacolo. I protagonisti si trasformano anche fisicamente, dimenticando l'iniziale compostezza e spogliandosi uno a uno dei bizzarri copricapi che indossavano, e che torneranno al loro posto solo quando le cose si sistemeranno, al termine dell'opera. Il sovvertimento delle cose, infatti, durerà solo battito di ciglia, perché alla fine la scelta sarà quella di ristabilire l'ordine.
Opera corale, Il ventaglio mette in scena, spesso contemporaneamente, dodici personaggi, interpretati da altrettanti bravissimi attori che formano un gruppo davvero ben assortito, e si avvale delle belle musiche di Bruno Coli e di una regia dinamica e originale che non rinuncia a suggerirci un parallelo tra il testo goldoniano e il mondo di oggi; come spiega il regista Alberto Oliva, infatti, "la nostra contemporaneità è immobilizzata dalla crisi economica che, dopo avere destabilizzato i già precari equilibri, sta costringendo tutti a fermarsi, a ridimensionare sogni e ambizioni, e a covare depressione e risentimento, in attesa di una ventata che distragga gli animi e ci faccia girare la testa per un po'".