venerdì, 08 novembre, 2024
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INTERVISTA a MIA MOLINARI - di Michele Olivieri

Mia Molinari Mia Molinari

Mia Molinari danzatrice, docente, coreografa e produttrice si forma dall’età di sei anni presso l’accademia “Domenichino da Piacenza”. A soli sedici anni consegue una borsa di studio per il prestigioso “Teatro Nuovo” di Torino. Qui ottiene, grazie al suo talento, un riconoscimento dai docenti cubani per studiare e lavorare presso il “Ballet de Camaguey” a Cuba. Al suo rientro in Italia entra a far parte del corpo di ballo dell’Arena di Verona con la direzione artistica del Maestro Giuseppe Carbone. Dopo poco tempo comincia la sua scalata al successo televisivo, ricoprendo così il ruolo di “prima ballerina”. Si distinguerà per la sua tecnica eccelsa e versatilità raggiungendo picchi di auditel mai registrati. Tra i programmi più importanti vanno ricordati: “Serata d’Onore” (RAI 1), “Fantastico 12” (RAI 1), “Buona Domenica” (Canale 5), “La Corrida” (Canale 5), “In famiglia” (RAI 2), “Natale in Vaticano” (RAI 1), “Volami nel cuore” (RAI 1), docente ad “Amici” (Canale 5), “Io Canto” (Canale 5). Ha collaborato al progetto De par le roi du ciel “Jeanne D’Arc” La violance et la passion scritto da Sergio Gilles Lacavalla di cui ha curato le coreografie. Attualmente è docente su tutto il territorio nazionale partecipando ai più importanti e prestigiosi concorsi, stage e giurie tecniche.

Carissima Mia, partiamo da te bambina e alla scelta di ballare. Come è scattata la passione che poi ti ha condotta dapprima alla scuola di Lidia Bianchi, e poi, all’Accademia “Domenichino da Piacenza” diretta da Giuseppina Campolonghi?
Sono stata da sempre una bambina molto vivace e ricordo ancora quando rimasi incantata di fronte allo schermo televisivo ad ascoltare l’Opera e soprattutto alla visione di un servizio della RAI all’Arena di Verona in cui vidi la grandissima Carla Fracci. Da lì partì quella passione, quel fuoco dentro che mi portò a dire a mio padre e mia madre che avrei voluto fare la danzatrice. Ricordo come fosse ieri il primo giorno in sala danza; mia madre e mia nonna mi accompagnarono alla scuola di Lidia Bianchi presso Palazzo Trattenero, feci l’iscrizione e subito chiesi quando avrei potuto seguire le lezioni e lei rispose: “anche adesso”. Fu così che, sprovvista di body, calze e scarpette feci la mia prima lezione di danza in canottiera, mutandine e a piedi scalzi; per me fu un’emozione grandissima, l’inizio verso la realizzazione del mio sogno. L’anno dopo la scuola della signora Bianchi purtroppo chiuse, perciò mia madre decise di iscrivermi all’Accademia “Domenichino da Piacenza” di Giuseppina Campolonghi e lì rimasi fino all’età di quindici anni circa. Devo dire che è stata la donna che ha segnato gran parte della mia vita, della mia carriera, infondendomi disciplina e ancora più passione di quella che già io avessi, insieme al grande maestro Claudio Bellussi e Alessandro Prati che per me sono stati veramente tutto. L’Accademia Domenichino da Piacenza è una delle accademie più importanti, non solo nel piacentino, ma in tutt’Italia da cui sono uscite grandi danzatrici, molte delle quali hanno intrapreso la carriera da insegnanti e tutt’ora operano a Piacenza e non solo. La signora Campolonghi ci portò a numerosi concorsi tra i più prestigiosi come quello di Losanna, di Nîmes e il concorso organizzato da Masella, al Teatro Carcano, in cui oltre a vincere il concorso stesso vinsi anche la mia prima borsa di studio in denaro a quattordici anni con la variazione “Don Chisciotte Kitri del terzo atto” che mi aiutò a proseguire nella carriera.

Che anni sono stati quelli della formazione e quali sono state le maggiori difficoltà tecniche incontrate sul percorso accademico?
Gli anni della formazione sono stati gli anni più belli della mia vita; ho imparato ad essere indipendente, a rafforzarmi, ad essere puntuale, a portare avanti una passione. Per quanto riguarda le difficoltà... beh mi ci sono buttata senza paura mettendomi sempre in gioco! Inoltre, la danza è stato il mio principale modo di evadere; quando entravo in sala infatti tutti i problemi scomparivano e non pensavo a nulla se non a ballare. 

La borsa di studio ottenuta per studiare con Peter Laslov come è arrivata?
La borsa di studio con Peter Laslov arrivò a dodici anni grazie all’opportunità offerta dall’Accademia Domenichino da Piacenza. Si tenne un grande stage a Pisa, dove alloggiai con le mie compagne presso la Casa della Giovane, e furono offerte numerose borse di studio dai grandi maestri. Alla conclusione dello stage chiamarono per nome e cognome i vincitori e quando sentii il mio nome per Peter Laslov non ci credevo nemmeno (al tempo si trattava di borse di studio in denaro per cui bisognava sudare, faticare e mai elargite per scontato). Lì fu la mia più grande soddisfazione! 

Dell’esperienza al prestigioso “Prix de Lausanne” cosa conservi? Con quale variazione ti eri presentata e chi c’era in giuria?
All’età di quindici anni partecipai al “Prix de Lausanne” nell’anno 1984 ma per la mia giovane età, forse, non mi rendevo conto dell’importanza di questo premio; il mio unico pensiero in quel momento era ballare, provare e riprovare. La variazione che portai al concorso fu “La Bayadère” (Gamzatti); per me fu una soddisfazione immensa in quanto erano presenti ballerini da tutto il mondo che portarono a Losanna la vera danza, quella con la D maiuscola. Fu un’esperienza grandiosa che mi fece crescere e mi fortificò tanto, facendomi anche rendere conto dell’alto livello che c’era negli altri Paesi. 

Una volta entrata al Teatro Nuovo di Torino i docenti cubani ti hanno offerto la possibilità di andare a Cuba per studiare e lavorare. Un’offerta straordinaria che ti avrà stravolto la vita dovendo lasciare il tuo paese per un posto così lontano, non solo in termini di distanza, ma anche sociale, culturale e politico?
Tutto iniziò quando partecipai ad uno stage a “Vignale Danza” in cui erano presenti gli ideatori e fondatori del Teatro Nuovo di Torino Germana Erba e Gian Mesturino, i quali mi assegnarono una borsa di studio in denaro al 100% per entrare a far parte del loro Teatro come allieva. Successivamente il corpo docente, comprendente Ramona di Sa e Maria Eugenia Fernandez, mi conferì la borsa di studio per studiare e lavorare a Cuba per il “Ballet de Camaguey” e il “Ballet Nacional de Cuba” dove ebbi l’onore e il piacere di conoscere Fernando e Alberto Alonso nonché la grande danzatrice Alicia Alonso. Quando mi si presentò quest’opportunità non esitai un istante e la colsi al volo, e talmente grande furono la gioia e la voglia di intraprendere questo nuovo percorso che non mi spaventò né la distanza chilometrica né quella sociale e culturale. 

Quali sono stati i maggiori insegnamenti ricevuti alla Scuola di Cuba, celebre in tutto il mondo per la sua disciplina e formazione tersicorea?
Grazie a dei meravigliosi insegnanti ho acquisito una formazione eccelsa; maggiore forza e tecnica soprattutto nei grandi virtuosismi, dalle piroette ai giri (abilità a me molto care). Inoltre, notai che la loro tecnica era il risultato di una combinazione tra il metodo Vaganova e il metodo Cecchetti.

In quali spettacoli ti sei esibita durante la tua permanenza al Ballet de Camaguey e al Ballet Nacional de L’Havana?
Durante la mia permanenza a Cuba mi esibii nel corpo di ballo del “Ballet de Camaguey” e in quello del “Ballet Nacional de l’Havana” nei grandi repertori del “Lago dei Cigni”, “Medea” e “Giselle”. 

Al tuo ritorno in Italia cosa ti sei portata del periodo cubano, in termini di tecnica e di crescita professionale?
Da Cuba portai la grande professionalità, la loro estrema voglia di imparare, i teatri sempre pieni nonostante le poche possibilità economiche degli spettatori, la continua curiosità e la felicità nei volti delle persone che quotidianamente animavano le strade de L’Havana. Imparai, grazie a loro, a sorridere alla vita nonostante gli ostacoli che spesso si possono incontrare lungo il proprio cammino. Da Cuba ho portato tanto, tutto... il cuore!

Cosa ricordi della prima ballerina assoluta Alicia Alonso, ancora oggi figura iconica del balletto mondiale?
Grandissima donna, eccelsa professionista, un’icona! Ogni giorno era alla sbarra a studiare e a dispensare consigli a tutti noi danzatori; sono davvero contenta e onorata di averla conosciuta e porterò per sempre nel mio cuore l’esperienza e gli istanti trascorsi con lei.

Mentre della coppia Vassiliev Maximova, con i quali in seguito hai studiato e lavorato?
Ho avuto l’onore e l’occasione di conoscerli all’Arena di Verona presso cui lavorai durante la stagione estiva sotto la direzione artistica di Giuseppe Carbone. Portammo in scena “Zorba il greco”, “La Carmen” e “L’Aida”. Ciò che mi colpì maggiormente della Maximova fu la sua immensa umiltà; in particolare, ricordo un episodio con Ekaterina la quale mi porse la mano e mi portò vicino a lei a studiare alla sbarra, e da quel giorno rimasi per tutta la stagione a fare lezione accanto al suo fianco. È proprio vero che i più grandi sono anche i più umili... Fu un sogno che si realizzò; imparare da uno dei miei più grandi miti.

Qual è il balletto legato al grande repertorio classico a cui sei più legata e perché?
Il balletto a cui sono legata maggiormente del repertorio classico è il “Don Chisciotte” dove all’Accademia Domenichino da Piacenza mi prepararono sia Giuseppina Campolonghi sia Claudio Bellussi, con il quale ho avuto l’onore di danzare al Teatro Municipale di Piacenza insieme alle mie compagne d’Accademia. Fu una tale emozione che porterò sempre con me!

Hai un libro di danza al quale tieni particolarmente?
Un libro di danza a cui tengo particolarmente e che ha segnato la mia vita è “Sarò ballerina” di Liliana Cosi regalatomi da mia madre. Tutt’ora lo conservo e ricordo ancora quando ogni giorno lo leggevo e lo sfogliavo incuriosita, osservando meticolosamente tutte le immagini con totale ammirazione per le doti della grandiosa étoile Liliana.

La tua formazione è di matrice classica ma un giorno è arrivata la nostra cara amica Marta Levis che ti ha fatto intendere di possedere un grande potenziale per il genere modern televisivo?
Il mio incontro con Marta Levis avvenne all’età di sedici anni presso il vecchio CSC in cui frequentavo le sue lezioni di moderno. Fu l’inizio di una favola in quanto lei riconobbe da subito il mio talento e la mia versatilità verso la danza moderna; ricordo ancora che un giorno mi diede un body sgambato, scarpe modello Cuccarini e un biglietto del treno per Roma. Mi spinse a presentarmi ad un’audizione all’Hotel Hilton con Franco Miseria (a me ancora sconosciuto in quanto avevo sempre e solo avuto occhi e cuore per la danza classica). Questa grande donna ha svoltato la mia vita e iniziando con “Serata d’Onore” mi introdussi nel mondo televisivo, nel quale non avrei mai pensato di poter arrivare, sinceramente. 

Cosa ricordi dell’audizione con Franco Miseria, com’era stato articolato artisticamente il provino?
A dir la verità il mio primo incontro con Franco Miseria fu insolito; mi trovavo fuori dall’entrata dell’Hilton insieme a tutti gli altri candidati e quando lo vidi, non conoscendolo, lo scambiai per il custode dell’Hotel. Quando mi presentai in sala prove (cosciente dell’inelegante figura appena fatta) lui mi chiese un’improvvisazione e mostrai tutto ciò che avevo appreso dalla Levis e dai balletti televisivi visti. Subito dopo la performance mi chiese se possedessi conoscenze in campo classico al che io sorrisi; indossai il mio body e le mie punte e mi esibii nella variazione di Gamzatti “La Bayadère” a cui aggiunsi poi trentadue fouetté doppi con cambio di direzione. Fu così che iniziai la mia scalata al successo nel mondo televisivo con “Serata d’Onore”.

Dalle ribalte accademiche il passo è stato breve e ti sei ritrovata prima ballerina nei grandi varietà. L’enorme popolarità in qualche modo ti ha poi cambiata o ha cambiato la tua visione della danza e dello spettacolo?
Nonostante gli alti livelli raggiunti per me non è cambiato assolutamente nulla; sono rimasta sempre me stessa, con i miei valori e il rispetto per il prossimo che fa parte della mia persona.


Come mai ad un certo punto i grandi corpi di ballo televisivi sono stati smantellati? (un po’ quello che è successo negli ultimi anni anche con gli enti lirici), un’epoca d’oro era finita e ti sei ritrovata nel ruolo di docente. Cosa ti appaga maggiormente nel tramandare ed insegnare la tua esperienza ai più giovani?
Sicuramente la televisione del giorno d’oggi non è più la stessa di quella degli anni Ottanta e Novanta in cui gli show davano largo spazio ai corpi di ballo, rendendoli protagonisti degli stessi. Credo che in seguito a “Buona Domenica” sia andato tutto a sfumare, soprattutto perché in contemporanea sono nati i talk show televisivi che hanno sostituito i corpi di ballo con gli stacchetti, spesso senza passare da una preparazione tecnica adeguata e senza audizioni. Alla fine di questa esperienza televisiva ho iniziato ad insegnare diventando docente in grandi stage nazionali ed internazionali. Ciò che voglio trasmettere ai miei ragazzi non sono solo gli insegnamenti che io stessa ricevetti da grandi icone della danza, ma anche far capire loro l’importanza dello studio, della disciplina, della passione e del grande lavoro che devono svolgere per raggiungere i loro obiettivi. È fondamentale che capiscano che non sarà sempre facile, e proprio per questo non dovranno mai arrendersi ma continuare a perfezionarsi e migliorare. Inoltre, visto il mio percorso formativo cerco sempre di farli passare da una base di classico per poi continuare con la danza moderna. Sono oramai tanti anni che mi occupo dell’insegnamento e non posso non ringraziare tutti i ragazzi che ogni giorno mi arricchiscono di gioia, e proprio grazie a loro capisco che amo sempre di più questo lavoro!

A tuo dire esiste ancora oggi la gavetta nei giovani, visto anche il continuo proliferare di talent televisivi?
Esiste eccome Michele, ovviamente per chi ha compreso il vero significato della danza tersicorea! Inoltre, ci tengo a precisare che dall’Italia escono grandi danzatori di talento i quali però sono costretti dagli eventi a lavorare e operare all’estero.

Un giudizio sulla danza in televisione ai giorni nostri?
No comment! Non parliamo di danza ma di talk show. È necessario ricordare che non sono tali show che formano i danzatori, ma essi stessi arrivano già preparati grazie ai grandi enti lirici. 


Qual è il sacrificio più grande che richiede, a tuo parere, la disciplina della danza?
Ritengo che quando si tratta di una passione così grande non esista il sacrificio, perché si fa tutto con estremo piacere.


Oggi come oggi rifaresti tutto esattamente? 
Assolutamente sì. “Le rifarei esattamente così... stessi errori, stesse passioni” citando il grande Vasco Rossi.

Ti faccio qualche nome di personaggi con i quali hai collaborato e abbini loro un piccolo aggettivo, un aneddoto o un pensiero.
Corrado? 
Immenso.

Raffaella Carrà?
Icona.

Silvio Oddi?
Nonostante fossimo come cane e gatto la stima reciproca ci ha legato nell’amicizia.

Pippo Baudo?
Grande professionista.

Vittorio Biagi?
Straordinario.

Che esperienza è stata quella nelle vesti di coreografa per la creazione sulla storia di San Francesco d’Assisi?
Fu un’esperienza fantastica; mi chiamarono presso l’Abbazia di Farfa per coreografare la storia di San Francesco e impiegai degli attori professionisti per dare vita agli straordinari affreschi di Giotto sulla vita del Santo.

Nella tua carriera hai anche danzato in Vaticano, cosa ha significato esibirsi in un luogo così ricco di simbologie?
Esibirmi in Vaticano, nella sala Nervi, per me è stato un sogno della mia amata nonna che si è avverato. È stata una delle esperienze più emozionanti della mia vita, non solo perché mia figlia aveva sei giorni ed ebbi l’onore di ballare di fronte al Papa (sulle note di “Linger” cantata dalla straordinaria Dolore O’Riordan, cantante dei Cranberries, e arrangiata dal Maestro Renato Serio) ma soprattutto perché essendo credente per me trovarmi in quel luogo significava tutto. 

Tra tutti coloro che hanno creduto in te e nel tuo sogno di ballerina chi desideri ricordare con maggiore gratitudine?
Me stessa e la mia famiglia.


Con quale artista e partner ti sei sentita più a tuo agio in scena?
Con tutti, in particolare con Steve La Chance, Silvio Oddi e Fabrizio Mainini.

Una volta arrivata al traguardo della notorietà, successo dopo successo, la passione resta o in qualche modo cambia?
La passione resta sempre; citando Christian Nestell Bovee “una passione genuina è come un torrente di montagna; non ammette ostacoli; non può scorrere all’indietro; deve andare avanti”.

In conclusione, cara Mia, oggi quando scegli di andare a teatro, quale tipo di danza o di performance preferisci nelle vesti di spettatore?
Se è ben fatto, tutto!

Michele Olivieri

Ultima modifica il Sabato, 01 Febbraio 2020 22:10

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