venerdì, 08 novembre, 2024
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INTERVISTA a MARGHERITA PALLI - di Mario Mattia Giorgetti

Margherita Palli Margherita Palli

Margherita Palli, Course Advisor Leader del Triennio in Scenografia in NABA, Nuova Accademia di Belle Arti

Oltre alla proficua e costante collaborazione dal 1984 con il regista Luca Ronconi, che l’ha portata a creare le scenografie per moltissimi spettacoli in Italia e nel mondo (Biennale di Venezia, Piccolo Teatro di Milano, Teatro alla Scala, Teatro di Roma, Festival di Salisburgo, NNT di Tokyo), lavora con registi e coreografi come M. Avogadro, A. Barzini, V. Binasco, F. Branciaroli, H. Brockhaus, L. Cavani, D. Ezralow, Yang Jiang, C. Lievi, V. Malosti, M. Martone, L. Muscato, C. Rifici, A.R. Shammah, A. Sokurov, The George Balanchine Trust. Oltre al lavoro in teatro, cura la progettazione di mostre ed eventi. Ha vinto numerosi premi, tra cui sei volte il Premio UBU, il Premio Abbiati, il Premio Gassman, il Premio ETI gli Olimpici del Teatro, il Premio Associazione Nazionale dei Critici di Teatro.

Possiamo anticipare quale è la filosofia che anima il Triennio in Scenografia in NABA, Nuova Accademia di Belle Arti nel programmare le iniziative in programma e quali sono le finalità ultime? 
Insegno da tanti anni in NABA sono cambiate molte cose, la sede, alcuni/molti colleghi, il numero di studenti è aumentato, la presenza di molti studenti stranieri, molti asiatici, gli strumenti di lavoro (siamo passati dal manuale al digitale, dal modellino di legno al 3D) ma la filosofia della scuola è sempre la stessa: creare dei professionisti che operano un po’ in tutti i campi dello spettacolo dal vivo. Portare lo studente nel corso dei 3 anni a conoscere i lavori che gravitano attorno allo spettacolo, specializzarsi, studiare con noi ma fare anche tirocini esterni, seguire incontri con le diverse maestranze del mondo dello spettacolo, visitare teatri e mostre. Uscire da NABA con un bagaglio di esperienze che gli permettano di affrontare da professionisti le prime esperienze di lavoro.

Dizionario Teatrale di Margherita Palli

Il volume del Dizionario Teatrale indaga sull’universo dei linguaggi tipici dell’ambiente teatrale. Vuole essere uno strumento di lavoro valido in più paesi, oppure vuole essere anche una conoscenza per un pubblico che ama il teatro? 
Il Dizionario è nato dalla necessita di trasmettere agli studenti non di madre lingua italiana la possibilità di tradurre dei termini usati nel campo dello spettacolo e si rivolge anche al pubblico che lavora nello spettacolo.
I vocaboli sono simili in molti ambiti; chi fa allestimenti per le mostre, la moda, i video e il teatro usa termini simili.
Abbiamo pensato che potesse essere uno strumento divertente anche per il pubblico del teatro o per chi deve scrivere un saggio, ad esempio uno scenografo non italiano, che si trova davanti a dei disegni con scritte non facilmente traducibili usando dei dizionari tradizionali.

Quali saranno i canali di distribuzione per arrivare ai soggetti che fanno teatro?
La casa editrice Quodlibet distribuisce in librerie, incluse quelle online come Amazon, Ibs, Hoepli e sul proprio sito (www.quodlibet.it); insomma avrà il percorso tradizionale di un libro e se riaprono i teatri di cui molti hanno dei bookshop, sarebbe bello venderlo li. Spero poi di vederlo nelle biblioteche e centri studi dei Teatri; la direttrice del centro studi del Teatro Stabile di Torino aspettava che uscisse perché le edizioni che aveva erano in alcuni casi superate e mancavano della traduzione in cinese; tutti noi teatranti abbiamo nel cassetto dei vecchi dizionari teatrali, magari belli ma ingombranti, piccoli e poco leggibili o delle fotocopie che si stanno sbiadendo.
Volevo un oggetto che fosse anche pratico, funzionale, facile da consultare, bello graficamente, io ho avuto l’idea ma è un’opera collettiva di docenti dell’area di Scenografia di NABA e di amici teatranti che mi hanno aiutato nelle ricerche e nella traduzione.

Lei è scenografa e costumista di notevole prestigio, avendo collaborato con grandi registi, (ricordiamo tra tutti Luca Ronconi) e architetti, (Gae Aulenti), in quale di queste due linee di lavoro  identifica maggiormente la sua creatività?
Ho rubato qua e là un mestiere ed è quello che cerco di insegnare ai miei studenti, essere curiosi, “rubare” i metodi, elaborare un pensiero, una drammaturgia e trasformarla in uno spazio.
Stando seduta tante ore vicino a Luca Ronconi ho capito molte cose della messa in scena e oggi spingo gli studenti che ritengo portati a studiare, fare stage e inserirsi in questo campo. Sono molto orgogliosa che molti studenti ex-studenti di NABA oggi lavorano in teatro in uffici regia. La creatività non si insegna e nel DNA si deve cercare di scoprirla nello studente …. e forse non è sempre verso la professione tradizionale dello scenografo progettista; lo spettacolo è un’infinità di mestieri, il costumista, il realizzatore, il light designer, il macchinista, l’attrezzista ….

Nella sua lunga carriera si è divisa tra produzioni teatrali di alto prestigio, mostre, insegnamento, dove avverte la realizzazione della sua poliedrica personalità?
Sono interessata a tutto e adoro cimentarmi in nuove imprese, una mostra, un’opera lirica, delle vetrine. Lo sono anche quando insegno e molti miei studenti fanno lo stage con me e poi continuano ad aiutarmi nel mio studio. Eleonora Peronetti che ha collaborato al Dizionario ha fatto il classico percorso: stage con me e poi nello studio, ora insegna in NABA e lavora anche con altri scenografi, fa delle cose sue e collabora a miei spettacoli e mostre.
Marco Cristini, che ha collaborato anche lui al Dizionario è uscito da NABA tanti anni fa, ha fatto un suo percorso al Piccolo Teatro di Milano e come assistente di scenografi, ora insegna in NABA e mi segue nella professione.
Nel mio studio e in NABA sono tutti ex studenti, abbiamo solo Giacomo Andrico scenografo e regista che per età non è stato mio studente.
Anche nello studio ci dividiamo i compiti, la mia assistente e docente Alice De Bortoli adora fare le mostre ma se ho bisogno lavora con me in teatro, e in NABA insegna cose legate a media ed eventi. Dovrei citarli tutti, siamo una bella squadra al Triennio in Scenografia in NABA.

Non trova assurdo che in Italia non esista  un Centro di Documentazione Scenografica ove esporre il lavoro degli scenografi-costumisti più significativi?
In Italia mancano tante cose o forse abbiamo troppe cose, la storia lo insegna, piano piano si stanno creando dei luoghi dove sono raccolti archivi, il lavoro è lungo ma ora con la digitalizzazione penso sia più semplice anche per la conservazione e si possono collegare luoghi e archivi diversi.
I Teatri hanno quasi tutti dei centri di studio e documentazione, abbiamo ad esempio dei musei all’interno dei teatri che hanno cose preziose e meravigliose.
Il museo del Teatro alla Scala fa mostre interessantissime e ha una delle più interessanti biblioteche musicali al mondo. Tanti anni fa un amico scenografo austriaco era a Milano e con mio stupore doveva fotografare nel museo il reliquiario che contiene una ciocca di capelli di Mozart.

Sarebbe disponibile a partecipare alla costituzione di un Centro di Documentazione qualora un sistema di Enti e Fondazioni, decidesse di realizzarlo? Per esempio scenografi-costumisti quali : Danilo Donati, Guglielminetti, Luzzati, Frigerio, Palli, Squarciapino, Crippa, eccetera, eccetera, quale documentazione di una memoria a disposizione del pubblico e degli studenti di  teatri? Insomma, una sorta di Museo aperto  permanente dove tutti possono documentarsi e che, inoltre, sia memoria di qualificati artisti.
Penso che raccontare o tramandare alla storia uno spettacolo non è possibile farlo solo attraverso la scenografia o i costumi, al massimo racconti dei bei disegni. Oggi molti archivi sono in attesa di trovare una casa stabile ad esempio quello di Luca Ronconi, il mio è in deposito al Piccolo Teatro, quello di Vera Marzot alla fondazione Gramsci, forse se stessero vicini o almeno digitalizzati e consultabili su un unico sito si potrebbero raccontare degli spettacoli come ”Ignorabimus”.
Lo strumento sarebbe utile per gli addetti ai lavori, per gli storici, per i giornalisti ma anche per i nostri studenti; quando un mio studente deve fare una tesi su uno scenografo deve fare i salti mortali. Una studentessa sta facendo una tesi con una nostra docente Valentina Dellavia su Luciano Damiani e solo la buona volontà e la memoria di tutti noi riescono a ricostruire dove sono le cose.

Quando entra in rapporto con un regista si mette a disposizione della sua visione artistica o cerca di imporre una sua linea interpretativa? Il sistema architettonico dei teatri italiani varia  per dimensioni dei palcoscenici, condizionanti per le tournée delle compagnie, sia pubbliche che private. Questa realtà la condiziona nel suo lavoro creativo, o lei impone una sua linea scena-spazio, a prescindere?
Il regista è il mio cliente; se non avesse un’idea drammaturgica di come vuole mettere in scena uno spettacolo e la chiedesse a me, penso rifiuterei il lavoro, non è sicuramente il buon inizio per mettere in scena uno spettacolo.
Il team di uno spettacolo è come una brigata di cucina: il tuorlo d’uovo marinato di Carlo Cracco è una sua creazione ma attorno ha la brigata di cucina e per far arrivare il piatto sul tavolo, tutti devono collaborare.
Il Barbiere di Siviglia di Martone televisivo pensato per un teatro chiuso a causa della pandemia era perfetto, un’idea di Martone che firmava anche la scena ma la squadra attorno a lui ha lavorato ed elaborato la sua idea; non credo sia interessante sapere di chi era l’idea di agganciare in un certo punto le corde che componevano la scena.
Cercare di imporre un’idea a un regista è la negazione del nostro lavoro. Se lavorassi per Cracco in cucina non gli consiglierei di fare altro piatto perché sono allergica alle uova. Se Martone mi chiede di lavorare su un idea di labirinto/costrizione lavoro su quello non gli propongo lo spazio libero/evasione.
I teatri in tutto il mondo sono di misure leggermente diverse ma quello che insegno ai miei studenti è di ragionare partendo dalle misure dall’ingresso dal portone dove si scaricano le scene, dalle misure dei bilici; si deve progettare pensando alle diverse situazioni, è un lavoro lungo. I nostri studenti quando intraprendono gli stage sono preparati sulla progettazione creativa, sull’uso di strumenti digitali, sull’elaborazione di disegni tecnici, piante, esecutivi, sui preventivi, ma sanno anche fare un crono programma per capire i tempi di montaggio; tutto questo ovviamente non solo per il teatro ma anche per eventi o mostre.

Ha delle proposte da avanzare a favore del teatro dal vivo in tempo di pandemia?
Riaprire in sicurezza le sale, fare spettacoli; il teatro dal vivo, gli eventi, le sfilate hanno bisogno del pubblico e il pubblico ha bisogno del teatro.

In quale in una delle sue attività ha trovato sostegno in questo duro periodo: nella moda, nell’insegnamento o in altro?
Devo essere sincera ho comunque lavorato su spettacoli che spero da settembre in avanti diventino realtà; ho in cantiere delle opere liriche mezze costruite e rimandate. Con Henning Brockaus uno spettacolo a Parma, con Lukas Hemleb in Austria, due spettacoli con Mario Martone e uno nuovo con lui a cui sto lavorando in questi giorni, ho due mostre una per Parma 2020 e una in Francia in cantiere. La scuola mi ha molto riempito i vuoti, ho lavorato molto da remoto con gli studenti e con tutti i collaboratori. Nel primo lockdown dello scorso anno abbiamo iniziato il Dizionario. Unica nota positiva dell’era pandemia è stato portare a termine un sogno nel cassetto; era un po’ che avevo questa idea e sovente fra noi professionisti si parlava della necessità di avere uno dizionario. Ho proposto la cosa a Guido Tattoni e Italo Rota che dirigono la collana NABA Insights che ne hanno parlato con Quodlibet e siamo partiti.

Ultima modifica il Giovedì, 06 Maggio 2021 10:41

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