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VESTIRE GLI IGNUDI - regia Stéphane Braunschweig

Vestire gli ignudi Vestire gli ignudi regia Stéphane Braunschweig

di Luigi Pirandello
traduzione: Ginette Herri
con Sharif Andoura, Cécile Coustillac, Gilles David, Antoine Mathieu, Thierry Paret, Hélène Schwaller, Anne-Laure Tondu
regia : Stéphane Braunschweig
scene: Stéphane Braunschweig
luci: Marion Hewlett
costumi : Thibault Vancraenenbroeck
Théâtre National de Strasbourg - Strasburgo (Francia)
XVI UTEFEST, Limone Fonderie Teatrali Moncalieri / Sala grande, 14 e 15 novembre 2007

Corriere della Sera, 18 novembre 2007
Pirandello come un suicidio da reality

L' idea del regista francese Stéphane Braunschweig nel mettere in scena il dramma di Luigi Pirandello Vestire gli ignudi, presentato al Festival dell' Unione dei Teatri d' Europa, è quella di enfatizzare il ruolo dei mass media che, dando in pasto la triste vicenda della giovane Ersilia le fanno vivere qualche giornata da protagonista. Così da giovane donna abbandonata dal fidanzato e dall' amante, col peso sul cuore della morte di una bimba della quale si doveva prendere cura, che ha tentato il suicidio coprendo il suo gesto con una bugia, per darsi la dignità di chi si uccide per amore, diventa «qualcuno» prima di precipitare nuovamente nel suicidio. In tempi di reality show, di una tv che offre un momento di celebrità tra lacrime e intimi pensieri buttati in faccia a milioni di spettatori desiderosi di accendersi di compassione e facili buoni sentimenti, è una interessante chiave di rilettura registica. Braunschweig ambienta la vicenda in uno studio televisivo che si trasforma in un interno borghese per poi durante gli atti ritornare nero studio dalle porte imbottite nel quale viene ripreso in diretta il suicidio della ragazza sotto gli occhi dello scrittore che l' aveva accolta in casa per apparente pietà dopo il suo primo tentativo, della affittacamere pronta a compassione come a giudicare ferocemente, dell' amante e del fidanzato sfuggiti ipocritamente alle loro responsabilità. Il regista, tuttavia, non spinge fino in fondo la sua idea, e non forza sufficientemente il testo e finisce col vezzeggiare le formule del romanzo-feuilleton. Così che il dramma lacrimoso è solo schermato e non messo a tacere dai rovelli intellettuali, dal bisogno profondo «di essere qualcosa»: la nullità esistenziale della protagonista non funge più da messaggio polemico di un vuoto che è anche sociale.

Magda Poli

Ultima modifica il Domenica, 11 Agosto 2013 15:21

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